Le elezioni parlamentari croate del 5 luglio scorso hanno contraddetto le aspettative generate dai sondaggi pubblicati qualche giorno prima del voto. Doveva essere un testa a testa tra l’Unione Democratica Croata (HDZ) e la coalizione di centro-sinistra Restart, dominata dal Partito Socialdemocratico (SDP), con una possibile leggera prevalenza di quest’ultima. Il governo uscente era guidato dal primo ministro Andrej Plenkovic, dell’HDZ, ed aveva deciso di anticipare di qualche mese le elezioni per approfittare del consenso ottenuto dalla sua gestione della pandemia di Covid19, e quando ancora gli effetti economici della crisi non si sono pienamente dispiegati.
È bastato il primo exit poll diffuso dai media la sera delle elezioni per far svanire le aspettative dei socialdemocratici e dare pienamente ragione all’azzardo di Plenkovic. L’HDZ si rafforza guadagnando 5 seggi e salendo a 66 sui 151 che ne conta il Parlamento. Basterà qualche accordo con un partito minore di centro-destra e il sostegno degli eletti delle diverse minoranze etniche che possono disporre di 8 seggi, per tornare alla guida del prossimo governo. Plenkovic si rafforza e con lui l’anima più moderata dell’Unione Democratica Croata, con piena soddisfazione del Partito Popolare Europeo e soprattutto della leadership tedesca. La Presidente della Commissione UE ha suscitato qualche polemica per avere contribuito con una sua dichiarazione di sostegno ad un video elettorale dell’HDZ. Il suo portavoce ha cercato di smorzare le critiche sostenendo che per un disguido il video non precisava che la von der Leyen interveniva titolo personale e non in qualità di guida della Commissione. Distinzione piuttosto bizantina.
Se il successo della destra è indubbio, va rilevato che la partecipazione al voto ha subito un deciso calo fermandosi al 46,90%. Il 5,69% in meno di quattro anni fa, quando era già calata dell’8,23%. È la prima volta da quando ci sono elezioni multipartitiche in Croazia, dopo lo smembramento della Jugoslavia, che meno della metà degli elettori si reca alle urne. L’HDZ, se pure guadagna un punto percentuale, attestandosi al 37,26%, perde circa 61.000 voti.
Secca sconfitta dei socialdemocratici
Brutale la sconfitta dei socialdemocratici guidati da Davor Bernardic, alleati ad una serie di piccoli gruppi centristi nella coalizione Restart. Sia in termini di seggi (da 54 a 41), che in percentuale (un calo di oltre l’8%) che in voti assoluti (oltre 200.000 elettori, un terzo di quelli conquistati 4 anni fa, se ne sono andati in altre direzioni), la batosta è senza appello. Tant’è che Bernardic ha annunciato immediatamente le proprie dimissioni. Il Partito Socialdemocratico, che ha governato in diverse occasioni dopo che nel 2000, con la scomparsa di Franjo Tudiman, l’HDZ ha perso il monopolio pressoché assoluto del potere, ha promosso politiche decisamente neoliberiste spostandosi progressivamente sempre più al centro. Nel momento in cui anche il suo principale corrente nel sistema bipolare ha attenuato i toni ultranazionalisti e clericali, evidentemente è risultato meno convincente tra l’elettorato moderato e sempre più lontano da coloro che chiedono una politica di sinistra.
Il terzo arrivato nella competizione elettorale è il raggruppamento della destra etno-nazionalista, con accenti fascistoidi, guidato dall’ex cantante Miroslav Skoro, proveniente dalle fila dell’HDZ. Nelle elezioni presidenziali che si sono tenute tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, il leader del Movimento Patriottico aveva ottenuto oltre il 24% dei voti. Alle elezioni politiche, il risultato, che lo colloca poco sotto l’11%, è ancora importante ma decisamente meno travolgente. Non si può escludere che si arrivi ad una coalizione tra l’estrema destra e l’HDZ, ma Plenkovic sembra orientato a fare del suo partito più una sorta di CDU croata, per consolidare le relazioni con la Germania, particolarmente necessarie, visto che la Croazia sarà duramente colpita dal blocco del turismo.
Il vero fatto nuovo delle elezioni è però l’ingresso in Parlamento della coalizione rosso-verde Mozemo (parola croata traducibile con Noi Possiamo e che ricalca lo spagnolo Podemos). Con il 6,99% e 7 seggi, è andata molto oltre le aspettative della vigilia, che le attribuivano 3 seggi conquistati nella circoscrizione elettorale dove si trova la capitale Zagabria. Il sistema elettorale croato prevede un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento del 5%, ma la sua applicazione avviene a livello di ognuna delle dieci circoscrizioni territoriali esistenti (a cui si aggiungono quelle dei residenti all’estero e delle minoranze etniche).
Il successo di Mozemo superiore alle aspettative
Mozemo ha superato la soglia in cinque circoscrizioni, tutte collocate nel nord della Croazia. Nella prima, dove è più forte essendo nata da una serie di movimenti di base che hanno contestato le politiche del sindaco di Zagabria, ha superato il 21%, collocandosi appena dietro alla coalizione guidata dai socialdemocratici e non molto lontana dall’HDZ. Come ha scritto Marco Siragusa su Jacobin Italia: “motore di questa rinascita della sinistra è stata senza dubbio la battaglia contro i progetti di riqualificazione urbana voluti dal sindaco di Zagabria Milan Bandic, al potere dal 2000.”[1] Nel 2006 nacque il movimento Pravo na Grad (Diritto alla città) che si batteva contro la costruzione di un grande centro commerciale e di un parcheggio sotterraneo nel centro della città.
La possibilità di costruire un nuovo soggetto politico di sinistra, unitario e non subalterno al centro-sinistra socialdemocratico, si è cominciato ad intravedere nelle elezioni locali della primavera del 2017, con la presentazione della candidatura a sindaco di Zagabria di Tomislav Tomasevic. Le liste che lo sostenevano ottennero il 7,6% riuscendo ad eleggere 4 rappresentanti su 68 consiglieri.
Sulla base di questa esperienza si è riusciti per la prima volta a raccogliere alle elezioni politiche, sotto l’ombrello di Mozemo, un ampio schieramento di forze. Fondato nel febbraio del 2019, con l’obbiettivo di presentarsi alle elezioni europee, in quell’occasione ha ottenuto solo l’1,79% dei voti, molto lontano da quanto necessario per poter conquistare un seggio al Parlamento europeo. La lista era guidata da Tomislav Tomasevic, che sulla base del successo ottenuto a Zagabria è diventato uno dei principali leader della coalizione.
Alla coalizione rosso-verde partecipano Nova Ljevica (Nuova Sinistra, formata nel dicembre 2016), Odrzivi razvoi Hrvatske, (Sviluppo sostenibile della Croazia, ORaH, creata nel 2016 da una dissidente socialdemocratica, ex Ministra dell’ambiente), il Radnicka Fronta (Fronte dei Lavoratori, sorto nel 2014) e alcune piattaforme locali come Za grad (Per la città) e Zagreb je Nas (Zagabria è Nostra) .
Il Fronte dei Lavoratori, alle elezioni europee del 2019, non era integrato nella coalizione Mozemo. Aveva formato invece una lista con il Partito Socialista dei Lavoratori (SRP) che è stato fondato da militanti della Lega dei Comunisti che avevano rifiutato la trasformazione socialdemocratica voluta dalla maggioranza del vecchio partito unico. Questa alleanza si era caratterizzata soprattutto per l’accento posto su tematiche classiste, in particolare la difesa dei lavoratori dei cantieri navali che sono stati tra le principali vittime della desertificazione di alcuni settori industriali tradizionali della Croazia.
Alle elezioni presidenziali della fine del 2019 il Fronte dei Lavoratori ha presentato la candidatura di Katarina Peovic con il sostegno del Partito Socialista del Lavoro e di Nuova Sinistra, mentre ORaH ha appoggiato il socialdemocratico Zoran Milanovic, che è risultato vincitore al secondo turno contro la presidente uscente dell’HDZ. Peovic ha ottenuto 21.387 voti, pari all’1,12%
Alle elezioni politiche si è riusciti a comporre un ampio schieramento unitario con la sola eccezione del Partito Socialista dei Lavoratori, che ha presentato proprie liste ottenendo uno 0,13% corrispondente a 2.149 voti, in calo rispetto al 2016 quando aveva raccolto 3.672 voti, pari allo 0,19%. L’SRP aderisce all’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa, guidata dal Partito Comunista Greco, che raccoglie piccoli partiti di orientamento neo-stalinista.
Come sintetizza Marco Siragusa sono tre i pilastri del programma presentato alle elezioni da Mozemo: 1) un’economia verde, resiliente e un lavoro dignitoso; 2) l’uguaglianza sociale e l’accesso equo e universale ai servizi pubblici; 3) la lotta per la democratizzazione e contro la corruzione. Per quanto riguarda l’Europa, i rosso-verdi croati ritengono che l’UE necessiti di riforme democratiche che riducano l’influenza delle lobby e che abbandoni le ricette neoliberiste puntando su sostenibilità ed equità. Il Recovery Fund dovrebbe dare priorità a temi come la disoccupazione, la povertà e le diseguaglianze sociali.
Vladimir Unkovski-Corica rileva che Mozemo è stato attraversato in campagna elettorale da qualche tensione tra “l’ala di sinistra liberale e quella apertamente anticapitalista”. Fra i parlamentari che sono stati eletti si trova anche Katarina Peovic, del Fronte dei Lavoratori, rappresenta quest’ultima tendenza.[2]
La coalizione rosso-verde ha costruito molteplici relazioni sul piano internazionale. Ha infatti ricevuto il sostegno di Heinz Bierbaum, presidente del Partito della Sinistra Europea, quale “unica e reale alternativa capace di garantire la giustizia sociale, la lotta per i diritti delle donne, e per un programma politico in grado di garantire una trasformazione ecologica e sociale dell’economia della regione”[3]. Diem25, il movimento transnazionale guidato da Varoufakis, ha preso posizione a favore del raggruppamento rosso-verde definendolo una coalizione “della sinistra pro-europea ma critica”[4]. Il Partito Verde Europeo (EGP), dal canto suo, ha pubblicato un comunicato nel quale saluta il successo di Mozemo, ricordando che include ORaH, partito che è membro candidato dell’EGP[5]. La presenza di una forza di sinistra alternativa in un paese un tempo socialista, è sicuramente un fatto positivo. Nell’ex Jugoslavia si tratta della seconda formazione che conquista una significativa presenza in parlamento dopo la Sinistra slovena. Si può rilevare come questa nuova formazione politica sia caratterizzata da spirito unitario e dal riconoscimento del pluralismo politico e organizzativo interno, da un chiaro radicamento in movimenti vicini ai problemi dei ceti popolari e da una capacità innovativa di comunicare il proprio messaggio politico ad ampi settori di opinione pubblica. Una delle sfide sarà di consolidare la presenza istituzionale (anche con l’ambizione di conquistare il comune di Zagabria alla sinistra) continuando ad essere attiva nelle mobilitazione di base e nei conflitti sociali.
[1] https://jacobinitalia.it/in-croazia-torna-la-sinistra/
[2] https://www.counterfire.org/articles/analysis/21384-radical-left-and-anti-capitalist-breakthrough-in-croatia-elections Counterfire è il sito dell’omonima organizzazione trotskista nata dalla separazione di John Rees e Lindsay German dall’organizzazione Socialist Workers Party, di qui erano leader storici. L’SWP era stato fondato da Tony Cliff difensore della definizione dell’URSS come “capitalismo di Stato”.
[3] https://www.european-left.org/croatian-legislative-elections-the-green-left-coalition-is-the-only-real-and-progressive-answer-to-the-current-crisis-and-against-the-extreme-right/
[4] https://diem25.org/diem25-support-the-green-left-coalition-croatia/
[5] https://europeangreens.eu/content/croatian-parliamentary-elections-green-left-progressive-coalition-breakthrough