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E la sinistra dov’è? Un luogo ci sarebbe

di Paola
Boffo

di Paola Boffo –

Mi introduco di soppiatto nel dibattito veramente di alto livello avviato con gli scritti di Franco Ferrari “Sinistra: che cosa, con chi, come” e di Marco Noris “Che cosa, con chi, come a Sinistra: dare continuità al dibattito” con alcune brevi considerazioni di rango inferiore e più circoscritte, che si collegano all’affermazione del primo che “Forse occorrerebbe impostare campagne di lotta sociale più mirate e che pongano obbiettivi raggiungibili anche nell’attuale stato dei rapporti di forza. Questo è necessario per rendere credibile la possibilità di ottenere risultati grazie ad un’azione offensiva.

Mi muovo sul lato dei demand-side factors, ovvero dei fattori derivanti dal contesto socioeconomico e culturale, ed in particolare mi riferisco al fatto che “Il carattere strutturale del capitalismo neoliberista determina ampie fasce sociali di povertà, precarietà, sfruttamento, impossibilità di migliorare le proprie condizioni di vita, ecc. Questa parte numericamente significativa della società può essere definita come quella dei ‘non garantiti’”. Non si tratta solo di una condizione di povertà attuale, perché riguarda anche settori che al momento non sono poveri, ma che potrebbero perdere il loro status in qualsiasi momento o che vedono come prospettiva concreta il peggioramento della condizione di vita per le future generazioni.

Questa parte ormai maggioritaria di società non troverà soluzione ai propri problemi né nelle varianti proposte dall’establishment liberista né nell’alternativa illusoria offerta dai nazional-populisti. Esiste quindi un bisogno ampio di rappresentanza politica che in alcuni Paesi europei ed extraeuropei ha trovato delle prime importanti risposte, anche se parziali e limitate come è logico che sia in un processo che ha dimensioni storiche e non contingenti (la sinistra radicale in Europa con risultati elettorali importanti come è stato in Grecia o in Irlanda, la sinistra latinoamericana, Corbyn, Sanders, ecc.)”.

L’epidemia COVID-19 ha portato alla luce in maniera ancora più cristallina questioni note, sulle quali si levava l’allarme da anni / decenni da parte di pochi, ma che ora sono diventate ancora più esplosive, come l’inadeguatezza di un sistema sanitario falcidiato da tagli di risorse economiche, numeri chiusi, spostamento verso la sanità privata e il welfare aziendale; il sovraffollamento e le condizioni di vita nelle carceri, con la mancanza di sicurezza e di tutela per i detenuti, e anche per gli operatori; le condizioni delle persone che sono “contenute” nei centri di accoglienza per migranti.

Ma in queste settimane emerge pure con evidenza la separazione e la discriminazione fra chi ha un lavoro dipendente, pubblico o privato, con un contratto che garantisce dei diritti e delle misure anche straordinarie di tutela, come la cassa integrazione, e una rappresentanza sindacale, e chi invece è al di fuori di questo sistema.

L’addetto alle pulizie della palestra che ha chiuso, il barista, l’istruttore di pilates, l’estetista, l’interprete di conferenza, il consulente aziendale, l’hostess dei convegni, l’attore teatrale, e tutti gli altri che possono venirvi in mente sono nella maggior parte dei casi lavoratori indipendenti, professionisti con partita iva, collaboratori continuativi, oppure a chiamata, o ancora finti “imprenditori di sé stessi” che aspettano una chiamata dall’algoritmo, come i riders, e questi ancora sono registrati su una piattaforma. O infine sono semplicemente lavoratori al nero.

Si accentua drammaticamente la divisione fra gli insider, dove, semplificando molto, si identifica il Lavoro anche come strumento di emancipazione e gli outsider, dove il Lavoro è sempre più spesso pura alienazione, nella visione delle giovani (ma non solo) generazioni precarie e sfruttate, nel segno di una frattura generazionale e sociale all’interno della stessa categoria di “classe lavoratrice”, che appare difficile da ricomporre.

Ed è già stato rilevato che questa classe così frantumata e fluida non si riconosce in una parte politica, che si presume dovrebbe essere la sinistra, ma direi di più, non si pone affatto il problema di individuare una appartenenza, così presa dallo sbarcare il lunario e dal doversi difendere da soli, affidandosi a risorse individuali, familiari, o poco più, da qualsiasi contingenza derivante da una malattia o dalla sospensione di una commessa, e figuriamoci dalla diffusione di un virus sconosciuto, in una fase storica in cui la previdenza e l’assistenza e le varie forme di difesa dei diritti conquistate dalle lotte della classe lavoratrice e dal lavoro di classi politiche all’altezza di questa parola, sono svanite.

E questo si riscontra in primis nella disaffezione alla politica in generale, con tassi di astensionismo sempre più alti in occasione delle consultazioni elettorali, e poi nelle percentuali sempre più basse di consensi elettorali attribuiti alle liste di sinistra.

Molte sono state in queste settimane le iniziative per sollecitare interventi di sostegno al reddito, a partire dai lavoratori dello spettacolo, dai movimenti che si riconoscono nella battaglia per il reddito di quarantena, alla campagna cui pure Transform! Italia ha aderito per l’estensione del Reddito di cittadinanza.

Il governo, di fronte all’emergenza, ha emanato una serie di misure per rispondere nell’immediato all’esigenza di sostegno del reddito; il ministro Gualtieri, nella conferenza stampa di sabato 28 marzo ha parlato di 16 misure diverse, con le conseguenti difficoltà nell’accesso, nell’erogazione, nel monitoraggio dei provvedimenti.

E dunque proprio oggi, 1° aprile, quando si apre sul sito dell’Inps l’accesso alle domande per le Indennità per i liberi professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’AGO, per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, per i lavoratori del settore agricolo, per i lavoratori dello spettacolo, e il sistema si blocca perché è inadeguato, non si può pensare a lavorare tutti insieme e rapidamente per una misura di sostegno al reddito più razionale e più efficace?

Anche in tempi di distanziamento sociale e di video conferenze, quando è persino diventato più facile organizzare, disorganizzare, riorganizzare, incontri, colloqui, assemblee, perché basta un click e non è necessario prendere treni, aerei, arrivare in tempo, perdere ore, giorni e notti per spostarsi fisicamente, anche di questi tempi non mancano le occasioni per sottolineare i distinguo fra forze politiche, organizzazioni sindacali, esponenti istituzionali e no, anche nella stessa area.

Allora, per “impostare campagne di lotta sociale più mirate e che pongano obbiettivi raggiungibili anche nell’attuale stato dei rapporti di forza” nel campo del sostegno al reddito è possibile radunarsi intorno alla proposta di un Reddito di base universale e incondizionato, su base individuale, slegato da politiche attive, che peraltro non hanno funzionato nello schema del Reddito di cittadinanza e funzioneranno ancora di meno nel futuro, quando da questa emergenza uscirà un sistema ancora più in crisi e con peggiori condizioni nel mercato del lavoro?

Che non discrimini fra lavoratori dipendenti, indipendenti, autonomi, precari, disoccupati, inoccupati, stagionali, al nero, come se non sapessimo che il Reddito di cittadinanza viene spesso integrato da introiti di attività al nero, perché è necessario all’esistenza, e perché semmai ciò consente anche di conservare qualche risorsa per tempi peggiori, visto che il Reddito deve essere tutto speso, ed entro il mese, e questo scandalizza molti anche a sinistra.

Una proposta che si avvicina a un reddito di base, per le sue caratteristiche, sebbene per il solo periodo si emergenza, fa il Partito della Sinistra Europea (The European United Left/Nordic Green Left – GUE/NGL), nella sua proposta per un Piano di azione di emergenza europeo, che protegga le vite, i lavori e i redditi.

Si propone che si facciano pagamenti in contanti di emergenza a tutti i cittadini dell’UE nell’immediato futuro per garantire che tutti abbiano accesso alle necessità di base della vita durante questa crisi, senza ritardi burocratici, ed in particolare che la BCE dovrebbe effettuare un pagamento incondizionato di almeno € 2000 per ogni cittadino dell’UE per garantire che ciascuno possa soddisfare i propri bisogni di base durante il periodo di isolamento o quarantena, per ogni mese di durata dell’emergenza. Per individui ad alto reddito o ricchi, questi fondi possono essere successivamente trasferiti e compensati nei bilanci statali attraverso il sistema fiscale.

Si tratta di una proposta che potrebbe essere recepita dalle forze di sinistra in una azione unitaria e sviluppata al di fuori dell’emergenza perché si trasformi in una misura strutturale. Ci proviamo?

bisogno di rappresentanza, lavoro, sinistra
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2 Commenti. Nuovo commento

  • Mariella
    01/04/2020 19:23

    Tutto giusto e condivisibile ma i soldi dove si troverebbero?

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  • Paola Boffo
    03/04/2020 10:22

    Nell’articolo è menzionata la proposta: la BCE eroga un importo a tutti i cittadini UE, in questo caso solo per la durata dell’emergenza e pari a 2000 € mensili. Nella versione reddito di base potrebbe essere di 800 – 1000 €. Gli importi percepiti da chi è al di sopra di un certo reddito o ha grandi patrimoni sarebbero compensati fiscalmente quando si fa la dichiarazione dei redditi, e quindi andrebbero allo Stato di ciascun percettore, costituendo una nuova entrata.

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