Molte crisi si intrecciano con una incredibile sinergia negativa.
Molti esperti ne hanno parlato, almeno per i campi di loro competenza (ambiente, economia, giustizia sociale, democrazia, guerre, malattie… ), Pochi ne hanno messo insieme i diversi pezzi, quasi nessuno ha formulato proposte per uscirne o, meglio, ha presentato una idea di mondo nuovo, basato su un diverso un modello economico e di relazione tra le nazioni, tra i popoli e tra questi e l’ambiente e le comunità viventi. Forse tra i pochi vi è stato Papa Francesco con le sue encicliche e i suoi discorsi sulle povertà e sulle cause che le determinano.
Ma, anche se molti (senza considerare i falsi e gli ipocriti) lo hanno lodato, nessuno è stato capace (o ha voluto) trarne le conseguenze proponendo (o riproponendo alla luce della realtà odierna) una proposta di un mondo diverso, accompagnata da analisi, proposte e azioni (politiche, sociali e organizzative) per cominciare a costruirlo. Doveva essere un compito della sinistra, ma questa è quasi sparita, ridotta a piccoli gruppi che poco discutono tra loro. Per quanto riguarda in generale le cosiddette “forze di opposizione”, in particolare il Pd, pur rilevando nei loro programmi, qualche tema condivisibile, appare assolutamente assente una visione e tantomeno una proposta di diverso modello economico, di un mondo diverso.
Quali sono queste crisi? Sembra utile, anche se impreciso e incompleto, un riassunto sintetico con una, forse banale, indicazione sulle responsabilità delle crisi.
Il modello economico, che si è evoluto dal capitalismo di qualche secolo fa, ad un capitalismo finanziario governato da pochi grandi attori a livello internazionale, non solo non è stato in grado di dare risposte, come vagheggiato dai vari liberisti del secolo scorso, a i vari problemi, che affliggevano l’umanità nel secolo passato, come la povertà, o la fame, ma li ha, per molti versi, peggiorati, aggiungendone altri.
Ad esempio, il problema alimentare, dopo alcuni risultati conseguiti nei decenni che vanno dagli anni ’60 al 2000 (i risultati mitizzati dalla cosiddetta “rivoluzione verde”), ottenuti (soprattutto in alcuni paesi come Cina, India e Brasile), più per alcune politiche sociali che per le politiche economiche, è rimasto sostanzialmente immutato (vi sono ancora circa 800 milioni di persone affamate). In compenso è aumentato drasticamente il numero di persone alimentate male (vi sono circa 2000 milioni di obesi con le relative patologie). Questi numeri potrebbero peggiorare nel breve futuro per la crisi climatica e per le guerre!
Va sottolineato come, ancora per adesso (almeno sino a quando l’altra crisi, quella ambientale, non ci presenterà tutti i conti), il problema principale non è derivato dalla scarsità di alimenti, ma dal fatto che le persone non hanno i soldi per comprarlo, o non ne hanno abbastanza per comprare cibo di qualità e quindi, un po’ per che costa meno e un po’ perché condizionati dalla pubblicità, sono costretti a mangiare cibo spazzatura, pieno zuccheri, grassi cattivi, sostanze chimiche dannose). In proposito vale la pena di ricordare che la OMS, oggi, ritiene il cibo la prima cause dell’insorgenza di malattie non trasmissibili.
La questione alimentare è, quindi, legata all’altro problema che doveva essere, se non completamente risolto almeno attenuato, secondo le promesse de liberisti; quello della povertà e delle diseguaglianze economiche. A questo proposito, secondo molti liberisti e capitalisti “illuminati”, l’aumento della ricchezza dei ricchi avrebbe naturalmente portato all’aumento del benessere di tutti (la teoria dello “sgocciolamento”). Invece notiamo che povertà e diseguaglianze sono in rapida crescita, raggiungendo, anche nei paesi più ricchi, come l’Italia, livelli preoccupanti. Tutto ciò perché, sia a livello locale che globale sono state sconfitte le lotte del movimento operaio e dei suoi alleati, che negli anni ’60 e ’70 avevano portato a delle significative conquiste. Ciò è avvenuto anche alla capacità del capitalismo di riversare sulle classi dominate i costi delle crisi che, inevitabilmente lo colpiscono.
Quale è la causa di tutto ciò? Per dirla in modo semplice, come più volte rimarcato da Papa Francesco, è la logica del profitto, unica vera regola del capitalismo, soprattutto nella sua evoluzione finaziaria!
Si tratta naturalmente del profitto di pochi, oligarchi, multinazionali, grandi industrie e, in alcuni casi, anche di piccoli e medi produttori, che, in quella logica, non si fanno scrupolo a violare diritti umani, a distruggere l’ambiente, e, da un po’ di tempo in qua, ad intaccare le strutture democratiche, sia in maniera surrettizia attraverso il lavoro di lobbies, sia direttamente imponendo agli Stati e alle istituzioni pubbliche di accettare ricatti (esemplare è il caso del mercato de farmaci), di rimandare o annullare normative e regole sulle questioni ambientali o sociali.
La logica del profitto è quella che sta portando la crisi ambientale verso una soglia che non dovrebbe essere valicata. Va, infatti, ricordato che l’accordo formulato a Parigi nel 2015, da 195 paesi, stabiliva come soglia da non valicare quella dell’aumento massimo di 2 gradi centigradi (pena devastanti, danni ambientali, economici e sanitari) e auspicava di non superare la soglia di 1,5 gradi. Questa soglia, secondo i più recenti studi, è già stata superata!
Peraltro la crisi climatica, intrecciandosi con le politiche che continuano ad incidere in modo devastante sugli ambienti naturali, riducendone l’estensione e la biodiversità, funge da moltiplicatore, non solo delle singole problematiche ambientali (vedi, ad esempio, il problema “acqua” che oscilla tra penuria e alluvioni e che diventa sempre più causa e motivo per lo scoppio di guerre) , ma anche dei problemi sociali e sanitari che sempre più affliggeranno le popolazioni dell’intero pianeta ( si vedano come esempio il tema delle migrazioni di intere popolazioni da un lato, o, dall’altro, l’esplodere crisi sanitarie planetarie, causate dalle nuove epidemie provocate dal “salto di specie” di microorganismi da animali costretti, a causa della distruzione del loro ambienti naturali, a condivide gli stessi ambienti con l’uomo).
Ciò nonostante, anche con la scusa delle crisi economiche provocate dalle varie guerre, molti di quei soggetti che almeno a parole riconoscevano l’esistenza della crisi ambientale (pur continuando nelle loro politiche scellerate), oggi non si fanno scrupolo a chiedere la cancellazione o la proroga di leggi, direttive e accordi internazionali riguardanti la difesa ambientale (la riduzione delle emissioni di gas serra, utilizzo prodotti chimici pericolosi, e altre politiche di salvaguardia ambientale). Anzi, in questi ultimi tempi, anche attraverso il sostegno di politici e di governati, non si fanno scrupolo di attaccare direttamente Costituzioni, come quella italiana, giudicate “troppo democratiche”, con troppe regole che impediscono la libertà di fare affari.!
In realtà, semplificando la riflessione, si può constatare come le trasformazioni degli assetti geopolitici dei primo decenni di questo secolo, non solo hanno portato alla celebrazione della vittoria del liberismo, ma hanno ulteriormente “liberato”, le forze che dominano la politica e l’economia mondiale, dagli scrupoli e dai timori ad usare tutti i mezzi a loro disposizione per meglio dominare i “dominati” e accrescere ancor di più i propri profitti. Che si tratti di un uso più spregiudicato dei conflitti armati (sia quelli commissionati o fatti direttamente, sia quelli provocati o favoriti surrettiziamente), per controllare meglio mercati e risorse naturali; o che si tratti di azioni, per superare quegli ostacoli alle pratiche produttive commerciali e sociali, predatorie e violente, che sono presenti nelle regole di funzionamento delle delle istituzioni. Infatti, oltre a registrare gli attacchi alle Costituzioni Europee, vengono messe in atto altre iniziative per ridurre e indebolire le capacità dei cittadini nel comprendere e contrastare ciò che avviene a loro scapito (vedi l’uso dei media e delle tecnologie informatiche). Ad esempio, è sbalorditivo come si stia facendo passare come normale ed ineluttabile il ricorso alla guerra e la corsa agli armamenti, invece che il ricorso alla diplomazia. In questa logica si può leggere il piano di riarmo della Commissione Ue e la modalità per approvarlo (il ricorso all’art. 122) saltando il Parlament. Forse, a proposito di geopolitica, viene da pensare che i governati UE, hanno ritenuto, che alla luce della crisi del ruolo che l’Europa ha negli attuali equilibri mondiali, sia necessario puntare su un rinnovato imperialismo europeo basato sulla forza e sulle armi!
Riassumendo le questioni principali:
- La crisi ambientale sembra avviata ad un punto di non ritorno e, nel mentre, i nostri dominanti aumentano le spese per gli armamenti e al contempo riducono gli investimenti per la difesa dell’ambiente.
- Le diseguaglianze economiche si ampliano a dismisura, sia livello mondiale che a livello locale. Anche nei paesi più ricchi sonno in forte aumento le situazioni di povertà, e sempre più cittadini fanno fatica a curarsi e ad accedere ad un’istruzione decente.
- Vengono messi in discussione quei principi fondanti che a hanno caratterizzato le stesse Costituzioni dei paesi democratici. Si pensi, nel caso italiano, a principi come quello dell’art, 11 (L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali….), ma anche a quelli di cui all’art.41 (L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana …)
- Per meglio controllare le possibili future contestazioni e rivolte cominciano ad apparire leggi liberticide
Insomma si prefigura un pessimo futuro, soprattutto per le generazioni più giovani. Un Futuro di oppressioni e barbarie!
Per far fronte a tutto ciò, quello che servirebbe, è una organizzazione politica che superi alcune divisioni settarie ed ideologiche, capace di analizzare e discutere, che, oltre ad essere capace di organizzare mobilitazioni su singole questioni rilevanti (come ad esempio quella per la Pace e contro il riarmo), sia capace di rilanciare una visione di un mondo diverso, caratterizzato da un diverso modello economico e sociale. Un modello che in passato era ben rappresentato da coloro che si richiamavano al Socialismo.
Oggi più di ieri, vale la pena di rilanciare un vecchio slogan: SOCIALISMO O BARBARIE!
Riccardo Rifici