di Pierluigi Sullo –
Roberto Musacchio mi chiede: per chi voti, alle europee? Là per là mi dico: a chi interessa, se e come voto? A me poco. Fosse per me, per il mio impulso (che non è irrazionale, al contrario è il depositato di molti anni di esperienza), non voterei affatto. Perché non mi va di salire, anche solo con la mia singola scheda, su una giostra sgangherata del luna park di terz’ordine in cui si è trasformato il sistema politico. Dove vincono i pagliacci, ossia gli intrattenitori buffi o grand-guignol che sanno catturare per un momento l’attenzione, le pulsioni primitive, queste sì irrazionali, di un “pubblico” indifferenziato. Come diceva Guy Debord è tutta una questione di spettacolo, uno show ci seppellirà.
Sto per dire qualcosa del genere a Roberto, che mi conosce ed è paziente, quando mi viene in mente Sandro Medici. È più che un amico, per me, praticamente un fratello, e non è un modo di dire: abbiamo perso un padre da bambini, abbiamo perso i soli fratelli che avevamo (lui una sorella), stiamo stati insieme al giornale per decenni e ci siamo tuffati in mari in tempesta tutti e due, quelle cose che ti legano, ti affratellano, appunto. E Sandro è candidato della Sinistra. Perciò devo votarlo, come ho fatto alcune altre volte negli anni. Non posso non farlo. Se un tuo fratello fa una cosa che non ti convince molto, tu te ne freghi delle tue opinioni, lo aiuti e basta. È quel che fece il mio, di fratello, quello di sangue, quando divenni di colpo, da ragazzo, comunista e rivoluzionario e militante e tutte quelle cose lì, e lui non capiva cosa fosse successo nella mia testa. Ma continuò a darmi una mano, quando non guadagnavo abbastanza nemmeno per mangiare, a momenti.
Lo dico a Roberto. E vorrei spiegare a me stesso, meglio, perché. Intanto, fare una cosa o l’altra in base a vicinanza, prossimità, affetto, non è affatto male. Certo non assomiglia al vincolo di classe, diciamo così, che secondo il marxismo novecentesco è alla base della complicità, della dedizione degli uni verso gli altri. O magari sì, ma chissà di che classe. E poi Sandro ha fatto il politico, in particolare il presidente di un grande municipio romano, per molti anni, con una misura, una prudenza, un’intelligenza di quel che aveva intorno, una compassione per chi è in difficoltà (molta, troppa gente), che ho visto raramente, in un politico. E questa è un’altra buona ragione per scrivere il suo cognome sulla scheda.
Chi lo sa, magari i candidati della Sinistra hanno ciascuno abbastanza amici, compagni, fratelli da raggiungere, tutti insieme, il fatidico 4 per cento. Sarebbe un corpo elettorale, come si dice, di nuovo genere. Che appunto non decide solo con la testa razionale, ma anche con la parte di testa che traffica con i sentimenti, le inclinazioni, l’esperienza, i voler-bene, proprio come accade quando un vicino appende uno striscione che dice “Salvini 71”, e siamo a Napoli, esce a sua volta sul balcone il dirimpettaio, ride insieme al vicino, eh, la tombola, 71 vuol dire omm’e merda, e scendono a bere un caffè dandosi pacche sulle spalle. Per chi votano i due vicini napoletani? Non ci avevano pensato, però magari per la Sinistra, la più incline a disprezzare il pagliaccio numero uno del luna park. Ché se dovessero votare per quel che la Sinistra propone, a parte i migranti e i salvataggi in mare e la Nave Jonio, sulla quale ha navigato anche Nicola Fratoianni, una delle facce note della lista della Sinistra, non gli si scalderebbe il cuore. Riduzione dell’orario di lavoro? Ma come, proprio ora che l’orario di lavoro si è disintegrato, per almeno la metà di chi lavora, in schegge e precariato? La “patrimoniale”? Ma come, proprio ora che i “patrimoni” viaggiano nell’iper-spazio finanziario, invisibili ai comuni mortali e spesso anche a chi ci traffica? Come se vivessimo nell’altro secolo, come se la Sinistra cercasse eternamente i voti di chi in quella cultura di sinistra, visione del mondo, fosse nato e cresciuto e ahimé diventato anziano. O almeno io la penso così, nessuno si offenda, credo che la sinistra abbia perso l’ultimo treno una quindicina di anni fa, quando il reddito di cittadinanza era un’idea sovversiva del movimento di Genova e Porto Alegre, proprio contro la frammentazione del lavoro, il disastro climatico e naturale ci era ben chiaro, la globalizzazione aveva ridotto gli stati nazionali a luna park quasi ininfluenti (a parte la funzione di guardiano e poliziotto, come diceva nel ’95 il subcomandante Marcos, ricordate?). E così via. Cioè le avevamo viste tutte, le novità del secolo successivo, ma la sinistra si è tappata occhi e orecchie.
D’altra parte, mi dico, anche Nicola Fratoianni e Maurizio Acerbo, per fare solo due nomi, sono persone a cui voglio bene. Nicola, ragazzo coraggioso a Genova, e Maurizio l’amante del beat americano, ma diavolo, mi dico, perché non abbandonano il porto apparentemente sicuro (a proposito di porti, appunto) e migrano altrove, avrebbero la cultura per dire: ma sì, cazzo, noi i migranti li vogliamo qui, certo, perché sì, bisogna aiutare l’Africa a non morire di sete, di fame e di guerre, aiutarla per davvero, a cominciare da qui, dove c’è chi ha la capacità predatoria di rubare risorse naturali, di imporre un’agricoltura di rapina, di vendere loro le armi ecc. Ma dovete capire, cari elettori, direbbero Nicola e Maurizio e molti altri, che il destino dell’Europa non è bianco e cristiano, non più, noi saremo un continente meticcio, in cui capita che il sindaco di Londra sia figlio di un tranviere pachistano, per esempio, e naturalmente costerà fatica, frizioni e scontri, ma sarà bello, vivere in un posto in cui si incrociano, si amano e fanno figli ecc., persone di molte provenienze, culture e religioni, come già capita in Francia e in Germania, per dire.
Ecco, il giorno in cui la Sinistra, o come si chiamerà, farà questo discorso sfacciato, esattamente l’opposto delle volgarità di quasi tutti gli altri, allora voterò con convinzione per loro e non solo per Sandro Medici. Perché, come diceva quel tale, c’è modo e modo di perdere.