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Un mondo alla rovescia

di Sergio
Segio

di Sergio Segio – Il Rapporto sui diritti globali 2018, presentato pochi giorni fa a Roma alla CGIL nazionale, ha compiuto 16 anni: un lasso di tempo consistente e assieme anche molto breve. Certamente è periodo lungo e impegnativo se considerato dal piccolo osservatorio e ruolo di un’associazione decisamente e volutamente leggera, quale è Società INformazione, che, con molta fatica, è riuscita a tenere fede a questo impegno annuale di provare a guardare, studiare e raccontare ciò che accade nel mondo con uno sguardo in profondità e un approccio innovativo: quello dell’interdipendenza dei diritti nell’epoca della globalizzazione.

Un impegno e un approccio non per caso definitosi a partire dal movimento mondiale che si era espresso alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, che aveva posto con forza e con determinazione temi e problemi di cui ancora oggi avvertiamo la centralità (e anche i ritardi nell’azione e l’insufficienza nell’analisi), a partire dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla nevralgica questione ambientale. E, assieme, dalla lotta contro la guerra e gli armamenti, tema quanto mai dimenticato, proprio mentre il Doomsday Clock, l’orologio simbolico che indica la distanza temporale stimata dalla fine del mondo, nato nel 1947 per opera degli scienziati della rivista “Bulletin of the Atomic Scientists”, dal gennaio 2018 per la seconda volta segna il punto di pericolo sinora più alto raggiunto: due minuti alla mezzanotte.

Si tratta ancor oggi, esattamente come quel movimento aveva provato a fare, di riunire una pluralità ricca e colorata di soggetti attorno a un’idea di un mondo diverso possibile e a pratiche conseguenti. Una necessità per nulla ideologica ma divenuta maggiormente e propriamente vitale, precondizione per la salvezza del pianeta che tutti abitiamo, portato sull’orlo della catastrofe ecologica e dell’apocalisse umanitaria da un sistema rapace e distruttivo, che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri, di cui Moni Ovadia ha ben riassunto la regola principale: «Un sistema che ritiene di potere brevettare e fare profitto su qualsiasi risorsa del pianeta compresi i nostri corpi, fino alle sequenze dei DNA». Alla religione del profitto tutto viene sacrificato, con incuranza degli effetti e dei diritti di tutti, in particolare dei giovani e delle future generazioni.

Il volume di questa sedicesima edizione è titolato “Un mondo alla rovescia”, a reclamare riflessione sul capovolgimento di senso – delle cose e, prima, delle parole – avvenuto in questi decenni di drenaggio ininterrotto di risorse e di potere dal basso verso l’alto.

Nonostante la crisi globale, provocata dalla voracità deregolata di mercati e finanza, che ha impoverito il mondo, sconquassato ulteriormente i sistemi di welfare, nonostante i disastri sociali e le immani ingiustizie che produce, quel sistema può continuare a determinare le sorti del pianeta anche ora, nell’epoca dei populismi, della lotta intercapitalistae dei nazionalismi e sovranismi risorgenti che ne derivano, perché alimenta un’efficace lotta di classe non solo dall’alto verso il basso, ma pure dal basso verso il basso, dei penultimi contro gli ultimi. Quel sistema – anziché essere rottamato, quanto meno dopo le evidenze e responsabilità della crisi globale del 2008 – sta ancora dominando il mondo, conducendolo nel baratro, come nella Parabola dei ciechiraffigurata dal pittore Pieter Brueghel il Vecchio.

La fotografia che emerge, anno dopo anno, dal Rapporto sui diritti globali documenta come e perché quel sistema non sia più tollerabile e sostenibile. Pena, appunto, la definitiva apocalisse umanitaria, che registriamo crescere a tutti i livelli e su tutti i piani: economici, sociali, ambientali, geopolitici.