Alle 11.00 di oggi – mercoledì 7 ottobre – è stata messa la parola fine ad un processo durato oltre cinque anni, con 69 imputati fra dirigenti ed iscritti all’organizzazione nazifascista Alba Dorata, che il tribunale greco ha condannato con sentenza definitiva come organizzazione criminale dedita ad omicidi, aggressioni, raid squadristi e vandalismo di matrice razzista ed intolleranza politica.
Da un mese il movimento antifascista ed antirazzista aveva lanciato la mobilitazione continua, partendo proprio dalla data del 18 settembre, nella quale il giovane rapper Pavlos Fissas venne assassinato da un gruppo di membri dell’organizzazione nazista.
Questo efferato omicidio ha permesso di rompere gli indugi dell’apparato statale verso un’organizzazione che, pur esistendo dagli inizi degli anni ’90, alle elezioni politiche del 2012 era riuscita ad affermarsi come il terzo partito in Grecia con il 7% dei consensi.
Ad incidere sull’ascesa politica di Alba Dorata è stata senz’altro la devastante crisi economica, dovuta alle politiche di austerity europee e la presentazione del nuovo partito come formazione antisistema e contrario alla moneta unica, che hanno permesso di catalizzare il malcontento, additando poi nei migranti provenienti dai paesi medio-orientali in conflitto, il capro espiatorio del disagio sociale insieme ai diktat dell’UE.
L’attività criminale ha subito un ulteriore incremento proprio nel periodo dell’ascesa politica, godendo di copertura mediatica anche continentale da un lato e soprattutto di forti connivenze con apparati di sicurezza dello stato. Oltre ai finanziamenti pubblici, per un ammontare di quasi 2 milioni di euro, altri sostegni economici alla formazione nazifascista sono pervenuti poi da diversi armatori navali, per promuovere la costituzione nuovi sindacati corporativi, con l’obiettivo di entrare in conflitto anche violento con le rappresentanze operaie.
Fra i quattro casi principali nell’istruttoria del processo fanno parte anche l’omicidio di un mercante ambulante di origini pakistane, Shahzad Luqman, l’assedio ed il pestaggio alla sede dell’organizzazione sindacale dei portuali del PAME; ed il raid squadrista ai danni di una famiglia di pescatori egiziani.
La condanna di Alba Dorata come organizzazione criminale è dunque cruciale per molti aspetti.
Innanzi tutto si rende giustizia alle decine di vittime, dichiarando ufficialmente illegale l’attività terroristica, celata dietro la maschera di un partito politico, che in questo modo non può più beneficiare dei restanti 8 milioni di finanziamenti pubblici, congelati dall’inizio del processo.
Senz’altro questa condanna, agevolata dal crollo di consensi in seguito alle denunce pubbliche, che hanno comportato il mancato raggiungimento dei voti sufficienti a superare la soglia di sbarramento alle elezioni del 2019, rappresenta il più imponente pronunciamento contro un’organizzazione nazifascista in Europa, dopo il processo di Norimberga.
A livello internazionale infatti è evidente il valore politico rispetto ad altri gruppi neonazisti in tutta Europa, sodali di questa formazione, come ad esempio per le fazioni di Casapound e Forza Nuova in Italia, rompendo quindi l’impunità e l’agibilità di cui hanno goduto per anni, per seminare terrore con azioni squadriste.
A far riflettere, considerando anche la situazione nei campi profughi di Lesbo, è poi la recrudescenza della tensione sociale, brodo di coltura di simili derive, tale da richiedere un deciso cambio di passo alle politiche di solidarietà ed immigrazione dell’Unione Europea, che di recente si è resa protagonista dell’inasprimento delle norme in materia di diritto degli stranieri, dell’aggravamento delle diseguaglianze socio-economiche, a scapito dei diritti fondamentali, creando così un clima di precarietà ed insicurezza, facile da strumentalizzare con risposte demagogiche e populiste.
Non solo in Grecia, ma in tutta Europa in questi giorni sono state organizzate iniziative di solidarietà internazionale alle vittime e al movimento antifascista greco, che da anni risponde a qualsiasi aggressione discriminatoria, mobilitando larga parte della società. L’avvio di questo processo non è stato affatto scontato e la condanna dell’organizzazione non basta certo a porre fine alla xenofobia e alle derive nazionaliste, che fanno leva sul malcontento sociale, ma di certo segna una data importante del riscatto popolare rispetto all’arroganza del braccio conservatore, armato dei sistemi neoliberisti.