Ormai da un anno conviviamo con la pandemia da Sars-Cov-2, le conseguenze dirette sulla salute dovute al virus ed a quelle più direttamente economiche si aggiungono quelle psicologiche e sociali dovute alla riduzione ai minimi termini del vissuto relazionale. Esistono diversi profili che definiscono Il disagio che le persone provano in conseguenza degli effetti della pandemia sulle loro vite. La pandemia diventa allora una sindemia poiché diverse patologie colpiscono contemporaneamente la popolazione, incidono sulle singole vite. I diversi profili che emergono dalle cronache di questa sindemia rivelano un aumento delle fragilità, della sofferenza sociale in un quadro di diseguaglianze crescenti, in una società in cui le diseguaglianze, come ben sappiamo, sono un dato strutturale, cresciute in modo esponenziale negli ultimi decenni assieme alla finanziarizzazione ed alla digitalizzazione delle società; si realizza una sorta di darwinismo sociale.
La pandemia a sua volta nelle sue varie fasi ha conosciuto andamenti molto differenziati nei diversi paesi, in funzione delle risorse disponibili e delle strategie adottate nel contenimento del contagio, sino alle strategie vaccinali ed ai flussi finanziari a sostegno dell’economia: grandi differenze tra Stati Uniti e Unione Europea quanto a strategia vaccinale e flussi finanziari a sostegno dell’economia; grande differenza tra queste due formazioni sociali e la Cina, quanto a controllo e riduzione del contagio.
La pandemia interviene in un contesto in cui le tecnologie digitali rivoluzionano i rapporti sociali di produzione costituendone il tessuto connettivo, alimentando in modo pervasivo i processi di innovazione, sostenendo lo sviluppo ipertrofico e l’autonomizzazione dei circuiti finanziari. La pandemia esalta questi processi, le accelera ed in parte li reindirizza. Il sistema digitale, intrecciato con le tecnologie della vita, realizza una sorta di codice genetico delle società in grado di riprodurla. Un codice soggetto a mutazione tanto quanto quello m-RNA del virus, del quale siamo ben lontani da vendere la scomparsa, il succedersi delle varianti e la modalità del contagio fanno pensare ad un confronto di lunga durata destinato a modificare assetti urbani e produttivi. Qualcuno invoca la metafora della distruzione creatrice, che peraltro evoca il succedersi delle crisi con cui il sistema capitalistico supera le proprie contraddizioni in un falò di denaro, informazione ed umanità. La metafora del darwinismo sociale, esalta il dato della selezione, ma in natura la selezione opera sulla nascita e la differenziazione delle specie, sull’evoluzione che conosce vere proprie ‘esplosioni’. Forse distruzione creatrice e darwinismo sociale descrivono l’andamento attuale dell’economia capitalistica, con il succedersi di crisi, l’esplosione delle innovazioni tecnologiche e la selezione delle imprese dei soggetti vincenti.
Sembra proprio che la pandemia ci faccia arrivare ad uno di quei punti di rottura. Come abbiamo scritto i flussi straordinari di credito dalle banche centrali e dai governo hanno tenuto una parte del sistema economico in precario equilibrio destinato a spezzarsi, facendolo collassare le cosiddette imprese zombie.
Nel nostro paese afflitto da una stagnazione quasi secolare, dal nanismo delle imprese, di cui una parte sopravvive grazie all’evasione fiscale, al lavoro precario ed ai bassi salari, si prepara una selezione drammatica. Dopo centinaia di migliaia di licenziamenti, una dura selezione aspetta i lavoratori la cui condizione è appesa al blocco dei licenziamenti.
Torniamo all’inizio del nostro discorso alle forme che la fragilità e la sofferenza sociale assumono, una condizione sociale a cui la selezione darwiniana si applica in modo spietato.
La condizione dei giovani, degli adolescenti privati della loro socialità, anche quando hanno a disposizione dei dispositivi e delle connessioni per la didattica a distanza, manifesta un aggravamento straordinario della sofferenza, delle fragilità da cui deriva l’aumento di autolesionismo più o meno grave1. Siamo di fronte ad un fenomeno già rilevante in tempi ‘normali’.
Dice Vicari. “Per autolesionismo intendiamo sia ragazzi che si provocano dei danni al corpo, ma non con l’intenzione di volersi uccidere (i giovani che si tagliano), oppure con intenzionalità suicida. Quest’ultimo è un fenomeno diffuso non solo in Italia, ma anche in Europa, dove le ultime statistiche ci dicono che almeno il 25 per cento degli adolescenti pratica autolesionismo, mentre in Italia siamo sul 20 per cento, un giovane su cinque. Il suicidio è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni nei Paesi europei. Un fenomeno diffuso e noto da tempo, che caratterizza da sempre i nostri adolescenti, sul quale tuttavia c’è ancora poca attenzione. (…) Gli adolescenti sono i veri dimenticati di questo periodo, ci stiamo preoccupando solo del loro apprendimento e delle loro competenze, ma non della loro conoscenza del mondo. Le reazioni sono due: c’è chi manifesta aggressività e chi invece si chiude sempre di più, restando isolato nella propria stanza, e questo è uno degli aspetti gravi sui quali intervenire, perché questi ragazzi vivono con grande preoccupazione l’incontro con l’altro.”
Il dato, la condizione è condivisa e diffusa livello internazionale come la pandemia2. “In December, an 11-year-old boy in Sacramento shot himself during his Zoom class. Weeks later, the father of a teenager in Maine attributed his son’s suicide to the isolation of the pandemic.” Sempre negli USA è interessante leggere una trascrizione di una teleconferenza organizzata dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention) sulla importanza e gli strumenti per tenere aperte e scuole3. La condizione di giovani ed adolescenti è l’indice più manifesto e drammatico della distruzione di umanità che il rapporto sociale capitalistico opera e si acutizza nella pandemia sociale. La sofferenza si radica la dove c’è il massimo di creatività e di ricerca di rapporto con l’altro, di rapporto col mondo, rapporto creativo e conflittuale, altro che ‘distruzione creativa’. Nei mesi precedenti la pandemia il mondo ha conosciuto la mobilitazione dei Fridays For Future che hanno messo tutti di fronte al vincolo che il cambiamento climatico, la devastazione degli ecosistemi pongono al futuro di tutti. Devastazione degli ecosistemi sospettata di essere la causa della zoonosi che ha portato il virus Sars-Cov2-2 da qualche specie animale all’uomo, come già altre volte è accaduto. Quei cortei, quelle piazze si sono svuotati con la pandemia. La condizione di giovani ed adolescenti è l’indice della rottura necessaria nelle nostre società, il contrasto tra la socialità di cortei e assemblee con l’isolamento davanti allo schermo di un computer quando c’è, rappresenta visivamente il passaggio storico tra due momenti che costituiscono un tutt’uno nello svolgimento della contraddizione fondamentale di umanità, prima e seconda natura e rapporto di capitale.
A quella parte di umanità che vive nel pieno del processo di individuazione, di produzione della propria soggettività, che vive concretamente il principio della speranza, si sono posti limiti alle relazioni, regole di comportamento, si sono stigmatizzati i comportamenti che infrangono quelle regole, ma è mancato completamento l’appello al ruolo primario, necessariamente rivoluzionario- non banalmente innovativo, cioè regolato e competitivo- che chi sta maturando faticosamente il proprio ingresso nella vita sociale può avere; solo un orizzonte trasformativo, necessariamente di rottura dello stato presente, delle cose può dare la motivazione necessaria ad affrontare il mondo a chi ne fa le prime esperienze, maturando il profilo della propria esistenza particolare. L’assunzione di responsabilità di una intera generazione è possibile non semplicemente verso l’apprendere e ottemperare alla tavola delle prescrizioni- sicuramente necessarie- ma nella elaborazione di un proprio progetto di futuro. Regole e identità precostituite sono proposte con cui confrontarsi e confliggere.
Fragilità, sofferenza, depressione, sino alle pratiche di autolesionismo- di ogni soggetto sociale, dei giovani in particolare- sono l’indice in negativo di una potenzialità di cooperazione, di rivoluzione sociale repressa.
I giovani si definiscono in altrimenti come ‘nativi digitali’ ovvero come capacità di aderire ad un codice, di innovarlo magari, nel solco di un rapporto dominate nel cui solco si svolge l’innovazione, non la rivoluzione. In realtà il sistema delle tecnologie digitali come dispositivo globale riproduce il codice del rapporto sociale dominante; nella pandemia le piattaforme di rete hanno permesso lo svolgersi di molti processi sociali informa virtuale, consegnando ognuno -chi poteva- al proprio ruolo formale. Questo stato di necessità ha suggerito il ridisegno di molte attività lavorative e relazionali ovviamente con l’obiettivo di aumentarne la produttività diretta e indiretta, di incrementare la mediazione digitale e virtuale delle relazioni sociali e interpersonale., con la conseguenza di aumentare le diseguaglianze e concentrare la ricchezza.
Il quadro particolare del nostro paese è desolante, con un deficit demografico di 300.000 nascite rispetto alle morti nel 2020, la stagnazione pluridecennale e la prevalenza femminile nella perdita dei posti di lavoro dall’inizio della pandemia, in percentuale inversa rispetto alla partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Una condizione che Draghi ha riepilogato nel suo discorso di presentazione al senato del programma di governo -in cui ha rimarcato l’esistenza delle tradizionali, profonde diseguaglianze sociali, territoriali e di genere- che fa perno sull’innovazione digitale ed ambientale, nel quadro della crisi ambientale e della concorrenza tra aree dominanti sul mercato mondiale, da cui la logica europeista ed atlantista; in cui prospetta necessariamente la riduzione o la trasformazione di filiere obsolete e lo stimolo a quelle innovative, ricche di prospettive di mercato, assecondando la selezione nel sistema delle imprese con le cosiddette ‘politiche attive del lavoro’, assieme al sostegno al processo di formazione nelle scuole e nelle università, alla ricerca di base e applicata; in buona sostanza è prevista nei prossimi anni una gigantesca dislocazione nella composizione della forza lavoro e nella composizione tecnica del capitale. Una sorta di riformismo del capitale nel contesto della crisi pandemica. Non c’è dubbio sul fatto che ci sia una progettualità che pretende di costruire nuovi termini di contrattazione con le istituzioni europee e l’inserimento nella cooperazione a due tra Francia e Germania.
Una composizione sociale sofferente e divisa deve confrontarsi con questo ridisegno strategico dei rapporti sociali, con il suo percorso e le sue contraddizioni, su questo è aperto il confronto pubblico, il più ampio e articolato possibile.
- https://www.fanpage.it/roma/vicari-bambino-gesu-allarmati-per-aumento-dei-tentati-suicidi-tra-adolescenti-con-la-pandemia/[↩]
- https://www.nytimes.com/2021/01/24/us/politics/student-suicides-nevada-coronavirus.html?action=click&module=RelatedLinks&pgtype=Article [↩]
- https://www.cdc.gov/media/releases/2020/t0724-new-resources-tools-schools.html [↩]
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Altra goccia dagli UK, questa volta sugli effetti del lockdown e chiusura delle scuole sullo stato psicologico dei pre-adolescenti.
Un recente studio pubblicato sulla rinomata rivista medico-scientifica BMJ presenta i dati di un importante studio di coorte prospettico, disegno di studio prezioso per indagare gli effetti del lockdown e delle chiusure scolastiche sulla salute mentale dei bambini.
I blocchi nazionali con la chiusura di massa delle scuole non hanno precedenti e le evidenze scientifiche per guidare il processo decisionale futuro sta emergendo rapidamente. I dati longitudinali costituiscono una componente vitale di queste evidenze. (Sara Gandini) https://adc.bmj.com/content/early/2020/11/26/archdischild-2020-320372?fbclid=IwAR08-XTaVrV12kiWUetf9UAvK8D6DBHFCete8DPYPx6DRG1VAQRRNcaoAK8