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25 aprile, oggi

di Roberto
Musacchio

Quando il Parlamento europeo si inventò una risoluzione che, stravolgendo la prassi consolidata da tempo, riscriveva le responsabilità della Seconda guerra mondiale e equiparava nazismo e comunismo, transform sentì la necessità di scendere in campo.

Grazie a studiosi e storici democratici, in primis Guido Liguori, fu scritto un appello che chiedeva conto al Parlamento europeo di questo suo atto. Io stesso, da ex parlamentare europeo, scrissi una lettera aperta all’allora Presidente Sassoli per dire che non mi potevo riconoscere in un testo così distorcente rispetto a quanto io stesso avevo potuto votare in quell’ aula.

Transform organizzò anche una assemblea pubblica.

Eravamo molto allarmati. Non che episodi di revisionismo storico non ci fossero già stati da tempo.

Ma qui eravamo alla riscrittura del senso complessivo della Storia. Al taglio delle radici del processo di costruzione della Unione Europea che stava alle origini nella lotta al nazifascismo e nella successiva aspirazione alla pace.

Neanche il dopo ’89 era stato così dirompente nella riscrittura. Molti tentativi di farne il “nuovo inizio” in chiave anticomunista. Ma il rispetto della Storia e della unità anti nazista e fascista rimaneva.

Poi l’argine è stato rotto. A partire proprio dalla Unione europea. Cosa importante da rimarcare per capire il ruolo che le élites del vecchio continente hanno deciso cinicamente di giocare.

Si era, si badi bene, a ben prima dell’atto di guerra di Putin verso l’Ucraina. Dunque non c’era ancora il “nemico russo (non più rosso)” a motivare questa operazione revisionista su larga scala spazio temporale. Dico spazio temporale perché essa prevede sia un nuovo ruolo dei Paesi dell’ex Est sia un ripensamento dell’intero ‘900 e forse più. Addirittura un tratto di “scontro di civiltà” tra Occidente e Oriente che a me piace definire orwelliano.

Con la guerra questa deriva ha rotto tutti gli argini. Le istituzioni europee lungi dal giocare un ruolo diplomatico per la pace si cimentano in proclami guerreschi ammantati da retoriche che nel cercare connessioni con la storia anti nazista continuano a stravolgerne il senso, storico e valoriale. Più cercano di ammantarsi delle virtù di una sorta di “capitan Europa”, più praticano doppi standard e doppi sensi. Già nelle guerre jugoslave questo ruolo dell’Europa fu ipocrita e nefasto. Oggi in quella tra Russia e Ucraina il rovesciamento dei principi come quelli dell’integrità territoriale è smaccata. Così come il diverso comportamento verso palestinesi e curdi. Si arriva a stravolgere l’uso di una direttiva per la protezione delle fonti che dovrebbe proteggere gli Assange ed è usata per un appello social a denunciare chi viola le sanzioni contro la Russia. Da strumento per i cittadini a arma per il potere, con pessimi precedenti storici.

Il perché di un revisionismo storico di tale portata deve interrogarci. Così come dobbiamo riflettere sul come reagire. Le due cose sono intrecciate.

Perché dunque il revisionismo? Qui non si può non riflettere su come, purtroppo, l’unità politica e sociale antinazista e antifascista rischia di essere stata una parentesi che ora si vuole anche deturpare.

I “liberali” hanno considerato per lungo tempo il comunismo e la rivoluzione sovietica il nemico principale. Vale per le nazioni europee che a Monaco andarono a patti con i nazisti. Vale per gli USA che aspettarono e rifletterono a lungo se e come contribuire alla lotta al nazifascismo.

I 30 anni seguiti alla sconfitta del nazifascismo furono per il capitalismo una “sofferenza” sociale, politica e geopolitica. Eppure l’Europa vi costruì il proprio modello sociale progressivo. Eppure quando parte la controffensiva essa vede insieme Thatcher e Reagan. Certo prima c’è stata la Trilateral. Ma da subito il campo che oggi si chiama neo atlantico è centrale.

La lotta di classe si rovescia, è il capitale a farla.

La guerra, militare ed economica, preventiva e permanente, torna protagonista.

Con la prima, la lotta di classe rovesciata, i dominanti combattono “insieme” contro i dominati.

Con la seconda, la guerra preventiva e permanente, rafforzano la prima, arruolano i dominati, “regolano” i conti tra loro.

Certo c’è una larga parte del Mondo, dalla Cina al Brasile, che pensa che la guerra “disturbi la globalizzazione”. È una parte importante. E il multipolarismo anche lo è.

Eppure c’è qualcosa che fu nella unità anti nazista e fascista che servirebbe oggi. Tornare a rovesciare la lotta di classe nel senso che unico fa progredire la storia: i dominati che spodestano i dominati.

Nelle costituzioni europee ci sono valori che dovrebbero far vergognare le attuali istituzioni per ciò che invece scrivono, e fanno, adesso.

Per questo si vuole cancellare queste costituzioni.

Per questo invece vanno difese.

L’attacco all’antifascismo in Italia è in atto da tempo. Lo scioglimento del PCI lo ha aiutato. Il mantenimento dell’Anpi con l’iscrizione dei “giovani partigiani” al contrario fu scelta decisiva per il combattimento di oggi.

L’austerità ha travolto valori fondamentali. Fu la costituzione portoghese a fare da argine ai massacri della troika.

Cito Italia e Portogallo perché sono accomunate dal 25 aprile. Quello portoghese, quasi trent’anni dopo, diceva che quei valori erano ancora rivoluzionari.

Mi sono accorto che scrivendo ho già, in parte, risposto alla seconda domanda, dopo il perché il che fare. Completo la riflessione. Noi dobbiamo evitare due errori. La “banalizzazione” del nuovo fascismo, delle nuove destre. Dire che siccome già il neoliberismo ha divorziato dal compromesso sociale e dalla democrazia tutto è uguale. In realtà queste nuove destre stanno riprendendo ciò che fu sconfitto. L’idea di una egemonia sul capitalismo globalizzato in un mix di “modernità reazionaria”. Il surfare del capitalismo sulle crisi rende questa ipotesi nuovamente possibile.

Il secondo è credere che si possa semplicemente ricostruire un fronte antifascista non rendendosi conto che c’è stata una “Monaco dei capitalisti globalizzati”. E non ricordando che fu l’aspirazione sociale a sostenere la lotta per la libertà.

Diciamo che c’è di nuovo bisogno di quel ruolo che i comunisti seppero svolgere a metà del ‘900. Che anche allora non fu né facile, né scontata ma pieno di traversie.

Noi siamo piccoli, e malmessi, ma pure possiamo cercare di tornare a salire sulle spalle di giganti che, a fronte della miseria dell’oggi, tali restano.

Viva il 25 aprile.

Roberto Musacchio

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