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Dai partiti di massa ai dominanti

di Roberto
Musacchio

Chiedo scusa se parto da me. Circa 45 anni fa mi trovai a decidere in una notte tra l’accettare un anno di incarico in una segreteria scolastica cui avevo diritto avendo avuto un punteggio alto alla licenza liceale (ed essendo altri tempi bastava) o andare a fare il “funzionario di partito”. Per altro in un partito piccolo piccolo, il Pdup.

Scelsi questa seconda strada perché mi piaceva moltissimo proprio l’idea di essere un “rivoluzionario di professione”. La politica era già diventata una scelta di vita. I miei genitori non sapevano niente perché ero andato a vivere per conto mio e decisi da solo. Ne abbiamo poi parlato con i “miei” ma queste sono cose più personali.

Dal Pdup sono passato a Botteghe Oscure e quindi ad un partito di massa con un grandissimo apparato. Salvo poi licenziarmi per andare a Rifondazione. Qui un breve aneddoto che ho impresso di quando andai a prendere le mie cose una sera e incontrai un “dirigente di primo piano” che mi disse che buttavo la mia vita per niente. Il niente in realtà è stata una bella esperienza di coerenza che mi ha portato fin qui. E a ragionare su come i tanto denigrati apparati non erano necessariamente “allineati e coperti”, truppe di manovra. Ci si poteva anche schierare contro e in casi estremi arrivare a licenziarsi. In realtà nelle sedi dove stavano i funzionari si prendevano anche le decisioni importanti. Le riunioni si facevano in direzione e non ai gruppi parlamentari. Certo quei partiti avevano un controllo anche su pezzi di società. E mano mano i livelli istituzionali hanno cominciato a prevalere. Le campagne contro la partitocrazia in realtà hanno favorito questo passaggio di potere verso i livelli elettivi. E in questi livelli c’è stato un eccesso di “privilegi” che li ha resi appetiti e poi attaccabili. E come accaduto ai partiti ora anche i livelli istituzionali sono stati ridotti, svuotati, ricondotti al primato della governabilità prima, e della governance dopo. Che non sono la stessa cosa. La governance è infatti una sorte di funzione che si autodetermina nelle finalità in forme trasversali ai pensieri politici. E che si esercita sempre più secondo il fenomeno delle sliding doors. Quello per cui si passa da incarichi politici, a quelli economici, a quelli di istituzioni o circoli ademocratici. Questo vale massimamente per le figure apicali, ma anche per i loro “accompagni” Un tempo sarebbero stati funzionari politici dotati di autonomia. Ora sono staff, collaboratori dipendenti dalle figure apicali. La realtà contemporanea ci offre uno spaccato significativo di quella che potremmo chiamare la specie dei dominanti. Nella globalizzazione sono partecipi dei meccanismi spartitori salvo sbranarsi nei momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo. I dominanti possono essere presidenti del consiglio, poi direttori di grandi istituzioni finanziarie, consulenti in proprio, membri di club esclusivi, conferenzieri a gettoni di grande taglio. Sempre lautamente retribuiti in denaro e potere. Essendo l’uno funzionale all’altro e entrambi alla governance. Stiamo parlando appunto di una specie, i dominanti, in realtà postideologica per quanto si nutra di retorica. Ne fanno parte anche il potere mediatico e della conoscenza che ormai “inventa” la realtà per garantire la tenuta della governance. Finora nessuna forza e forma democratica è riuscita a metterli sotto scacco. Il loro potere di intimidazione e repressione è molto forte. La sorte di Assange è un esempio vivente. Un monito. Però prima o poi questa specie dei dominanti andrà estinta. Meglio prima. Magari pubblicare un censimento accurato di tutti loro, delle loro sliding doors, della quantità dei posti di comando e di emolumenti accumulati e detenuti sarebbe un modo per accelerare.

di Roberto Musacchio

 

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