Il Parlamento non funziona? Invece di interrogarsi sulle cause che provocano questo oggettivo impoverimento del ruolo della rappresentanza, Pd e 5Stelle e destre chiedono di votare la riduzione del numero degli eletti. Sanno benissimo che le difficoltà di funzionamento vengono dalla continua decretazione d’urgenza che toglie il sale del dibattito democratico. Vengono dalla perdita di ruolo dei parlamenti nazionali rispetto al ruolo delle istituzioni europee molto meglio controllabili dalle lobby economiche. Vengono dalle scelte con cui vengono selezionati gli eletti, sostanzialmente basate sull’ubbidienza cieca al leader di turno, Renzi, Salvini o Di Maio.
Tutta questa problematica viene occultata, taciuta, messa in secondo piano. Il problema vero, così ci dicono i pasdaran del Si al referendum confermativo del 20 e 21 settembre prossimi, è che ci sono troppi eletti. Se si guarda agli altri paesi europei si scopre che il numero dei nostri eletti è in linea con gli altri. La forzatura istituzionale è dunque evidente e dobbiamo interrogarci sui motivi che spingono i tre schieramenti che si battono per il Si (Pd; 5Stelle e destra estrema di Salvinie Meloni) a forzare il buon senso pur di colpire la rappresentanza democratica.
Il primo motivo appartiene in particolare ai 5Stelle ed ha a che fare con una pulsione antidemocratica presente in quel movimento fin dalle sue origini. Pulsione che, come si ricorderà, portò uno degli azionisti di maggioranza, Davide Casaleggio, ad affermare che per svolgere il proprio ruolo, il Parlamento potrebbe anche essere formato da pochi elementi nominati dagli schieramenti. Perché votare se tutto è già deciso dalla roulette della piattaforma Rousseau? Un problema di cultura democratica che riguarda anche sacche consistenti della desta italiana, ma che non coinvolge certamente il Pd. Dobbiamo dunque cercare un altro denominatore comune.
E’ l’accettazione convinta della cultura neoliberista che in maniera sistematica tenta da trenta anni cerca di scardinare quanto rimane dello stato sociale strappato negli anni dell’avanzata democratica. Qualche esempio. La sanità pubblica non funziona per mancanza di risorse pubbliche? La ricetta dei trenta anni di dominio del neoliberismo è quella di tagliare ulteriormente i trasferimenti di risorse pubbliche. La scuola pubblica non funziona per mancanza di docenti e versa in cattive acque per il degrado crescente degli edifici scolastici? La ricetta è quella di continuare a tagliare i bilanci dell’istruzione pubblica. Non esiste nessun segmento del welfare che non sia stato sottoposto a questa terapia distruttiva. Mancano le case popolari per la crisi economica dei ceti più poveri e dei giovani? Meglio abolire lo stesso concetto di casa pubblica e se ci sono occupazioni da parte dei senza tetto ci sono i Prefetti e le forze dell’ordine.
Il voto del 20 e 21 settembre è dunque un passaggio fondamentale che non va sottovalutato. Non solo possiamo dare un colpo alla cultura liberista che accomuna gli altri schieramenti. Possiamo anche iniziare a ricostruire quel tessuto di democrazia che è stato colpito ma che ancora presenta grandi spazi di partecipazione e democrazia.
Il No serve per fermare la vandea e per ricominciare a costruire un’egemonia culturale per ricostruire le conquiste del welfare.