unione popolare

Assemblea di UP a Roma: il bilancio di un anno

di Stefano
Galieni

Un caldo torrido, tempi stretti di convocazione, la difficoltà a garantire il collegamento da remoto, non hanno impedito la sostanziale riuscita dell’incontro pubblico attraverso cui Unione Popolare ha aperto la propria fase costituente. Ad un anno esatto dall’assemblea che lanciava nome e simbolo, c’è stato modo di fare in parte il bilancio del lavoro svolto finora e di provare a definire le prospettive future. L’incontro, a cui hanno partecipato, all’inizio, in presenza, oltre 300 compagne/i, (in tante/i hanno seguito invece da remoto), si è svolto nel circolo Arci Concetto Marchesi, periferia est di Roma, spazio in quei giorni utilizzato da una delle componenti di UP, Rifondazione Comunista, per svolgere la sua festa provinciale. L’accoglienza fornita dalle compagne e dai compagni impegnati nella festa, si è rivelata fondamentale per garantirne la riuscita e di ciò va sicuramente ringraziata la Federazione di Roma, Castelli e Litoranea del PRC, che si è messa a disposizione. Farne una cronaca è semplice quanto riduttivo: la mattinata è iniziata cona un’introduzione del portavoce Luigi de Magistris, ed è proseguita con relazioni dei gruppi di lavoro attualmente operanti: organizzazione, comunicazione, manifesto politico nonché delle campagne di cui UP si è fatta protagonista: salario minimo indicizzato di 10 euro orari, contrasto alla guerra e al riarmo, iniziative per fermare il disegno di legge Calderoli con cui si intende rendere effettiva l’autonomia regionale differenziata, difesa dei diritti delle donne e degli uomini bloccati ai confini della Fortezza Europa e contro quello che ormai possiamo chiamare “migranticidio”. In concreto, i primi gruppi hanno: annunciato che a strettissimo giro sarà possibile aderire e partecipare alla vita di Unione Popolare, iscrivendosi ad una apposita piattaforma informatica, che crescerà l’impegno per garantire una strategia comunicativa efficace, impiegandovi maggiori risorse, sia in termini di investimento economico che di valorizzazione delle competenze, e sono state rese pubbliche le linee guida di un manifesto che sarà reso pubblico, su cui convergere per aderire a questo nuovo spazio politico. È in fase di definizione una bozza di statuto, che dovrà essere vagliato dalle/gli aderenti e che costituirà il quadro di regole su cui UP fonderà il proprio progetto. Rispetto al salario minimo è già in fase avanzata la raccolta firme per una LIP (Legge di Iniziativa Popolare), da portare in parlamento con una proposta strutturalmente diversa da quelle che, tardivamente, sono state lanciate dalle forze di centro sinistra presenti in parlamento. Il contrasto alla guerra potrebbe, come è emerso da molti interventi, divenire l’elemento strategico di aggregazione di UP. In termini di mobilitazioni, c’è intenzione di promuoverne una in autunno, in cui chiedere la presenza di tutte le forze pacifiste, e in prospettiva, anche come percorso aperto all’universo pacifista, con cui costruire una presenza forte e significativa verso le elezioni europee del giugno prossimo. Sull’autonomia differenziata, in qualsiasi forma la si provi anche a presentare, si promuoveranno iniziative e mobilitazioni in vista dell’appuntamento lanciato per il 30 settembre prossimo, anche dalla Cgil e che si contribuirà a far divenire imponente. Sul fronte immigrazione, Unione Popolare, oltre che a mantenere, come per gli altri temi citati, una radicale alternatività alla storia e alle proposte dei poli esistenti, ha esplicitato la propria adesione all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), promossa da “Stop border violence”, e che prevede la raccolta di almeno 1 milione di firme in tutta Europa, in un anno, a partire dal 10 luglio, affinché venga realmente rispettato l’articolo 4 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali, con cui si vieta di determinare trattamenti inumani e degradanti, verso chi emigra, sia nei paesi di confine dell’UE, sia in mare, che all’interno della stessa Unione.

Nel pomeriggio c’è stato invece un dibattito vero e proprio in cui hanno preso la parola esponenti delle diverse sensibilità di UP nei territori ma in cui ci sono stati anche salutari interventi esterni, ad esempio un esponente di Ultima Generazione ed uno della Comunità palestinese in Italia. Le conclusioni sono state affidate alla compagna di ManifestA, Simona Suriano.

Fin qui i fatti.

Certamente l’incontro avrebbe necessitato di una più accurata preparazione ma il bicchiere va considerato mezzo pieno. Intanto il percorso di costruzione di Unione Popolare va avanti, ora si dovrà fare in modo, soprattutto attraverso la campagna di adesione, le mobilitazioni e la generalizzazione del radicamento nei singoli territori, si riattivi l’entusiasmo con cui UP era stata accolta lo scorso anno. Quello che va creato è, secondo tutte/i, uno spazio ampio e accogliente, in cui sia rispettata l’autonomia delle forze organizzate che ne fanno già parte ma che contemporaneamente permetta una partecipazione attiva di soggettività individuali e collettive oggi senza reale rappresentanza. Nella forsennata campagna elettorale della scorsa estate, in quelle legate alle tornate amministrative, nei momenti di mobilitazione, ne sono state intercettate di intelligenze, istanze, competenze, trattasi ora di fare in modo che queste si attivino o si riattivino, in un processo da definire con l’apporto di tutte/i e il cui potenziale non può esprimersi unicamente con l’approssimarsi delle scadenze elettorali, ma deve trovare ragion d’essere nelle tante domande inevase, grandi o piccole, presenti nel Paese.

L’incontro di domenica scorsa è stato soprattutto un momento di passaggio per numerose ragioni. Non erano fisicamente presenti, compagne e compagni di molti territori e non c’erano le condizioni per assumere decisioni, in particolare di carattere organizzativo, senza un confronto più approfondito. Questo potrà avvenire in autunno, quando si intende realizzare la fase costituente che passerà per l’approvazione, non solo di uno statuto, ma con la costruzione di organismi eletti e non autonominati, quale è adesso è il Coordinamento provvisorio. Realizzare il radicamento territoriale di UP dovrà permettere di eleggere gruppi dirigenti locali e nazionali, di definire una propria democrazia interna, che possa divenire propositiva e capace di ampliare gli ambiti di riferimento dello spazio politico e sociale che si vuole costruire.

Ma le questioni organizzative, sono una parte del lavoro enorme da svolgere. Tornando all’incontro di questa domenica estiva, molti temi che alla nascita di Unione Popolare hanno avuto carattere propulsivo e di condivisione, nella discussione hanno trovato pochissimo spazio. In primis l’infinita problematica delle questioni ambientali, dal riscaldamento globale, alla crisi climatica, al dissesto idrogeologico all’insistere, da parte di amministrazioni di centro destra e di centro sinistra, in impianti inquinanti per lo smaltimento dei rifiuti. Il tema è stato citato unicamente in alcuni interventi, come quello di UG oppure per alcuni suoi effetti come l’aumento dei rifugiati ambientali e la diminuzione degli spazi abitabili nel pianeta, mentre la centralità ambientalista del nuovo spazio politico dovrà trovare maggiori spazi per sostanziarsi. E poco o quasi nulla si è riusciti a parlare della profonda crisi democratica italiana ed europea, connessa tanto all’avanzata delle destre peggiori, quanto nella riduzione degli spazi di reale agibilità politica per le classi più disagiate. Non si sono approfonditi i temi della giustizia, delle diseguaglianze sociali, dell’autoritarismo imperante, del sessismo e dei continui attacchi portati ai diritti delle donne. Non c’è stato praticamente quasi modo di parlare di cultura, di ragionare non solo in termini di difesa del poco rimasto in termini di diritti e di servizi essenziali, ma di ricostruzione di concrete e radicali proposte di alternativa di vita.

Certo, ci sono stati i continui e sacrosanti richiami alla attuazione della Costituzione, non quella già deformata da chi negli anni, di centro destra o di centro sinistra, ha provato ad adeguarla ai dogmi neoliberisti, ma come hanno detto in molti, fra tutti Luigi de Magistris e Maurizio Acerbo, quella del 1948, mai applicata e in cui prevalgono elementi di profonda critica attuale al mondo dominante.

Ma per il salto in avanti, necessario per far divenire Unione Popolare un vero luogo di rielaborazione di conflitto e di critica radicale al modello di sviluppo, occorre, non solo avere tempi di discussione, approcci e modalità, tutti da definire, ma pazienza, disponibilità alla ricerca, all’ascolto, alla messa in discussione anche delle proprie basi. Solo in questa maniera Unione Popolare potrà essere in grado di raccogliere attorno a se quel mondo non domato che potrebbe proporsi come protagonista di una nuova e feconda stagione politica e sociale.

Al percorso di definizione, più stabile e propedeutica, di Unione Popolare, che va immaginata come un continuo work in progress, si può arrivare tenendo si conto degli aspetti organizzativi ma dando altrettanta importanza alla capacità di immaginare e realizzare uno spazio di cultura politica in grado di restare plurale riuscendo però poi a prendere e a mettere in pratica decisioni, di ricercare il confronto senza timore, di guardare al mondo non in condizioni minoritarie, testimoniali o condannate al millenarismo delle poche e dei pochi, ma come reale progetto di nuova egemonia.

Va detto per onestà intellettuale che permangono differenze, diffidenze, visioni e prospettive diverse, soprattutto fra e persino all’interno delle organizzazioni più grandi che hanno contribuito a fondare UP. Starà a chi ne fa parte decidere se questo deve restare ostacolo e fonte di rallentamento alla realizzazione del percorso o se, far prevalere quel 90% di convergenze che accomunano anche coloro che ad oggi sono rimaste estranee e lontane da UP

Unione Popolare ha senso se diviene realmente “Unione” e realmente “Popolare”, se non si chiude in un recinto, se non si lascia prendere da una miope prospettiva di autosufficienza, ma se diventa luogo di sfida in campo aperto, su contenuti non negoziabili, portati avanti da persone credibili e disposte ad un impegno di lunga durata. Le condizioni di partenza, in un paese che sembra perennemente restare passivo di fronte a qualsiasi torto subito, sono forse le peggiori. Ma se invece che dalla rassegnazione o dal fatalismo, dai tanti elementi di autoreferenzialità che spesso esprimiamo, dalla coazione a ripetere, in maniera quasi rituale, strade già sperimentate e già fallite si provasse ad osare e ad andare all’offensiva, anche dalle nostre proposte, di profondo buon senso, potrebbero scoccare le scintille giuste. La storia, come tentano di farci credere da anni, non è finita e il mondo in cui viviamo, quello che si condanna e ci condanna ad una fine orrenda, può ancora essere cambiato. E se di questa esigenza di cambiamento, Unione Popolare riuscisse ad essere un tassello utile e significativo, già varrebbe lo sforzo andare avanti.

Stefano Galieni

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