Chruščëv fu molto attivo sul piano delle relazioni internazionali, anche se con risultati spesso amari e deludenti. Fu in ogni caso un grande uomo di pace, assai più del co-protagonista John Kennedy, che ha regalato al mondo la guerra del Vietnam, l’invasione e poi l’embargo di Cuba.
Il suo iperattivismo non fu risolutivo come non fu decisiva la sua denuncia del culto della personalità; e se le proteste operaie in Germania dell’Est, in Polonia e nella stessa Russia furono precedenti al XX Congresso, la rivolta ungherese venne dopo come segno che le due questioni viaggiavano su binari diversi: l’insofferenza per un dominio sentito come straniero da una parte e il disgelo russo dall’altra.
Tornando alle questioni internazionali, i maggiori conflitti dell’epoca Chruščëviana, dopo quelli dello spionaggio con gli U2 nei cieli della Russia, furono la crisi dei missili a Cuba e, a stretto giro, quello legato alla costruzione del muro di Berlino. In entrambi i casi, l’URSS e il blocco comunista si trovarono lontani dal grande movimento che andava sviluppandosi sotto la guida dei leader del terzo mondo: Tito, Sukarno, Nehru, Sihanouk e la coppia Mao-Chou-en-Lai. Il Movimento dei Non Allineati aveva preso quel nome a beneficio della stampa, ma avrebbe potuto anche prenderne un altro in considerazione del fatto che ne facevano parte a pieno titolo la Cina comunista e Cuba.
La dottrina della coesistenza pacifica – che era comunque una dottrina di pace -allontanava l’Unione Sovietica dalle forze rivoluzionarie e indipendentiste con le quali paradossalmente finivano per essere più solidali i cosiddetti Non Allineati. Il Vietnam del Nord si sentì abbandonato a seguito della soluzione di compromesso di fatto imposto dall’URSS nel quadro delle trattative di Ginevra del 1954, e anche le forze rivoluzionarie degli Stati Uniti – il movimento negro che con le Black Panthers si andava organizzando su nuove basi– si sentirono abbandonati dall’URSS.
L’idea stessa della coesistenza pacifica non fu mai neanche presa in considerazione da nessuno dei governi americani che si succedettero nell’epoca di Chruščëv; da Eisenhower a Kennedy, fino a Johnson. L’operazione politica più vicina al successo, tra quelle imbastite da Chruščëv sul piano internazionale, fu probabilmente il tentativo di trasformare il Palazzo di vetro in una vera sede di confronto e di dialogo tra i potenti della terra, in grado di discutere e risolvere i problemi come se si trattasse davvero di quel governo supernazionale che Roosevelt aveva immaginato quando lo aveva proposto a Stalin e a Churchill.
Questo accadde quando il 2 settembre 1960 a Mosca venne annunciata la composizione della delegazione sovietica alla XV Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Già nel 1959, su invito del Presidente degli Stati Uniti Eisenhower, Chruščëv aveva fatto una lunga visita nel paese, densissima di impegni e di incontri. Una visita che aveva destato scalpore e interesse.
Chruščëv, il comunista n° 1, nell’attraversare in lungo e in largo un paese profondamente permeato da un maccarthismo anticomunista tanto violento quanto stupido e ignorante, aveva dato forse il meglio di sé, in un viaggio che durò dal 15 al 27 settembre 1959: una durata inconsueta per la visita di un capo di stato e per di più di uno stato che stampa, televisioni, governo e opinione pubblica in genere dipingevano come il regno del male.
In quei quindici giorni l’attenzione, non solo di americani e sovietici ma di tutto il mondo, si concentrò sulla personalità e sull’instancabile attivismo del capo sovietico. Agli americani comuni piacquero l’approccio diretto, il dinamismo, l’energia, la laboriosità, l’arguzia, l’umorismo grossolano e la semplicità di Chruščëv.
Chruščëv non si smarrì in nessuna circostanza e davanti a nessun pubblico1 e in più di un’occasione accettò un confronto diretto, anche con una stampa ostile, se non provocatoria, rispondendo anche alle domande più sgradevoli senza smarrire la verve polemica per cui andava famoso fin dai tempi di Stalin, se necessario in modo grossolano. “Se mi gettate tra i piedi dei topi marci – disse – anch’io sono capace di ripagarvi col lancio di gatti morti”. Insistette sui temi della pace e del disarmo e parlò all’ONU davanti ai rappresentanti di più di ottanta paesi, toccando anche problemi di attualità impellenti come il riconoscimento della Cina all’ONU e del trattato di pace da concludere con la Germania: trattato che non fu mai concluso, né allora, né mai.
Discusse di politica, di industria e di agricoltura e le discussioni più aspre furono probabilmente quelle con i sindacalisti dell’AFL-CIO, i più conservatori, sciovinisti, guerrafondai e anticomunisti tra tutte le delegazioni incontrate.
Rientrato a Mosca, il 27 settembre dopo la lunga permanenza a New York per partecipare personalmente a tutte le sedute dell’Assemblea annuale della Nazioni Unite, il giorno dopo ripartiva per la Cina che festeggiava il X anniversario della fondazione della RPC.
Nell’intermezzo tra i due viaggi in America c’era stato l’incidente dello spionaggio aereo sulla Russia e della cattura del pilota americano Gary Powers. Eisenhower avrebbe dovuto ricambiare la visita di Chruščëv visitando l’URSS dal 10 al 19 giugno 1960, ma il 1° maggio 1960 un aereo spia americano che sorvolava l’URSS all’altezza di 20.000 metri era stato abbattuto da un missile e il pilota era stato catturato vivo e illeso.
Eisenhower si rifiutò di promettere che i voli spia sarebbero stati interrotti e di fronte a quel gesto arrogante e poco diplomatico i sovietici dichiararono che in quelle circostanze non potevano accogliere il presidente americano con la dovuta ospitalità2.
In quell’anno Chruščëv aveva continuato il turbinìo di visite di stato che aveva caratterizzato la sua leadership e fu di nuovo in India e in Indonesia e poi in Francia, dove De Gaulle aveva ripreso il potere nel 1958.
Si era così arrivati 2 settembre 1960 quando fu annunciato che, alla testa della delegazione sovietica alla XV Assemblea Generale dell’ONU, ci sarebbe stato lo stesso Chruščëv e non per fare un discorso di rappresentanza, ma con il programma di seguire per tutta la durata l’Assemblea stessa, cosa del tutto inusuale per i capi di stato e di governo che fino ad allora avevano presenziato a quel tipo di assemblee. La delegazione sovietica sarebbe stata composta da Gromiko, Zorin, Vinogradov e Soldatov.
Il 9 settembre a Kaliningrad, Chruščëv s’imbarcò sulla nave Baltika insieme alla delegazione ucraina, guidata da Podgorny, a quella bielorussa, guidata da Mazurov, all’ungherese con Kadar, la bulgara con Zivkov e quella rumena guidata da Gheorghiu-Dej. Verso metà mese, quando la Baltika era in mezzo all’Atlantico, le cancellerie di mezzo mondo cominciarono ad agitarsi.
Decisero di essere presenti a New York il polacco Gomulka, l’albanese Shehu, lo jugoslavo Tito e poi Seku Turè della Guinea, il re di Giordania, il Presidente dell’India Nehru, Fidel Castro e N’krumah del Ghana, Sukarno e Nasser, insieme a molti altri leader afro-asiatici3.
Sotto la pressione dell’opinione pubblica dei propri paesi decisero di partecipare anche Mac Millan per la Gran Bretagna e i leader di Australia, Canada e Nuova Zelanda.
Eisenhower comunicò indispettito che avrebbe pronunciato un discorso nella seduta di apertura, ma il governo americano vietò a Chruščëv e a Fidel Castro di varcare i limiti dell’Isola di Manhattan.
Il 19 settembre, Chruščëv sbarcò a New York e per prima cosa si recò a far visita a Fidel Castro che alloggiava in un modestissimo albergo di Harlem con tutta la sua delegazione.
Il 1960 era un anno davvero speciale per le Nazioni Unite: entravano a farne parte 20 nazioni africane che avevano appena conquistato l’indipendenza, tutte presenti con i loro capi di stato. Fu in quell’occasione e con la presenza programmata per tutta la durata dei lavori che Chruščëv tentò di forzare la mano agli occidentali e di fare delle Nazioni Unite un vero organo di soluzione dei problemi mondiali, un organo di governo. Non andò così, il tentativo non fu mai ripetuto, ma in quei giorni le cancellerie occidentali furono terrorizzate dall’idea che Chruščëv riuscisse a ribaltare il tavolo del dominio mondiale, anche a scapito della superpotenza russa.
Luciano Beolchi
- Per un resoconto dettagliato si veda Faccia a faccia con l’America.[↩]
- Roy Medvedev, Ascesa e caduta di Nikita Chruščëv, Editori Riuniti, 1982, pag. 223. In quella stessa occasione fu cancellato il vertice previsto a Parigi tra i capi di stato delle ex potenze alleate.[↩]
- Non c’era la Cina solo perché i veti occidentali impedivano il suo accesso.[↩]
2 Commenti. Nuovo commento
Mi fanno sempre piu’ piacere questi articoli storici di Transform. Ristudiare la storia precedente al mio impegno politico, iniziato negli anni 70, colma una lacuna a volte di superficialita’ con cui la cultura 68ina e 77ina liquidava l’URSS. Come comunisti dobbiamo farci carico di tutta la storia del movimento operaio, altrimenti ci imbarcheremo a fare acqua con le mezze cartucce che ci sono ora
Grazie a te per il commento. In effetti crediamo anche noi che sia doveroso di farsi carico di tutta la storia del movimento comunista. La vicenda della RDT è emblematica: un piccolo paese che era riuscito a diventare una delle potenze industrialimondiali, all’avanguardia sul terreno sociale e dell’emancipazione femminile, l’unico in Europa il cui nel 1960 si parlava di diritti LGBT ridotto alla Stasi, alla Trabant e al muro!