A più di un mese dall’inizio della diffusione del virus COVID 2019 in Europa si inizia a fare un primo bilancio delle misure di diritto sociale a breve termine introdotte nei vari Stati.
Un primo strumento utile è l’osservatorio lanciato dalla confederazione sindacale europea “ETUC’s ‘COVID-19 Watch”. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di raccogliere informazioni e dati provenienti dalle organizzazioni affiliate sulle misure sociali adottate nei vari Stati europei per fare fronte alla crisi sanitaria, economica, finanziaria e sociale. I dati vengono poi sistematizzati in una serie di schede riassuntive (Briefing Notes).
A questo link la sezione che ospita l’elenco delle prime schede riassuntive:
https://www.etuc.org/en/publication/covid-19-watch-etuc-briefing-notes
In materia di diritto sociale l’osservatorio sindacale europeo ha diffuso una prima scheda sulle misure a breve termine adottate dagli Stati, tra cui l’Italia (la scheda – che qui alleghiamo – non contiene ancora le misure in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro). Segnaliamo ed alleghiamo anche la scheda su “Diritti umani e COVID 19” che richiama, tra l’altro, alcuni casi giurisprudenziali a livello UE e internazionale riguardanti restrizioni e deroghe ai diritti umani in tempi di crisi.
Un altro apposito sito della confederazione europea dei sindacati è dedicato alle iniziative verso le istituzioni UE e i governi nazionali (con particolare riferimento alla situazione in Ungheria e Polonia), alle iniziative delle federazioni sindacali di categoria, ed agli accordi conclusi dai sindacati a livello nazionale per far fronte all’impatto economico su lavoratori ed imprese dell’epidemia.
A questo Link il sito ETUC: https://www.etuc.org/en/trade-unions-and-coronavirus
Sull’impatto sociale ed occupazionale dell’epidemia COVID 2019 nei 28 Stati membri dell’UE è stato attivato un sito dedicato anche da parte dell’Istituto sindacale europeo (ETUI).
A questo link il sito ETUI: https://www.etui.org/Covid-Social-Impact
Al dramma che stanno vivendo in queste settimane le lavoratrici e i lavoratori, i disoccupati e gli inoccupati a livello dei singoli Stati, si somma la difficile situazione dei lavoratori in distacco transnazionale, che si muovono tra le frontiere degli Stati, cioè dipendenti da una società con sede in uno Stato membro UE e inviati in un altro Stato per prestare il loro lavoro nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale.
Il fenomeno riguarda anche l’Italia. Si consideri che le regole sulla Cassa integrazione guadagni, in quanto regole previdenziali, non si applicano a questi lavoratori; perciò in caso di sospensione di attività nel cantiere, queste persone potrebbero perdere il loro reddito (se non garantito dallo Stato di provenienza).
Lo stesso discorso vale per l’importante previsione dell’art. 46 del decreto legge n. 18/2020, ove si prevede, a decorrere dal 17 marzo e fino al 16 maggio 2020: a) il blocco dell’avvio di procedure di licenziamento collettivo e la sospensione delle procedure pendenti; b) il blocco dei licenziamenti individuali per ragioni economiche. Infatti, per espressa previsione della Direttiva UE n. 96/71 (art. 3), ai lavoratori distaccati in Italia nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale non si applica la normativa nazionale in materia di “procedure, formalità e condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro, comprese le clausole di non concorrenza”. Inoltre, non vi è alcuna regola che impedisce la risoluzione del contratto di appalto per causa di forza maggiore (o altro). Di conseguenza, i lavoratori distaccati rischiano di perdere il loro posto di lavoro.
e il nuovo allegato sugli human rights
Andrea Allamprese