Ci vorrà tempo per costruire lo spazio di sinistra, alternativo e popolare di cui abbiamo bisogno e in cui le diverse culture politiche e le soggettività che si sono unite in Unione Popolare potranno serenamente riconoscersi. Da quanto emerso sin dalle prime reazioni, nonostante un risultato elettorale per molti versi deludente, l’intenzione è quella di andare avanti, nella consapevolezza che le elezioni del 25 settembre sono state una prima tappa di un percorso lungo, complesso e faticoso. Abbiamo provato a sentire alcuni dei protagonisti e delle protagoniste della campagna elettorale per provare a comprenderne, a freddo, le intenzioni. Il portavoce di UP, Luigi de Magistris è ancora più convinto che sia necessario andare avanti. Con un video che viaggia nei circuiti social ha già proposto un incontro in tempi brevi e anche l’apertura di una fase congressuale. A noi ha dichiarato: «Unione Popolare è nata a luglio, è un progetto che ha creato entusiasmo ed aspettative. Abbiamo seminato ma raccolto ancora poco. Ora dobbiamo organizzarci e radicarci sul territorio, è necessario un processo partecipativo, collegiale, democratico e che apra a tante soggettività. Con la nascita del governo più a destra della storia repubblicana è nato e si consoliderà il nostro soggetto politico di sinistra, pacifista, ambientalista, per i diritti civili e per l’attuazione della Costituzione antifascista. Unione Popolare deve essere la casa di chi non si sente adeguatamente rappresentato e dobbiamo stare nelle lotte sociali per costruire l’alternativa alle destre». Appare ben chiara l’idea di un percorso ancora da delineare ma che deve assolutamente aprirsi ed avere una connotazione plurale.
Paola Nugnes di ManifestA entra nelle questioni concrete per cui il processo partito in tempi così ristretti deve andare avanti. «Credo che si tratti di un preciso dovere, di tutti, costruire un’alternativa a questo modello di sviluppo socio-economico che ci ha portato esattamente al punto dove siamo ora, dentro una crisi pandemica, perenne, in una crisi socio-economica strutturale, non più ciclica almeno dal 2008, in una crisi climatica irreversibile e alle porte della terza guerra mondiale» dichiara. E poi aggiunge: «Unione popolare può e deve muoversi nella direzione che si è data, riunire tutti i partiti e le associazioni, i movimenti di sinistra, capaci di portare una vera alternativa socialista a questo modello che ci vogliono imporre da oltre trent’anni come unico e immutabile, irreversibile, il modello del neoliberismo e del libero mercato, del capitalismo finanziario predatorio. Un modello ormai fuori controllo, a cui nessuno riesce più a porre né un limite né regole, non ci sono riusciti con l’energia. Non siamo riusciti a fissare un tetto al prezzo del gas, né una tassazione decente degli extra-profitti miliardari e neanche, al momento, a disaccorpare il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica. Gli effetti sul futuro che si prospettano, in assenza di cambiamenti radicali, sono: miseria, fame, disoccupazione dilagante».
Lucida l’analisi di Giuliano Granato, uno dei due portavoce di Potere al Popolo: «Innanzitutto il risultato non è sufficiente per entrare in parlamento, cosa che chiaramente è importante, però è pur vero che con un calo del 10% dell’affluenza alle urne, Unione Popolare, se la consideriamo in continuità con le elezioni del 2018 (Potere al Popolo) è l’unica ad essere cresciuta oltre a FdI. Seppure di poco, come numero di voti. Il futuro di UP è necessariamente un futuro che deve essere inscritto all’interno di orizzonti europei. Non a caso credo che dal punto di vista politico i momenti più importanti di questa campagna elettorale siano stati quelli con Jean-Luc Mélenchon a Roma, non solo perché si tessono legami e alleanze ma perché si riflette insieme su questioni che sono sempre più di carattere europeo, sempre più le soluzioni esistono a livello sovranazionale e sempre più bisognerebbe costruire una prospettiva sul livello internazionale». Granato continua affermando: «Ora le prospettive di UP sono di continuare nel percorso di costruzione. Insieme capiremo i modi e le forme, però sicuramente il segnale che trasmetto è che dal 26 settembre in poi, dal giorno successivo alle elezioni, tante persone ci hanno scritto, hanno scritto a me come portavoce di PaP ma anche ad altri per chiedere di potersi iscrivere a Potere al Popolo, di potersi attivare e oltre all’invito a non mollare che chiaramente abbiamo raccolto, c’è anche l’invito ad organizzarsi di fronte alle misure che sono previste dal prossimo governo. Un governo che sarà di destra, non di “centrodestra” come spacciano anche i grandi quotidiani nostrani. Sarà un governo di destra che, se è vero che è più rassicurante per i poteri forti e che sarà perfettamente allineato sulla politica estera, sulla subalternità a Washington e alla NATO e anche in termini di politica macro-economica dovrebbe grosso modo seguire le linee del governo Draghi, è vero che in termini di politica sociale e di politica sui diritti civili porterà avanti degli attacchi notevoli. Sia dal punto di vista fattivo che dal punto di vista del discorso e dell’egemonia culturale che si dà in questo Paese. Questo è uno dei nodi da affrontare perché in questo Paese in cui la destra ha sempre accusato la sinistra di aver costruito una propria egemonia culturale, si rivela come il dato sia falso da tanti anni ormai. L’agenda politica e il senso comune sono totalmente spostati a destra e Unione Popolare mi sembra che sia l’unico strumento, in questo momento, per cercare di contrastare, prim’ancora che nell’effettività delle misure (noi non avremo la possibilità di stare in parlamento) nella lotta teorica, ideologica, culturale e mediatica che dobbiamo portare avanti».
Complementare, per certi versi, il ragionamento di Marta Collot, l’altra portavoce di Potere al Popolo: «Il compito che ci aspetta ora è contribuire a costruire un’opposizione alla guerra, ai suoi costi e chi la sostiene nelle strade e nelle piazze, accanto a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese per riconquistare passo dopo passo la fiducia di chi non crede più nella politica. Bisogna costruire una reale alternativa all’opzione reazionaria della Meloni, che già mostra come la sua falsa vocazione anti-sistema è in realtà debole con i forti e forte con i deboli, mentre la gente è consapevole che la formula liberale e liberista del PD non è la soluzione ma è stata la fonte del problema».
Il candidato indipendente che ha dato molto lustro alla lista, Enrico Calamai, oggi molto attivo con Mani Rosse Antirazziste, è in continuità: «Io credo a quello che ha detto Mèlanchon: «tempo e lavoro – dichiara – Dobbiamo farci conoscere, non a chiacchiere, ma lavorando sul territorio, cercando di crescere a macchia d’olio, nelle periferie, fra il precariato. Dobbiamo ad esempio impegnarci per far capire alla gente che i migranti non sono altro che l’altra faccia della violenza esercitata dal resto del mondo per il proprio benessere. La situazione è estremamente grave e ci vuole una sinistra presente, attiva e capace di un linguaggio comprensibile che arrivi dove finora non è stata in grado di arrivare».
Il Segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, prosegue la riflessione già emersa in un suo comunicato stampa successivo all’esito del voto: «Abbiamo perso. Nonostante la guerra, il carovita, l’evidente fallimento delle politiche neoliberiste, l’impopolarità dell’agenda Draghi, non siamo riusciti a diventare un punto di riferimento per un’alternativa. La coerenza evidentemente non basta e il quadro per noi diventa più difficile. Sapevamo che era un’impresa difficilissima dati i rapporti di forza nella società e sui media. Il breve tempo di una campagna elettorale rapidissima, e per la prima volta in estate, non ci ha consentito di sviluppare appieno il progetto di Unione Popolare. La nostra è una sacca di resistenza, attivismo, passione civile in un paese dove ci sarà un gran bisogno di opposizione. Sapevamo che era una “missione impossibile”. Tentarla era necessario. Ora cerchiamo di non dissipare le energie e le disponibilità che si sono aggregate».
Sono dichiarazioni accomunate tanto da sano realismo quanto dalla voglia di non arrendersi e di non voler fermare un percorso di ricomposizione appena iniziato. Come hanno notato alcune voci, tempi e modalità saranno fondamentali per rafforzare il progetto ma si va avanti sapendo che ci aspettano periodi duri sotto ogni punto di vista. Il compito che ci si è dati appare utopico ma senza utopia e senza una visione diversa del futuro non si potrà produrre nulla di realmente significativo. Al lavoro e alla lotta quindi.
Stefano Galieni
2 Commenti. Nuovo commento
Credo che occorra una sinistra più larga che raggruppi più soggetti dietro le poche parole d’ordine che tutti conosciamo.Formare più gruppi destinati a rimanere sempre piccoli non serve a nulla.
L’arra di sinistra rimane divisa e ancorata intorno al 5% come nelle Politiche del 2018. Purtroppo, Fratoianni e Bonelli non hanno avuto il coraggio di allearsi con UP. ed hanno preferito fare i comprimari col PD di Letta. E’ un futuro per noi pieno di incognite,a cominciare dal rapporto rapporto coi 5s e da quale sarà il nuovo gruppo dirigente del PD. C’è un lavoro immenso da faretra la gente e siamo ancora troppo pochi e divisi.