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Berlino è condannata a diventare e non essere mai

di Roberto
Musacchio

Berlino è condannata a diventare e non essere mai, è il titolo, quanto mai significativo, del bel docufilm realizzato da Paola Guazzo e Maurizio Spagliardi (che ringraziano tra gli altri Paola Giaculli). L’ho potuto vedere in anteprima in giorni come questi pieni delle elezioni tedesche. Vedere questa opera aiuta a capire ciò che succede in questa “città condannata” più di mille analisi politiche.

Il docufilm in realtà è parte dello scorrere di Berlino. Lo scorrere delle resistenze contro la corrente della gentrificazione e del profitto che vorrebbe fare di Berlino una capitale come le altre. Berlino non è e non può essere così. Non è la città merce ma la città vita. Ci dicono, dice una delle tante voci protagoniste dell’ora e più di racconto, che, siccome siamo in ristrettezze dobbiamo pensarci sexy: ma essere poveri non è sexy. Anche perché la povertà cui si vuole condannare la città, nata dalle acque della palude, com’è l’etimologia di Berlino, al contrario del cielo di Wenders, è di esistenza, di arte e cultura, di libertà. Ed è l’altra faccia della sfrenata corsa ai profitti privati che tutto ingoiano e travolgono. Ad Est, prima dell’89, tutte le case erano pubbliche. Ad Ovest, tantissime anche per invogliare a vivere li sulla frontiera. Ora quasi tutto è stato privatizzato, l’Ovest si è mangiato l’Est, ci sono proprietari di migliaia di alloggi, i prezzi sono alle stelle. Le nuove architetture cancellano storia e vite. Le autostrade urbane fanno macerie. La sofferenza psicologica cresce. L’arte fatica a non essere mercificata. Anche il queer può essere oggetto di washing. Nessuna nostalgia nel vecchio punk dell’Est ma voglia di dignità per la sua vita che volge al termine. Tante e tanti attiviste e attivisti che raccontano resistenze e anche vittorie, come la difesa della vecchia casa queer. Politici da cui capisci perché la Linke è andata bene alle elezioni, è prima a Berlino. E la Spd invece va male, amministrando Berlino con la Cdu e non riuscendo a far rispettare neanche il referendum per l’uso sociale dei grandi patrimoni immobiliari. Mi auguro veramente che possa essere visto da tantissimi, come opera allo stesso tempo politica e culturale.

Roberto Musacchio

 

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