intersezioni femministe

Cambiare è possibile? L’intervento con gli autori di violenza

di Silvia
Dradi

La maggior parte degli uomini che usano violenza afferma di avere  un problema, sebbene riesca a negare con forza la violenza che ha commesso (M. Rakil, Direttore di Alternative to violence-ATV, Oslo)

La Svolta è un’associazione fondata nel 2018 che attua programmi rivolti agli uomini adulti  autori/potenziali autori di reato di violenza domestica, sessuale e di genere a Bergamo e in tutta la  Provincia.
Nasce dall’esperienza storica del Centro Antiviolenza Aiuto Donna-Uscire dalla Violenza di  Bergamo, nato oltre 25 anni fa e dalla scelta di promuovere un percorso formativo comune e  collettivo di uomini e donne.
L’eredità del lavoro con le vittime di violenza dà quindi un’impronta fondamentale alla costituzione della metodologia di lavoro de La Svolta, insieme all’esperienza dei primi CAM-Centro Ascolto  Maltrattanti- italiani (il primo a Firenze nel 2009) nati sulla base delle Linee Guida della rete  europea WWP-EN (Work With Perpetrators).
La formulazione del percorso psicoeducativo e organizzativo del centro è pertanto in gran parte il  risultato di riflessioni maturate durante il lungo percorso formativo e collettivo svoltosi con il CAM  di Ferrara, uno tra i primi centri nati in Italia e con il CAV Aiutodonna, nel corso del 2017 e del  2018 (ben prima quindi della legge sul cosiddetto Codice Rosso).
In questo senso La Svolta si posiziona e assume, sul territorio bergamasco, una funzione sociale e  culturale rispetto alla lettura e allo sguardo sulla cultura dominante fondata sull’ordine simbolico  maschile, riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, la sua normalizzazione e replicazione nel sistema culturale patriarcale.

Oggi si utilizza l’acronimo CUAV che definisce i “Centri per Uomini autori o potenziali autori di  violenza di genere” regolamentati dall’Intesa Stato Regioni (Repertorio atti n. 184/CSR del 14  settembre 2022).
Al fine della completezza dell’informazione su La Svolta aggiungo un aspetto significativo: in 6  anni di attività NON abbiamo ricevuto nessun finanziamento pubblico! Un dato significativo  considerato che Regione Lombardia SOLO nel 2024 ha demandato alle ATS territoriali (l’avviso  pubblico si è chiuso in ottobre) la selezione dei centri con la valutazione dei requisiti per il lavoro  con gli uomini autori di violenza.
Riconosciamo al Comune di Bergamo l’attenzione verso la nostra associazione con l’assegnazione  di una sede comunale.

In Italia il lavoro con gli autori di violenza ha una storia molto recente.
La “Convenzione del Consiglio d’Europa” sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne  e la violenza domestica (“Convenzione di Istanbul”, 2011) entrata in vigore in Italia nel 2014,  impone, con l’art. 16, a tutti gli Stati membri, di attuare programmi volti ad incoraggiare gli autori  di violenza ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali. Come esplicitato  nel “Preambolo della Convenzione del Consiglio d’Europa” i programmi per gli autori di violenza  si basano sulla convinzione che sia possibile intraprendere un cambiamento, poiché la violenza  nella maggior parte dei casi è un comportamento appreso e una scelta, che si possono modificare attraverso l’accompagnamento e la responsabilizzazione.
Identifica quindi in questi programmi una delle principali misure preventive fondamentali per una  risposta coordinata alla violenza e integrata al sistema di sostegno per le “sopravvissute”: il termine  “sopravvissute” è stato adottato nelle “Linee Guida” che stabiliscono standard europei per i programmi per autori di violenza (2023) Nel documento citato “sopravvissuta” si riferisce a donne  e bambinə.
Una legge nazionale riconosce oggi la necessità del lavoro con gli autori e la necessità di implementare standard chiari e definiti per questi programmi.
Nel 2014 nasce la “Rete Nazionale Relive” (Relazioni Libere da Violenza) di cui La Svolta è socia, Ente del terzo settore, cui aderiscono organizzazioni italiane che lavorano con gli autori da  almeno 3 anni con l’obiettivo principale di migliorare la sicurezza di donne e bambinə,  promuovendo un lavoro responsabile e coordinato che soddisfi gli standard di qualità a livello  internazionale e che adotti una prospettiva di genere.
Il punto centrale degli standard europei per il programma degli autori è il forte impegno per la  sicurezza e il benessere delle sopravvissute, nella consapevolezza che programmi efficaci devono  integrare costantemente le prospettive delle donne che hanno subito violenza. La Svolta si ispira all’esperienza storica del modello del “entro ATV/ Alternative To Violence” di  Oslo (1987), ritenuto il più innovativo anche per il nostro territorio di Bergamo e Provincia. Il  modello di Oslo è stato il primo in Europa a ottenere importanti risultati nell’ambito del  cambiamento dei comportamenti maschili violenti perché riconosce gli assunti di base del  movimento delle donne che ha progressivamente richiamato il mondo maschile alla responsabilità  dei propri comportamenti violenti.
Combina pertanto l’analisi femminista della violenza domestica – dovuta ad uno squilibrio di potere tra i sessi (approccio socioculturale)- con una lettura di tipo psicoeducativo riferita alle  caratteristiche individuali del soggetto che agisce violenza.
I principi di base sono:

  • l’identificazione della violenza come problema, legata alla struttura di potere;
  • la violenza è specifica di un genere;
  • l’autore di violenza è responsabile del proprio comportamento violento;
  • la consapevolezza che la violenza è sempre pericolosa e danneggia chi la subisce;
  • la violenza non è cieca;
  • la violenza in famiglia è anche violenza contro i/le figli/e;
  • la violenza è gerarchica (sempre legata alla struttura e ai sistemi di potere / diretta verso chi si ritiene inferiore);
  • la violenza è ciclica (e transgenerazionale);
  • la violenza è un reato;
  • la violenza non è una malattia e non dipende dall’uso di sostanze.

In relazione a questi principi, gli autori o potenziali autori sono tenuti a seguire un percorso di presa di coscienza di sé che si sviluppa in 4 distinte fasi:

  1. focus sulla violenza: attenzione incentrata sulla ricostruzione dettagliata degli episodi di violenza agita, ripercorrendo i comportamenti nella sequenza di pensieri,
  2. azioni ed emozioni dell’adulto autore/potenziale autore di reato;
  3. focus sulla responsabilità: attenzione incentrata sull’assunzione di responsabilità della violenza  agita, attraverso la revisione critica degli atteggiamenti difensivi (negazione, minimizzazione,  giustificazione, colpevolizzazione della donna, ecc.) e sull’analisi delle scelte e delle intenzioni;
  4. focus sulla storia e le esperienze personali dell’uomo, sul modello di socializzazione familiare e  relazionale;
  5. focus sulle conseguenze : riconoscimento degli effetti della violenza, le gravi conseguenze sui  sentimenti e le reazioni della partner o ex e dei figli/e, sulla loro salute e sullo stimolare empatia con il dolore delle vittime; sviluppare la percezione e la consapevolezza degli effetti dannosi sulla  funzione genitoriale, sul percorso di crescita e sullo sviluppo psicofisico dei/delle bambini/e; si  elaborano strategie personali perchè non si inneschino i processi interiori che portano al  comportamento violento e si lavora sulla motivazione paterna in senso prospettico.

Sviluppare la consapevolezza di sé, dell’altro/a e della relazione, consente di migliorare la gestione  degli impulsi, degli stati affettivi ed emotivi negativi e distruttivi, e di ampliare il repertorio di  capacità e strumenti relazionali costruttivi e cooperativi.
Riteniamo che i modelli “unicausali” offrano una lettura parziale delle cause della violenza e  corrano il rischio di veicolare percorsi terapeutici ed assistenziali che non riconoscono l’importanza  di favorire l’assunzione di responsabilità dell’uomo. In una prospettiva ecologica, invece, il  maltrattamento rappresenta una risposta sbagliata al tentativo di dare un senso agli eventi di crisi,  nell’illusione di mantenere il controllo del potere e dell’imprevedibilità. Il modello ecologico  dell’OMS (2002) evidenzia quindi come nessun fattore sia in grado di spiegare da solo perché un  individuo sia più violento di altri e dà rilievo a fattori protettivi e di rischio come variabili che, combinandosi, massimizzano o minimizzano la probabilità di agire violenza nel corso della vita e che attengono al livello individuale, relazionale, comunitario e sociale.

La sequenza dell’intervento de La Svolta è anch’essa determinata e precisa, e prevede una durata di  12 mesi. Il percorso è composto da fasi chiaramente definite:

  1. fase di accoglienza:
  2. fase di valutazione (3 colloqui individuali);
  3. fase centrale di lavoro: colloqui individuali di approfondimento. Inserimento nei 2 gruppi  psicoeducativi settimanali;
  4. fase di chiusura;
  5. fase di follow up.

In conclusione lascio alcune riflessioni e domande aperte, a distanza di 6 anni di intenso lavoro con  gli autori di violenza e di sensibilizzazione e formazione sui nostri territori (dalle scuole, ai quartieri, alle aziende, alle associazioni locali, alle amministrazioni locali e provinciali nelle reti interistituzionali antiviolenza…).

  • Oggi è ancora difficile chiamare la violenza con il suo nome nelle varie forme in cui si esprime:  Il primo atto rivoluzionario è chiamare le cose con il loro nome (Rosa Luxemburg).
  • Nessun approccio neutro è ammissibile ne La Svolta quando si affronta la violenza nelle  relazioni affettive.
  • Quali sono le domande da porci? Oltre quelle sbagliate quali: “perché lei non se ne va”?
  • I dati del CAV di Bergamo (centro antiviolenza Aiutodonna) ci dicono che ogni mese circa  30donne chiedono aiuto; al Centro La Svolta ogni mese arrivano circa 4 uomini.
  • Sono ancora pochissimi gli uomini che chiedono spontaneamente aiuto quando sono in difficoltà,  spesso sono le loro partner che li spingono a chiamare il Centro (a parte quelli inviati dall’autorità  giudiziaria e “obbligati” dalle sentenze del codice rosso).
  • È necessario e urgente alzare l’attenzione sulla genitorialità dei padri che hanno agito violenza e  sui minori che hanno assistito al maltrattamento delle loro madri.
  • Abbiamo bisogno di uomini che acquisiscano consapevolezza e cambino insieme ad altri Uomini  il modello maschile dominante: c’è una responsabilità maschile collettiva, di genere, se ancora oggi  violenza di genere e domestica sono stabili (se non in aumento) e di certo non sono diminuiti, e se  non dominano pratiche quotidiane costanti orientate alla parità tra i generi e al rispetto della donna  dimensioni della vita).
  • Sappiamo che l’identikit dell’uomo violento corrisponde a un “signor qualunque” e può riguardare qualsiasi individuo: disoccupato, operaio, impiegato, professore, medico, avvocato. • La caratteristica che accomuna indistintamente tutti gli uomini che hanno agito violenza è il loro  modo di pensare e vedere la donna come un essere inferiore che non ha diritto all’autonomia e alla  libertà e di pensare se stessi come legittimati a controllarla, dominarla e possederla.
  • Siamo la “banalità del male”, dice un uomo in percorso (cit. nel libro di Alessandra Pauncz “Da  uomo a uomo.Uomini maltrattanti raccontano la violenza”, Erikson, 2015) parafrasando H. Arendt.
  • Oggi sappiamo che chi partecipa ad un percorso di “recupero” in gruppo e supera le difficoltà  delle prime fasi partecipando con continuità al percorso, di solito interrompe la violenza fisica e  avvia una riflessione su di sé.
  • La letteratura scientifica internazionale conferma in molti studi che la recidiva diminuisce in modo significativo per chi ha concluso questi percorsi, mentre rimane alta e certa per chi non beneficia di alcun percorso.
  • Il gruppo settimanale non è un setting terapeutico e non è uno spazio di soluzioni, ma apre ad una  revisione critica dell’uomo su se stesso (mai fatta prima)

Con il riferimento al termine “uomini autori di violenza” (Commissione parlamentare di inchiesta  sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, Senato, febb. 2022) si sottolinea che il termine “autori di violenza” è preferibile a quello di “uomini violenti” o “maltrattanti”, in quanto  implica “la possibilità di lavorare sui comportamenti, provocandone un cambiamento.
Le campagne di prevenzione devono iniziare a parlare agli uomini, dopo un silenzio di decenni. La Svolta ha promosso una campagna di comunicazione con tre manifesti che ritraggono un uomo  davanti allo specchio. Alle sue spalle una donna e con messaggi chiari ed efficaci: “Non voglio che  lei abbia paura di me”; “Insulti, umiliazioni, minacce: voglio smettere”; “Le ho messo le mani  addosso; non voglio più farlo”.
Come femminista dalla nascita, militante insieme ad amiche e compagne, ho assunto con sfida e  urgenza questo investimento rivolto agli autori e potenziali autori di violenza. Lo devo a me stessa, a tutte le donne che mi hanno preceduto nei secoli e a quelle attuali che scelgo  accanto a me in questa vita.

Ho trovato compagni di sfida che ogni giorno, con fatica e responsabilità, risvegliano la loro  attenzione sulla maschilità che interpretano per sperimentare nuove narrazioni e modalità di stare al  mondo, oltre le fragilità e le paure e oltre i meccanismi del controllo, del potere e del privilegio di  genere.
Scegliere di cambiare è possibile!

Silvia Dradi, femminista, cofondatrice e operatrice dell’Ass. La Svolta, Bergamo

Articolo precedente
Aprire la porta del dire, chiudere quella dell’agire
Articolo successivo
Verso il 25 novembre

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.