Alcuni hanno criticato il fatto che la France Insoumise (LFI) abbia firmato un Programma con gli altri partiti di sinistra, documento che contiene un riferimento alla difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa anche fornendo armi, pur auspicando iniziative per la pace (in ogni caso non si parla di militari francesi sul terreno come auspicato da Macron). Una posizione che è stata definita “atlantista”.
Per comprendere meglio l’accettazione di tale compromesso programmatico cerco di ricostruire il contesto che suppongo molti di voi conoscono già almeno in parte.
La sera stessa del 9 giugno in cui i risultati delle europee ridicolizzavano la sua maggioranza inchiodata ad un misero 14,6% con la destra di Marine Le Pen giunta al 31,4%, Macron ha sciolto l’Assemblea nazionale. Il Presidente, il cui mandato scade nel 2027, gioca sempre con lo stesso schema, “o me o il caos”, cercando di utilizzare la crescita del Rassemblement national (RN) come una sorta di polizza di assicurazione sulla sua vita politica e di radunare a suo favore il “Fronte repubblicano”. Lo scioglimento della Camera dei deputati è avvenuto infatti nel momento peggiore per una Gauche divisa da mesi di polemiche furibonde al suo interno (niente a che vedere con i colpi di fioretto tra Schlein e Conte).
Da questo punto di vista gli è andata male perché la sinistra pressata da manifestazioni spontanee di piazza fin dalla notte del 9-10 giugno, da appelli di centinaia di intellettuali, da manifestazioni sindacali in tutto il paese, già lunedì 10 sera avevano annunciato un accordo sul programma, sui candidati nei 577 collegi e sulla modalità per designare eventualmente il nome del primo ministro qualora il NFP raggiungesse la maggioranza dei seggi. L’accordo si è dovuto conseguire in tutta fretta (ci sono voluti 4 giorni di trattative per definire tuttii dettagli) in considerazione del fatto che le candidature andavano depositate entro le ore 18 di domenica 16 giugno.
I sondaggisti prevedono che nei 577 collegi solo in una cinquantina il ballottaggio sarà tra un candidato del RN ed uno della maggioranza macroniana; negli altri 520 il duello sarà tra l’estrema destra e la sinistra. Ovviamente il quadro non è così lineare perché ogni collegio fa storia a sé in relazione alla composizione sociale, ai leader locali, ai conflitti interni ai singoli partiti. In ogni caso, per fare barriera a Le Pen e Bardella serviva un accordo tra tutti i partiti della sinistra, i sindacati, le associazioni femministe e antirazziste. Dunque, o sei in coalizione fin dal primo turno o sparisci. LFI avrebbe probabilmente preso solo qualche seggio (5-10) in alcune banlieue della regione parigina tipo Montreuil e il Presidente avrebbe radunato intorno alla sua persona gran parte dei socialisti e dei verdi. Non è andata così e da questo punto di vista la manovra di Macron ha fatto cilecca.
Quello che spaventa molti francesi delle politiche del RN è il suo razzismo: i previsti tagli al welfare dei non franco-francesi e l’accettazione del mantra liberista. Teniamo conto della portata del problema in Francia: il 47% dei giovani francesi con meno di 25 anni discende da un nonno/a o da un padre/madre immigrato/a mentre i musulmani sono 6-7 milioni. Sono ancora nella memoria collettiva le rivolte delle periferie dopo l’uccisione da parte della polizia del giovane Nahel. In sostanza LFI ha puntato sulla lotta al razzismo (no all’antisemitismo e no all’islamofobia), allo scioglimento dei corpi speciali di polizia, alla difesa e all’ampliamento dello stato sociale (pensione a 60 anni, aumento del salario minimo, no alla controriforma dell’indennità di disoccupazione, no alle privatizzazioni, pubblicizzazione dell’acqua, miglioramento della vita delle periferie, servizi medicali nelle aree rurali, scuola e università gratuite, ecc.), all’allargamento della democrazia (proporzionalismo, referendum).
Per quanto concerne la politica estera LFI è riuscita ad ottenere un accettabile compromesso sulla Palestina (tema al quale è molto sensibile il suo elettorato), molto meno sull’Ucraina. Qui bisogna comunque precisare che per la Costituzione francese la politica estera, le alleanze internazionali e la difesa restano prerogative del Presidente della Repubblica, il quale fino al 2027 resterà anche capo delle forze armate. Tra l’altro, al Consiglio europeo per la Francia non partecipa il Primo ministro ma il Presidente della Repubblica. La legge di programmazione militare già approvata è valida fino al 2030. Questi elementi relativizzano l’importanza del documento su questo punto. Peraltro la posizione della LFI sul tema è ben nota. In caso di vittoria dell’estrema destra, all’opposizione ogni partito della sinistra potrà riprendere in larga misura la sua autonomia su questo o quel punto del programma; in caso di vittoria del NFP il Primo ministro scaturirà, secondo gli accordi, dalla formazione con più eletti (prevedibilmente LFI). In tal caso il premier potrà sollecitare il Presidente della Repubblica ad adoperarsi per avviare reali trattative di pace.
Nel frattempo, Jordan Bardella, il candidato primo ministro per il RN ha detto che manterrà la pensione a 64 anni rimangiandosi ciò che il Rassemblement aveva proclamato all’epoca delle grandi manifestazioni contro la riforma delle pensioni di Macron. Tra le giravolte del RN anche la posizione sull’Ucraina: “non vogliamo rimettere in discussione gli impegni presi dalla Francia sulla scena internazionale … c’è una sfida di credibilità nei confronti dei nostri partner europei e dei nostri alleati della Nato” (dichiarazione di Bardella 19 giugno). Un sovranista à la carte, stile Meloni.
L’accordo complessivo che ha dato vita al NFP è stato sottoscritto da socialisti, verdi, comunisti, insoumis, decine di altre organizzazioni e piccoli partiti inclusi i trotzkisti del Nouveau Parti Anticapitaliste. La cosa forse più importante è che questa alleanza ha ridato slancio alla partecipazione popolare e prevedibilmente alla conflittualità sociale. È questa dinamica che va sostenuta.
Sandro De Toni
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Questi sono i passaggi che la sinistra in Europa e in Italia dovrebbe compiere per sconfiggere le destre. Capitaliste.