In queste settimane sulle pagine del nostro settimanale on-line ci stiamo sforzando di analizzare l’intreccio delle diverse crisi che si stanno manifestando a livello globale o regionale, con andamenti di medio o lungo periodo. Storicamente diverse analisi hanno proposto nel tempo modelli di periodizzazione delle trasformazioni economiche e politiche, sociali e culturali, applicate alla storia del mediterraneo, all’espansione del dominio coloniale delle potenze europee, dalla caratterizzazione in base alla potenza dominante alla definizione del secolo breve individuato dalla prima guerra mondiale e la fine dell’Unione Sovietica.
Oggi tutto sembra indicare il fatto che ci si trovi su una faglia dei processi storici e trasformativi, dal punto di vista degli equilibri, dei rapporti di forza geostrategici, della forma dei processi di globalizzazione, di integrazione ed interdipendenza delle diverse regioni del globo; trasversali a queste dimensioni sono da un lato la trasformazione del modo di produzione, il processo continuo di innovazione tecnologica trainato dalle tecnologie digitali dall’altro il processo di riscaldamento globale e conseguente cambiamento climatico. Se il primo processo è intrinseco al modo di produzione -costituisce il motore del processo trasformativo su ogni livello e in ogni dimensione-il cambiamento climatico costituisce ormai un carattere immanente ad ogni formazione sociale in rapida evoluzione verso un orizzonte catastrofico globale collocato a pochi decenni da oggi, mentre catastrofi particolari, punti di crisi articolari i cosiddetti ‘tipping point’, si palesano e si verificano con sempre maggior frequenza.
L’intreccio dei diversi processi e dimensioni è necessario per comprendere la situazione in cui ci troviamo oggi e la sua evoluzione nel breve e medio periodo, dove il presente è sospeso tra il passato, nelle sue diverse durate che lo ha generato, ed il futuro più o meno prossimo verso cui sembra essere proiettato. Viviamo l’angoscia generata dalla precarietà della nostra condizione presente, cerchiamo, ognuno coi propri riferimenti ed i propri strumenti di analisi, di cogliere i germi dell’evoluzione futura nel quadro del presente, ragionando su una sorta di media mobile, ormai calcolata su pochi giorni o settimane, del succedersi degli accadimenti, per trovare una bussola in un mare di incertezze.
Il campo di battaglia dall’intelligenza Artificiale al corpo a corpo
L’innovazione tecnologica che investe ogni filiera produttiva, strumentale e di servizio, ha investito anche l’apparato militare, nella sua strumentazione, nella sua organizzazione logistica, nei suoi dispositivi di comunicazione, comando e controllo, nel potenziamento della pianificazione tattica e strategica attraverso l’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale, nella parziale autoregolazione dei sistemi d’arma oltre che nella loro brutale efficacia.
La guerra prodotta dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha visto l’uso di armamenti e strategie tradizionali unite all’uso di nuovi armamenti, i missili supersonici -di cui si parlava da anni, ma che non si erano ancora visto all’opera- tuttavia l’elemento innovativo fondamentale per ognuno dei contendenti è indubbiamente quello di poter disporre di una informazione in tempo reale sulla disposizione delle diverse forze sul campo di battaglia attraverso l’osservazione satellitare, che dal lato ucraino è fornita dalla NATO e dagli Usa in particolare. Per converso non si è visto nulla dei dispositivi futuristici costituiti da dispositivi d’arma autonomi guidati e coordinati da sistemi di Intelligenza Artificiale, piuttosto abbiamo assistito all’efficacia da parte ucraina dei missili anticarro e anti aerei la cui efficacia è già stata sperimentata nella guerra afghana assieme all’uso dei droni La guerra ha assunto invece i suoi caratteri più feroci, tipici dei combattimenti ravvicinati e dei bombardamenti in ambiente urbano, coinvolgendo l’intera popolazione, costringendo milioni di persone a fuggire dal teatro di guerra.
Le conseguenze della guerra russo-ucraina, oltre che sui rapporti geostrategici globali, sugli schieramenti in campo e gli investimenti in campo militare, riguardano l’economia a tutti i livelli ed in particolare in campo alimentare ed energetico. Tutte le conseguenze convergono sul processo di cambiamento climatico, influiscono sul suo andamento, sulle scelte che i governi compiono per limitarne o meno lo sviluppo, sulle risorse di cui dispongono sul piano finanziario e degli investimenti pubblici. Il cambiamento climatico è il contenitore di tutte le crisi, la possibilità di rallentare il riscaldamento globale richiede un’azione coordinata, sincronizzata ed univoca tra tutti gli attori a livello mondiale, mentre a livello locale e regionale richiede tempestive ed efficaci azioni per contrastare localmente effetti particolarmente catastrofici. Le risorse necessarie per adottare strategie adeguate richiedono di modificare radicalmente le politiche di investimento in termini di quote e di indirizzi.
Alla COP26 i principali attori dell’economia mondiale sono andati in ordine sparso, più che una collaborazione globale si è manifestata ancora una volta la logica della competizione globale, rendendo impossibile una strategia unitaria che fosse in grado di supplire alle necessità specifiche di ogni singola nazione o regione del globo. La strategia cinese in campo energetico è un punto nodale della situazione. La Cina nel 2021 ha avviato la costruzione di centrali elettriche a carbone per un totale di 33 Gigawatt, la quantità è tre volte quella di tutto il resto del mondo1 e comunque il carbone è al presente la più importante fonte di energia; la Cina prevede di arrivare al picco del proprio consumo energetico nel 2030, dove cresce la quota delle fonti di energia non fossili, ma si parla di un uso sostenibile di tutte le fonti fossili, i nuovi megaimpianti a carbone vanno a sostituire piccoli impianti indubbiamente più inquinanti. Questa pianificazione deriva dalla decisione di allentare le misure di prevenzione verso il cambiamento climatico per mantenere alta la dinamica di crescita economica, non ci si deve stupire per questa decisione che è in linea con le prese di posizione assunte durante la COP26 a Glasgow; ricordiamo che rispetto all’abbandono dell’uso del carbone l’India si è data come orizzonte il 2050 quando rispetto a tutti i parametri la data per contenere il riscaldamento globale è indicata nel 2030.
La strategia cinese prevede da un lato di intervenire sulle 17 filiere a più alto consumo energetico per renderle più efficienti, garantendo al contempo una adeguata fornitura di energia per mantenere un alto livello di sviluppo da cui la decisione di nuovi investimenti nella generazione da carbone e si parla, nei 15 obiettivi stabiliti nella strategia di transizione energetica, di uso ‘pulito ed efficiente’ dei combustibili fossili. Il picco nelle emissioni dovrebbe essere raggiunto nel 2030, le fonti non fossili dovrebbero progressivamente sostituire le fonti fossili contribuendo all’aumento del consumo energetico, mentre la neutralità nelle emissioni dovrebbe essere raggiunta che prima ovvero al più tardi nel 2050. Siamo ben al di là degli obiettivi che erano stati posti al COP26. La configurazione delle fonti energetiche cinesi mostra anche la sua collocazione nelle filiere globali della materie prime2.
La congiuntura in cui stiamo vivendo, dalla comparsa del virus Sar-CoV-2 e dal suo dispiegarsi pandemico sino all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha mostrato in maniera eclatante quanto sia difficile immaginare un percorso lineare per qualsiasi trasformazione della formazione sociale, che sia al contempo radicale e globale, quale è in tutta evidenzia la riconversione ecologica delli rapporti sociali di produzione per contrastare il riscaldamento globale. La pandemia ha determinato un andamento sussultorio delle filiere produttive e dei nodi delle reti logistiche, ha scombinato il ciclo economico, le strategie degli stati e delle autorità monetarie in termini di spesa pubblica e politica monetaria, ovviamente incrociando tendenze di fondo e di più lungo periodo, caratteri della formazione sociale a livello locale e globale, a partire dalle profonde diseguaglianze che caratterizzano ogni regione del globo e le diverse regioni tra di loro.
La guerra ha introdotto in questo paesaggio terremotato ulteriori spinte verso maggiori squilibri. Alla crisi alimentare che sta colpendo il Corno d’Africa, Etiopia, Somalia, Eritrea e la vicina Kenya indotta da un lungo periodo di siccità, si aggiunge quella indotta dall’aumento del prezzo delle principali derrate, mais e frumento di cui Ucraina e Russia sono tra i principali esportatori, su cui pesa anche il costo dell’energia ed a cascata dei fertilizzanti la cui produzione è basata sul petrolio. L’eventuale mancata semina a primavera in Ucraina prepara una condizione ulteriormente aggravata di alti prezzi e carenza di materie prime sul mercato mondiale. L’impatto del cambiamento climatico sul ciclo delle materie prime alimentari in questo caso si somma alle conseguenze della guerra, oltre naturalmente all’impoverimento crescente di larga parte delle popolazioni dovuto al costo crescente dell’indebitamento degli stessi paesi, come ben evidenziato nell’articolo di Alessandro Scassellati. Le dinamiche indotte dalla guerra russo-ucraina riguardano come è noto il mercato delle materie prime energetiche, caratterizzato da una estrema volatilità dove comunque il livello medio attorno al quale si verificano le oscillazioni si è alzato di quattro o cinque volte.
La messa in atto delle sanzioni economiche nei confronti della Russia, di una ampiezza ed estensione mai vista, con l’obiettivo sostanziale di portare il paese in una crisi radicale -mentre gli attori principali dei mercati delle materie prime accumulano giganteschi profitti su mercato sostanzialmente finanziarizzato- lega ulteriormente lo scontro sui mercati finanziari a quello sulle materie prime e sul piano bellico, da cui la richiesta russa del pagamento in rubli. Il tutto avviene mentre Stati Uniti ed Europa fanno i conti con una inflazione che non si vedeva da otre quarant’anni. L’inflazione americana, rispetto a quella nella UE- è più profondamente radicata nel funzionamento complessivo dell’economia -ben oltre la spinta dei prezzi delle materie prime- a cui corrisponde almeno per ora una diversa strategia da parte delle Banche Centrali, dove la FED ha dato il via ad un percorso di innalzamento dei tassi, che comincerà ad avere conseguenze sulle economie dei paesi più indebitati. La convergenza di crisi alimentare e crisi finanziaria ha conseguenze drammatiche per un’ampia fascia di paesi, in particolare quelli che sono stati protagonisti della stagione delle primavere arabe che si manifestò anche allora sotto la spinta degli stessi elementi di crisi, che dopo un decennio di vicende travagliate e drammatiche si ritrovano di fronte ad un altro passaggio critico3. La posizione finanziaria, debitoria di molti paesi era già stata fortemente indebolita dalla pandemia da Sars-CoV-24, la diseguaglianze nell’accesso ai vaccini hanno inciso pesantemente, le attività economiche sono state paralizzate senza poter avere accesso alle risorse finanziarie necessarie a rilanciare il ciclo economico.
Nonostante i pronunciamenti della assemblea generale dell’ONU del 2015 sulla ristrutturazione del debito sovrano5, gli Stati Uniti votarono contro l’UE espresse riserve su diversi aspetti della risoluzione6; sono passati sette anni e non ci sono segni reali di una diversa gestione dei mercati finanziari ed in particolare del debito sovrano, viceversa è cresciuta la competizione per la supremazia sui mercati monetari, dove è in gioco nel medio periodo la supremazia del dollaro.
Divagazione, necessaria, sulla complessità.
E’ necessario riepilogare i diversi processi che si intrecciano sulla scena globale per rilevarne la complessità, in un precedente articolo7 abbiamo scritto “Le diverse aree di crisi e confronto strategico, i diversi protagonisti hanno rapporti tra loro molto intricati ed in evoluzione che rendono assai difficile fare previsioni, nette, attendibili sul loro sviluppo, tanto meno sul medio lungo periodo, benché i protagonisti principali abbiano propri obiettivi da perseguire e strategie relative.”
La complessità si sta dispiegando, il tentativo di mappare i processi si trovano a ripercorrere fili sempre più aggrovigliati, dove il termine in questo caso non è una semplice metafora, ma un concetto operativo giustamente utilizzato da più parti-ed in particolare da parte di chi scrive- che rimanda ad almeno due caratteri connessi, da un lato la vicinanza di un orizzonte oltre il quale è praticamene impossibile fare previsioni se non utilizzando informazioni di cui non si dispone ovvero facendo lavorare algoritmi per un tempo superiore all’età dell’universo, dall’altro emergono configurazioni del reale, processi che rompono gli equilibri, le simmetrie della situazione di partenza. Analizzare la complessità della situazione con tutti gli strumenti a disposizione è necessario, ma altrettanto necessario è evitare la pretesa di essere una sorta di ‘occhio di Dio’ che tutto vede e prevede. Non è nelle nostre facoltà la possibilità di raccogliere e vagliare la sterminata molte di dati che vengono continuamente prodotti e a cui accedono invece i protagonisti della competizione economica, tecnologica e geostrategica; viceversa facciamo uso dei dati che da questi vengono resi disponibili anche attraverso le analisi di centri di ricerca e think tank ed i principali media internazionali.
Proprio lo sforzo di analisi che sulle pagine di questa rivista stiamo compiendo richiede di coglierne i limiti inevitabili. Diciamo che la pretesa di tutto prevedere diventa un sostituto della capacità di agire, di costruire intelligenza sul reale interna ad una prassi capace di cambiare radicalmente lo stato di cose presenti. Tanto la strategia di seguire singoli processi, singole dimensioni della trasformazione in corso, quanto quella di partire da punti in cui processi interagiscono e si diramano porta all’individuazione di punti di rottura, di punti critici da cui si dipartono dinamiche talmente sensibili al cambiare delle condizioni inziali dall’essere imprevedibili.
Lavori in corso
Su ogni documento, rivista sito, convegno, manifestazione, processo organizzativo dovremmo scrivere ‘lavori in corso’ indicativo di un processo di apprendimento dentro lo scontro sociale, dove ogni passaggio e forma organizzativa sono assieme transitori e fonte di esperienza ed insegnamento, patrimoni conoscitivi e relazionali irrinunciabili. Non possiamo aspettarci che i percorsi in cui ci troviamo coinvolti abbiano un andamento lineare prevedibile, per quanti sforzi di analisi e pianificazione dell’azione possiamo mettere in campo. Assumere il senso del limite è necessari per vedere oltre i limiti della situazione in cui ci troviamo ad agire.
Roberto Rosso
- https://www.reuters.com/markets/commodities/china-starts-building-33-gw-coal-power-2021-most-since-2016-research-2022-02-24/ https://www.carbonbrief.org/china-briefing-17-february-2022-new-energy-transition-guidance-five-coal-plants-approved-energy-efficiency-targets-raised https://chinapower.csis.org/energy-footprint/ [↩]
- https://chinapower.csis.org/energy-footprint/ [↩]
- https://issafrica.org/iss-today/the-arab-spring-struggle-is-far-from-over [↩]
- https://www.theguardian.com/global-development/2021/sep/23/more-than-100-countries-face-spending-cuts-as-covid-worsens-debt-crisis-report-warns [↩]
- https://harvardilj.org/2015/09/u-n-general-assembly-adopts-basic-principles-on-sovereign-debt-restructuring/ [↩]
- The United States, which voted “no,” stated its objection to a “right” to restructure sovereign debt and highlighted its concern that the principles may undermine the enforcement of contractual terms. The EU common position expressed reservations that the resolution did not adequately support the preferred creditor status of international financial institutions or the decisions of competent courts. It also noted that the IMF is the “appropriate institution” to host such discussions. [↩]
- https://transform-italia.it/dalla-ucraina-nel-grande-gioco-globale-riuscira-uscirne-il-movimento-per-la-pace-a-romperne-le-regole/ [↩]