In Europa ci si è accorti che esiste una grossa questione da affrontare: la questione salariale. E si parte dal salario minimo, con la Proposta della Commissione Europea per una Direttiva su salari minimi adeguati. Proposta che sembra smentire l’adagio latino De minimis non curat praetor. Proposta sensibilmente migliorata dagli emendamenti adottati dal Parlamento Europeo, che costituiranno la base del negoziato con il Consiglio e la Commissione Europea.
La Proposta rappresentava già un cambiamento di rotta della Commissione in un campo sinora pressoché negletto. Fa parte delle “novità” introdotte in questi ultimi due anni, come la sospensione del Patto di stabilità, il ricorso a bond comunitari per finanziare il Recovery Fund, il Green Deal Europeo. Non si tratta certamente di un sovvertimento totale dell’assetto ordoliberista dell’Unione, ma, piuttosto, di un adeguamento del sistema capitalistico europeo alle nuove situazioni che si sono affermate a livello globale e continentale. E tra questi adeguamenti c’è anche l’esigenza di assicurare un minimo di tenuta del tessuto sociale europeo, il cui ulteriore disfacimento rappresenterebbe un indubbio danno per lo stesso sistema.
Ciononostante, sarebbe ideologicamente sbagliato non cogliere i miglioramenti per la classe lavoratrice che deriverebbero da un cambiamento del quadro normativo europeo sulla questione salariale, particolarmente deteriorata nel nostro Paese.
Certamente siamo ancora lontani dall’integrazione dei sistemi sociali dei Paesi membri e anche questo primo passo non è scontato per l’opposizione di molti Governi dell’UE. Ne avremo un primo saggio nella posizione che sulla Proposta di Direttiva assumerà il Consiglio UE nella riunione del 6 e 7 dicembre.
Di questo parliamo nelle Notizie dal Parlamento Europeo.