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Appunti per vivere con l’assenza… verso la festa della liberazione

di Tommaso
Chiti

di Tommaso Chiti – Fra pochi giorni sarà il 75° anniversario dalla vittoria in Italia sulle dittature nazifasciste e in giro c’è parecchia voglia di Liberazione.

La festa almeno nelle sue forme tradizionali, di partecipazione popolare, manifestazioni e musica nelle piazze sarà rivista in forma più domestica e virtuale, per rispondere alle restrizioni delle normative anticontagio. Per questo l’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia ha lanciato l’iniziativa di un flash-mob da finestre e balconi per le 15.00 di sabato 25 aprile.

Se pare ancora presto per parlare di liberazione dal confinamento, come misura precauzionale anti-contagio da Covid19, almeno nella forma di assembramenti pubblici; in vista del prossimo 25 aprile urge interrogarsi su due aspetti di questa situazione paranormale: il continuo accostamento della pandemia ad una situazione di guerra, come ad esempio il secondo conflitto mondiale; e le prospettive per uscire da questa crisi sanitaria in maniera diversa e tale da non riproporre le derive e le iniquità della cosidetta “normalità precedente”, o peggio.

E’ evidente che soltanto la conoscenza del passato, il mantenimento in vita della Memoria di chi si è sacrificata/o per un futuro di libertà, pace e giustizia sociale, può permetterci di uscire anche da questo pandemonio più uniti e solidali. Il pensiero va alle vittime di questa epidemia e a chi si sta adoperando con abnegazione e solidarietà – anche internazionale – per fronteggiare l’emergenza.

A proposito, è doveroso riprendere un passaggio degli ‘Appunti per vivere con l’assenza‘, brano delle ‘Storie Ribelli’ scritte da Luis ‘Lucho’ Sepulveda, che pochi giorni fa è deceduto proprio in conseguenza del virus.

Quelli di cui sentiamo la mancanza, si guardavano negli occhi con fiera tenerezza, con violento affetto, con passione armata di futuro e se noi ne sentiamo la mancanza è perché osavano proporre un’esistenza migliore di quella del gregge.[…]

Ne sentiamo la mancanza perché dicevano che il pane era di tutti oppure di nessuno. Ne sentiamo la mancanza perché accendevano luci nell’oscurità, forti o deboli, non importa, il loro bagliore continua ad illuminarci.”

Così la dedica ai compagni di lotta del Frente Popular di Allende sembra incarnare un omaggio anche alle partigiane ed ai partigiani caduti proprio per la Liberazione da dittature liberticide, oppressive e criminali.

La retorica mediatica delle ultime settimane ha fatto ampio ricorso alla terminologia bellica, ad accostamenti di reparti ospedalieri come ‘trincee’ o di servizi essenziali come ‘linea del fronte’ in un’inopportuna mescolanza evocativa della guerra.

Nonostante la situazione paranormale ed in certi casi davvero rischiosa per la propria incolumità, simili accostamenti sono del tutto inappropriati, dato che banalmente, rispetto alle stragi delle dittature nazifasciste, oggi possiamo sentirci al sicuro nelle nostre case, le città non sono devastate e riusciamo a trovare generi alimentari senza penuria. Il pensiero anzi va a quelle popolazioni già duramente colpite da conflitti armati ed occupazioni militari, come in Rojava, a Gaza, in Libia ed altrove, dove il dramma della pandemia si sta sommando a quello bellico.

Per scovare una prospettiva illuminante, grazie alla quale liberarci davvero da questa situazione e da ciò che può aver contribuito a generarla, o peggio ad aggravarla successivamente, occore smascherare simili mistificazioni che passano anche per il concetto di ‘livellatrice’, come un fenomeno che ci pone tutte e tutti “sulla stessa barca”.

La pandemia scatena infatti il virus dell’autoritarismo, della repressione dei diritti e delle diseguaglianze sociali, con la crescente emarginazione di gruppi di persone dalle protezioni dello stato sociale, accentuando il rischio di impoverimento, infiltrazioni mafiose e risvolti devastanti e predatori di questa crisi, che pure ci ammonisce sulla necessità di uno sviluppo equo- ed eco-sostenibile.

Un riferimento altrettanto utile è quello di preferire insomma beni comuni ai ‘luoghi comuni’.

Ad illuminarci in questa situazione di incertezza, nella quale non solo le generiche ‘fake news‘, ma anche lo sciacallaggio politico ed economico sembrano speculare sull’emergenza sanitaria, è anche l’adagio di Brecht, che scriveva “Beata la terra che non ha bisogno di eroi!”.

Chi oggi viene osannato come tale ha subito inmancabilmente anni di austerità con tagli alla sanità pubblica e ricadute su condizioni e termini occupazionali.

Perciò da una simile crisi è fondamentale una ridiscussione del paradigma capitalistico, rimettendo al centro la redistribuzione delle risorse mediante tasse patrimoniali, la dignità dei lavori anche più umili e la sicurezza sul e del posto di lavoro.

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