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Draghi, cosa vuole la UE dalla guerra?

di Roberto
Musacchio

Draghi, tra le tante cose, è quello che, ricorderete, a proposito di Erdogan, parlò di “dittatori utili”.

Con Putin, parlando di guerra da vincere con chiarezza, usa un parametro diverso. Naturalmente in questo caso si ammanta di “valori” che la UE deve difendere. Così come fa Ursula Von Der Leyen che battezza la guerra, non dichiarata, come guerra per la democrazia. Poi però la questione si fa più prosaica e infatti Draghi dice che la UE non può accettare che si ricrei un’area di influenza quale fu la vecchia URSS. Per inciso, dunque, mi pare che comunque escluda che la Russia voglia “prendersi il mondo” come voleva, e poteva, Hitler. Siccome non c’è più l’URSS comunista (e dunque la guerra ideologica per eccellenza) il tema diventa: a che cosa serve e che cosa vuole la UE da questa guerra? Legittimo chiedersi se Draghi parli in realtà per gli USA o veramente pensi che il consolidamento del potere (perché di questo si tratta) della UE passi per una sconfitta della Russia.

Il “rapporto” con la Russia, da Napoleone alla conferenza di Monaco che precedette la seconda guerra mondiale con un accordo delle nazioni liberali con la Germania hitleriana in chiave anticomunista (ma appunto allora c’era la questione comunista) è stato una costante delle ambizioni delle borghesie europee. Considerando che dopo l’89 lo schema dell’allargamento (questo sì ampio) della UE è stato “si esce dall’Est, prima si passa dalla NATO, poi si va nella UE”. Ora cosa vogliono gli USA e la UE da questa guerra? Quelle europee sono “borghesie compradore” che “servono” gli USA, o giocano in proprio? E nella UE sono tutti uguali o ci sono articolazioni? Intanto gli USA appaiono a tratti più prudenti degli establishment UE nei passaggi che possono determinare un’escalation. Due terzi dei soldi all’Ucraina (tutti debiti) arrivano dagli USA. Un terzo dalla UE ma con esposizioni dirette più alte da Germania e Polonia, i due Paesi impegnati nel riarmo interno più forte. In questi trent’anni la Germania ha vissuto non di deficit come gli USA ma di surplus esportativi nella UE facendo pagare agli altri i costi di  unificazione e di tenuta economica. Linee di frizione con gli USA sono state evidenti. Le prospettive tedesche sono incerte dopo la fine del North Stream, l’arrivo dell’inflazione e della stagnazione. I sondaggi elettorali sono inquietanti, verso destra. D’altronde le borghesie europee hanno goduto da trent’anni, come tutte le borghesie del mondo, di grandi profitti grazie alla lotta di classe rovesciata. Insomma impero e imperialismi si stanno intrecciando. Capire come serve a capire dove va la guerra.

Naturalmente Putin è un imperialista che vuole consolidare ed allargare la propria parte.

Ma se c’è chi ha praticato un processo continuo di espansione, come dicevo, ormai da più di trent’anni, è proprio la UE.

Finché si trattava di superare i nazionalismi per realizzare una condizione sociale avanzata, qual era il modello sociale europeo, in un quadro di democrazia partecipata, questo processo poteva essere visto come un’altra strada ad una globalizzazione fondata su valori costituzionali. Di ciò hanno parlato in particolare pensatori come Balibar. Ma a ciò hanno lavorato politici come Berlinguer e, inascoltato e tradito, come Gorbaciov; e movimenti come quelli pacifisti e altermondialisti.

Naturalmente hanno storicamente un peso rilevante Spinelli e il manifesto di Ventotene.

Eppure anche le ottime intenzioni a volte lastricano vie che poi portano all’inferno. E a volte le ombre ci sono anche tra le luci. C’è un passo ad esempio nei diari di Spinelli che parla di una Europa che per formarsi potrebbe dover passare anche per una guerra con la Russia. E certo sugli euromissili Spinelli e Berlinguer non avevano la stessa posizione. Ed oggi la “vittoria come coronamento della causa della resistenza ucraina” viene assunta da personalità degnissime che, a mio parere, sfuggono totalmente dal contesto in cui questo conflitto si sta esercitando. Con danni pagati innanzitutto proprio dal popolo ucraino.

E se il funzionalismo si è affermato sul campo come concreto processo di costruzione dell’Europa reale, un moderno ancien régime scrivevo la settimana scorsa, soverchiando qualsiasi idea democratica o anche federalista, bisognerà pure chiedersi perché.

Trincerarsi ancora dietro l’alibi che comunque questo occidentale ed europeo è il migliore dei mondi possibili francamente ormai è inaccettabile. Ancora oggi le ignobili norme proposte per riconsegnare i migranti agli aguzzini dicono tutt’altro.

E allora forse è il momento di riattraversare la storia europea per quello che è stata. Un rapporto intrecciato tra civilizzazione e suprematismo, la culla di vecchi e nuovi imperialismi. Che vede una forte torsione verso la democrazia con le rivoluzioni e soprattutto con l’irrompere del movimento operaio. Le borghesie europee, di loro, hanno una cruda volontà di potenza. Ritenendosi legittimate per casta antropologica ad esercitarla. Naturalmente, come dicevo, non mancano articolazioni. La Francia appare più prudente e sembra guardare ad un’altra strada. La Germania, purtroppo, rischia di venire risucchiata dalla Polonia.

Nella UE per le sinistre è diventato quasi impossibile vincere sul piano sociale tale è la gabbia di Maastricht. Ma la lotta per la pace bisogna vincerla per forza.

Roberto Musacchio

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1 Commento. Nuovo commento

  • Aristide Bellacicco
    15/06/2023 7:07

    “Il 20 gennaio il Presidente americano Biden ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero potuto tollerare “una piccola incursione” russa in territorio ucraino” (da https://www.geopolitica.info/ricostruzione-eventi-russia-prima-scoppio-guerra/).
    Si è dimenticata questa sorprendente esternazione del democratico Biden: eppure è molto più eloquente di tanta retorica anti-russa. Sembra- e a mio avviso è- un guanto di sfida, una vera e propria provocazione irresponsabilmente lanciata sulla pelle del popolo ucraino.
    Dal 2014 in poi gli USA hanno cercato questo scontro militare e infine l’hanno ottenuto. Le classi dirigenti europee condividono la colpa di quanto sta avvenendo: e la loro sostanziale indifferenza per le pesanti ricadute della crisi Ucraina sulle condizioni di vita delle classi popolari è il segno più concreto del disprezzo alto- borghese verso la “plebe”. Ricordiamoci le parole di Draghi (anch’esse sommerse dall’oblio giornalistico): “vogliamo un grado di temperatura in meno nelle nostre case o la libertà per l’Ucraina?”. Una versione sciatta e miserabile del famoso “lacrime e sangue” di Churchill.

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