Come è noto a chi si è occupato di acquisti sostenibili, l’Italia, negli anni passati, ha raggiunto una posizione di rilievo a livello europeo e internazionale nello sforzo di far applicare criteri di sostenibilità (ambientale e sociale) negli acquisti pubblici, grazie al lavoro sul GPP (acronimo che sta per green public procurement) e alla emanazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM).
Il lavoro fatto dalla struttura del Ministero dell’Ambiente nel decennio passato ha portato alla definizione di tali criteri per numerosi gruppi di prodotti e servizi, e all’obbligo di applicarli definito nel vigente codice degli appalti (dlgs n.50/2016).
Ma, evidentemente, questa eccellenza ambientale dell’Italia non era gradita ad alcune influenti categorie di operatori economici e, soprattutto non è gradita ad alcune forze politiche dell’attuale Governo. Ciò non è certo dovuto alla difficoltà di applicare questi criteri da molte stazioni appaltanti (difficoltà spesso dovuta, più all’impreparazione delle strutture deputate a costruire i bandi di gara, che alle difficoltà di selezionare degli operatori economici in grado di offrire prodotti adeguati), ma dalla scarsa propensione di alcune categorie di operatori economici a confrontarsi sulla qualità del proprio prodotto o servizio, preferendo la competizione sul prezzo.
Infatti, nonostante il tema dei Criteri Ambientali Minimi fosse richiamato nei criteri contenuti nella legge delega al governo per la revisione del codice appalti, nell’attuale bozza di decreto legislativo che dovrebbe elaborare la revisione del Codice appalti, attualmente presso il Ministero delle infrastrutture (il cui Ministro è il Segretario della Lega), il comma 2 dell’articolo 57 (che doveva contenere i riferimenti ai Criteri Ambientali Minimi) è sparito! Ciò nonostante siano rimasti (forse per sbadataggine) altri articoli in cui si richiamava tale comma 2 con il riferimento ai Criteri Ambientali Minimi!
Insomma sembra proprio l’intervento della solita “manina” premurosa vogliosa di difendere gli interessi di quegli operatori economici e di altri soggetti, infastiditi dall’obbligo di dover rispettare criteri ambientali e sociali nella fornitura di beni e servizi alla pubblica amministrazione e al Paese intero. Avanti così per la transizione ecologica e per combattere la crisi climatica.!
Riccardo Rifici