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Un movimento che necessita di speranza

di Marcello
Pesarini

Riempiamo pagine di appelli e denunce per i suicidi, 44 ad oggi, nelle carceri italiane, e per il sovraffollamento (10.000 presenze in più rispetto alla capienza regolamentare), ma da anni rischiamo di restare in un vicolo cieco.
Ho avuto modo di toccare con mano la difficoltà a gestire il dolore dei parenti dei morti in carcere, e della ricerca di giustizia. Molte le associazioni all’opera in campi concomitanti, alle volte alla ricerca di una regia unitaria, ma riuscire a scalfire le istituzioni è arduo.
Diventa impossibile in casi come quello del ministro Nordio che di fronte alla denuncia del Garante nazionale, dichiara: “Il sovraffollamento è il risultato di una sedimentazione pluridecennale. Escludo l’indulto, che è una resa dello Stato. Piuttosto penso a pene alternative e a forme di esecuzione diverse”. Una soluzione potrebbe venire dall’analisi di un fattore importante dei dati diffusi. Quasi metà delle persone che affollano le carceri italiane è infatti composto da stranieri. “Se riuscissimo – spiega Nordio – a far scontare agli stranieri la loro pena nei Paesi di origine, già avremmo risolto una buona parte, anzi totalmente questo problema. Questo si può fare, però, soltanto attraverso gli accordi con questi Paesi”.
Pensa forse di imitare Giorgia Meloni nel suo accordo con Edi Rama, primo ministro albanese?
L’accordo prevede la realizzazione in Albania di due strutture per le “procedure di frontiera o di rimpatrio” dei migranti che ospiteranno non più di tremila persone in contemporanea, per un totale – si stima – di 36mila persone l’anno. Strutture che, precisa il memorandum, saranno gestite da personale italiano nel rispetto delle leggi italiane ed europee.
Sull’efficienza che hanno avuto finora i centri di permanenza temporanea e poi i centri di identificazione parlano chiaro i morti, i suicidi, le malattie, gli episodi di autolesionismo: tutto un repertorio da carcere, perché tali sono le caratteristiche di questi luoghi, subappaltati a cooperative o altro, come sempre più la gestione del disagio.
Sull’efficacia possiamo annotare con sconforto che i migranti continuano i loro percorsi di speranza e di disperazione, sulle rotte mediterranee come in quelle balcaniche, con l’effetto che, di fronte ai subappalti, i volontari ormai qualificati che hanno lavorato nella giustizia alle volte si arruolano anche nelle navi ONG o vanno ai Silos di Trieste: un buon esempio contro il cattivo funzionamento dello Stato.

Se la persistenza, a più riprese, dei movimenti suscitati dall’emergenza climatica e di quelli contro il genocidio portato avanti da Israele in Palestina, stanno formando una nuova generazione politica, che spinge anche sui partiti e sulle istituzioni, ciò che avviene nel mondo della giustizia suggerisce soluzioni non troppo ascoltate e nella società e inascoltate nelle istituzioni.
In tutti i movimenti, associazioni che ho frequentato, la proposta da parte degli operatori carcerari ha un punto in comune: far conoscere come si vive, fare vedere la verità a chi sta fuori, è libero.
Lo hanno confermato agenti, detenuti, funzionari, al termine della premiazione dell’XI edizione del Concorso Storie da Musei Archivi Biblioteche, ad Ancona. I detenuti per 6 anni hanno potuto partecipare, poi sono stati promossi a giudici, loro che erano stati giudicati dallo Stato.
Musicultura, giunto alla XXXV edizione e da anni in prima serata TV, presenta un nuovo riconoscimento, il Premio La Casa in riva al mare, assegnato dai detenuti della Casa di reclusione di Barcaglione “Per la poesia di una canzone, di un testo di una voce che parlano di amore” hanno deciso di premiare Helle con la sua Lisou.
Corto Dorico è nato nel 2004 e si è guadagnato un coinvolgimento internazionale, in particolare Asia e Africa, collaborando con associazioni per il rispetto dei diritti umani come Amnesty e Human Rights.
Da anni alcuni film sono mostrati a delegazioni di detenuti che danno la loro valutazione così come gli studenti delle scuole superiori di Ancona.
Si tratta di seminari che assumono lo scambio fisico fra dentro e fuori, educano alla comunicazione a seconda delle visuali, rodano i cervelli e prefigurano opportunità.

Il 24 giugno la proposta di liberazione anticipata speciale di Roberto Giachetti e di Nessuno Tocchi Caino è andata al voto alla Camera. Si tratta di un disegno di legge che prevede un maggiore sconto di pena per i detenuti che hanno osservato la buona condotta. Passando da uno sconto di 45 giorni a 60 giorni (ogni sei mesi di detenzione con buona condotta), ci sarebbe un’immediata fuoriuscita di detenuti da celle sovraffollate. Ma purtroppo, ora che alcuni partiti di centrosinistra (AVS, OD, Più Europa) valorizzano il contenuto, c’è la conferma dell’impuntatura dei 5 Stelle come giustizialisti, mentre il governo e la maggioranza tacciono. Le possibilità di approvazione al momento sono quindi ridotte.

Ma una strada sicuramente è quella di costruire una massa critica attorno alla dimostrazione che “stare bene fa bene” molto più della repressione, che non dobbiamo diventare tutti esperti di legge e di procedure d’urgenza, di fronte a istituzioni che alzano sempre l’asticella da superare per sopravvivere sia dentro che fuori dalle patrie galere.
Battiamo su iniziative dello stare bene: oltre ai Friday for Future e ai campus ereditati dagli USA contro la Palestina, i Pride ci potrebbero pure insegnare qualcosa.

Marcello Pesarini

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