Esiste un capo di Stato così folle da offrire il proprio territorio come base di lancio di tremende armi offensive che restano sotto il controllo di un altro stato; e che lo faccia senza provvedersi di un minimo scudo di difesa, essendo quelle che si vanno a installare armi puramente offensive?
A cavallo del festoso consesso che ha segnato il 75° anniversario di fondazione della NATO il governo USA guidato da un Presidente democratico e quello tedesco guidato da un Cancelliere socialdemocratico si sono accordati per fare del confine tedesco un bastione irto di missili puntati sulla Russia, come ai peggiori tempi della guerra fredda. Tutto questo il pubblico tedesco e quello europeo lo hanno saputo attraverso un comunicato di nove righe in margine alla riunione NATO di inizio luglio. Nove righe firmate dal Cancelliere tedesco e dal Presidente Biden in cui d’un colpo si disfacevano anni di faticosi accordi per un disarmo progressivo in Europa o quanto meno per una riduzione della deterrenza nucleare e delle armi distruttive di massa. E non sono stati i bellicosi Repubblicani a volerlo, ma gli ancor più bellicosi Democratici.
La balla più grossa pubblicata da Repubblica e riferita da Start Magazine, rivista specialistica del settore, sostiene che “gli Stati Uniti pensano di installare le difese anti-nucleari anche nel nostro paese per allargare anche su di noi l’ombrello protettivo”. Questo è falso, perché non ci sono né difese collettive né ombrelli protettivi. Vengono installati sistemi d’arma previsti per attaccare per primi o per reagire con una rappresaglia all’attacco nemico. Ma in entrambi i casi l’Europa è destinata a restare in macerie.
Non c’è nessuna difesa e nessun ombrello protettivo. I missili americani che si vanno a installare in Germania e successivamente in Italia sono missili offensivi in grado di colpire qualsiasi punto in Russia. Ovviamente i siti di lancio europei saranno ben protetti, ma questa è l’unica difesa contemplata per il paese ospitante. Senza entrare in ulteriori dettagli che il lettore può ricavare da Start Magazine alle rispettive voci, i missili che saranno installati dal 2026 sul suolo tedesco sotto controllo americano, saranno i Tomahawk, missili da crociera già installati sui bombardieri pesanti e sui sommergibili nucleari. Sono missili del costo di un milione di dollari l’uno con gittata di 2000 chilometri e possono essere lanciati a sciami di centinaia. A questi si aggiungono i missili SM-6 (Standard Missile-6) che sono missili balistici e non di crociera1 in fase di ulteriore sviluppo per raggiungere una gittata di oltre mille chilometri. E infine quelli che la NATO chiama LRHW (armi supersoniche a lungo raggio), dall’esercito americano chiamati affettuosamente Dark Eagle che dovrebbero entrare in servizio nel 2025, con una gettata di 11000 km.
Strategicamente questa selva di missili schierata in Germania ha lo scopo di fissare in quel paese, al centro dell’Europa, la prima linea del fronte, sostenuta da truppe di terra, aerotrasportate e corazzate, salvaguardando il territorio statunitense: perché è evidente che qualunque cosa decidessero di fare i russi, attaccare o rispondere a un attacco, non potrebbero attaccare gli Stati Uniti se non dopo avere spazzato via la consistente minaccia puntata su di loro direttamente dalle loro frontiere. Sicché per la terza volta in un secolo il continente europeo si candida come terreno elettivo per un nuovo massacro dell’umanità.
E quando chi è minacciato o offeso, a seguito della minaccia o dell’offesa, dovesse affidare la sua ritorsione a missili intercontinentali, troverà un continente europeo completamente indifeso: basta che cinque missili intercontinentali russi di nuova generazione tocchino l’Europa per avere 125 eventi con una potenza complessiva pari a 2.500 volte quella dispiegata a Hiroshima.
L’installazione dei Minutemen III in Germania (i Dark Eagle di cui dicevamo) significa esattamente questo: si fa affidamento al fatto che i russi avranno paura a usarli anche nelle peggiori circostanze, ma il loro impiego non è improvvisato e non risponde a questo o quell’evento giornaliero, o a una volatile minaccia propagandistica. Il muro contro cui si va a sbattere a folle velocità è proprio lì, di fronte agli europei. Non è né immaginario né nascosto.
Il protocollo russo di deterrenza nucleare annunciato nel 2020 è chiaro: una risposta nucleare è prevista “per un attacco in corso contro siti governativi militari critici” – e il ponte di Kerch, per esempio, è tra quelli, come lo sono le centrali nucleari russe; e se fossero attaccati con armi della NATO partite dall’Ucraina, da parte di missili balistici, armi nucleari o altre armi di distruzione di massa ciò potrebbe provocare una ritorsione nucleare che è prevista non solo per rispondere a un attacco nucleare; ma anche per “rispondere quando l’uso di armi nucleari convenzionali mette in pericolo l’esistenza stessa dello stato”. Questa esistenza è già compromessa dall’invasione ucraina sia pure su scala ridotta. Resta da vedere fino a che punto i russi considereranno la penetrazione nel loro territorio uno sconfinamento e non una sorta di invasione. A maggior ragione se operazioni di questo genere prendessero il via dalla Polonia e dai paesi Baltici contro la Russia, la Bielorussia o l’exclave di Kaliningrad.
A differenza degli Stati Uniti, che qualche sistema di interdizione dei missili balistici dicono di averlo, pur senza garantirne la piena efficacia, l’Europa gioca alla guerra nucleare opponendo alle bombe nucleari i valenti petti della sua gioventù.
Lo storico futuro si domanderà da dove e da chi era stata originata la congerie di fatti che aveva precipitato l’Europa in una tale tragica situazione: e scoprirà una signora Von del Leyen, eletta brigadiera d’Europa da qualche dozzina di magnati e oligarchi della politica e insieme a lei tre capi di stato, due dei quali – Scholtz e Macron- drammaticamente sconfitti alle elezioni politiche o in procinto di esserlo e il terzo che in Inghilterra ha appena sostituito un falco conservatore con l’intento evidente di perseguire la stessa politica bellicista. Un laburista, tanto per cambiare. Le forze politiche, la società civile, i movimenti sindacali, artisti, scienziati e intellettuali in genere tacciono e sono ancora disorientati dall’equivoco ucraino: di fronte all’Europa in macerie diranno sgomenti: chi poteva prevederlo? Noi, per esempio.
E non è da pensare che dopo il reciproco sterminio provocato dai missili lanciati sulla Russia dall’Europa e sull’Europa dalla Russia, gli Stati Uniti avranno voglia di continuare mettendo a repentaglio il loro continente; anzi è più che certo che non lo faranno: la Russia è distrutta, l’Europa è distrutta, ci dispiace, chiudiamola lì.
In un colpo solo gli Stati Uniti si troverebbero ad aver eliminato tanto il più forte concorrente economico che il più forte avversario strategico in termini militari, cancellato anch’esso o fortemente indebolito e si può scommettere che si darebbero da fare per la tregua e per la pace come non hanno mai fatto per Gaza e per l’Ucraina, entrambe lasciate martirizzare intenzionalmente a proprio vantaggio.
La stampa e i media mostrano una tale unità d’intenti e di proposte che dovrebbe farli passare oltre al 100° posto nella classifica della libertà di stampa nei singoli paesi. Ma no, ci dicono, tutti dicono quello che vogliono ed è solo pura combinazione se tutti dicono la stessa cosa: non c’entrano il conformismo, l’ipocrisia, il doppiopesismo, la sfacciata partigianeria: c’è un “noi” che ha tutte le ragioni e un loro “che ha tutti i torti”.
All’inizio di quest’anno Marco Palombi ha pubblicato una pregevole analisi sulla deterrenza nucleare russa2 che viene per solito ridotta, sulla stampa occidentale, a un gigantesco magazzino di testate nucleari che difficilmente potranno essere portate sui bersagli. L’Occidente non ha forse i sistemi Patriot e tutti gli altri sistemi di difesa antimissilistica? A parte il fatto che i sistemi Patriot sono semplicemente armi antiaeree più evolute che nella migliore ipotesi potrebbero far esplodere la bomba nucleare in aria a qualche chilometro dal bersaglio, con effetti persino peggiorativi di quelli previsti dall’attaccante, quali sono le possibilità di contenimento di un possibile attacco nucleare russo, anche tenendo conto che le capitali europee – tutte – non hanno sistemi di protezione anti-nucleare, né sono in alcun modo preparate a ricevere un attacco del genere?
Il 24 febbraio 2024 Putin ha assicurato l’Occidente sulla sua intenzione di usare le armi nucleari solo in caso di attacco codificato alla Russia, ossia che comporti perdite e danni stabiliti secondo una matrice funzionale come potenzialmente critici per l’infrastruttura della difesa dei cittadini russi e dello stato. Nello stesso comunicato annunciava che “i missili intercontinentali ipersonici Avangard e i sistemi laser Peresvet sono in servizio di combattimento”.
Avangard è un complesso di difesa missilistica strategica con i lanciatori ICBM (Inter Continental Balistic Missile) che trasportano testate alate plananti. La testata è stata sviluppata dalla NPO Mashinostroyeniya (a Reutov, nella regione di Mosca) e viene perfezionata dal 2004. È in grado di volare negli strati densi dell’atmosfera a velocità ipersoniche fino a Mach 27 (circa 32.000 km/h), cambiando rotta e altitudine e superando qualsiasi difesa missilistica. Il sistema è stato menzionato per la prima volta dal presidente russo Vladimir Putin nel marzo 2018.
Il sistema laser Peresvet è il primo sistema laser da combattimento della Russia basato su nuovi principi fisici. Putin ne ha annunciato la creazione nel suo discorso all’Assemblea federale il 1º marzo 2018. Le informazioni dettagliate sul sistema sono classificate.
Il complesso missilistico Avangard è particolarmente insidioso, perché la sua velocità e la capacità di cambiare traiettoria lo rendono pressoché impossibile da intercettare e abbattere.
In questo quadro, va anche considerato il lanciatore di Avangard, il missile balistico intercontinentale RS-28 Sarmat che ha un raggio d’azione di 22.000 km. Di quel missile il capo dell’agenzia spaziale Roskosmos ha confermato l’operatività dal 1º settembre 2023, in sostituzione del precedente ICBM R-36 Sarmat3.
La novità del missile, oltre alla sua manovrabilità, consiste nella gittata: se la generazione precedente di missili (R36 Sarmat ovvero Satan 1) poteva colpire gli Stati Uniti sorvolando l’Artico, dove gli Stati Uniti hanno intercettatori piazzati a terra che potrebbero forse arrestare una certa percentuale di questi missili (ma la prestazione è ipotetica e non totale), il Satan 2 con la sua gittata è in grado di coprire la rotta Sud (sopra l’Antartide) e attaccare gli USA sul lato scoperto.
Qual è la capacità distruttiva di ciascuno di questi missili? L’RS-28 Sarmat è in grado di trasportare un carico utile di dieci testate da 750 chilotoni ciascuna o 15 testate MIRV più leggere. Per avere un termine di paragone, si consideri che la bomba di Hiroshima aveva una potenza di 15 chilotoni, un cinquantesimo di ciascuna delle dieci testate trasportabili da ogni singolo missile.
Può trasportare una combinazione di 24 veicoli ipersonici plananti Avangard (H6Vs), ciascuno dei quali, lo ricordiamo, può essere guidato a 32.000 km/h su un singolo bersaglio cambiando rotta e altitudine.
In altre parole, un solo missile che giunge a bersaglio provoca l’equivalente di 500 Hiroshima; e di questi missili ce ne sono pronti al lancio varie centinaia, senza calcolare le testate nucleari che possono essere lanciate dai bombardieri pesanti e dai sottomarini.
La fase in cui un missile intercontinentale risulta più vulnerabile è quella di lancio: questo vale sia per quelli americani che per quelli russi.
Quando accende i motori del primo stadio e si lancia verso il cielo, il missile si lascia dietro una traccia termica inconfondibile e individuabile come tale dai sistemi satellitari dell’avversario. Negli anni sessanta e settanta – al tempo degli U2, per chi ha buona memoria – l’informazione sui siti di lancio, proprio al fine di profittare di questa fase di vulnerabilità dei missili, poteva essere preziosissima ed entrambe le superpotenze costruivano molti falsi siti per ingannare l’avversario.
Il sistema antimissilistico attuale prevede che una serie di hovering drone – droni presenti in cielo abbastanza piccoli da sfuggire ai radar e abbastanza silenziosi per sfuggire alla rilevazione sonora, con capacità di rimanere in cielo per tantissimo tempo – al segnale convenuto da terra, attraverso un satellite, si riuniscono in sciame e si scagliano sul bersaglio o sganciano un missile.
A difesa dei loro missili, i russi stanno hanno sviluppato un sistema di difesa antiaerea noto come KAZ, che include sistemi radar di rilevamento e guida oltre a unità di artiglieria speciali ed è progettato per coprire obbiettivi sensibili come siti di lancio di missili, centri di comando e nodi di comunicazione. Più specificamente, a protezione dei missili intercontinentali nella fase di lancio, è prevista la creazione di una barriera di difesa metallica alta fino a 6.000 metri.
Il nucleo concettuale del progetto Mozyr all’interno del progetto KAZ si basa sul lancio di interdizione di sfere metalliche del diametro di 30 millimetri o di frecce che vanno a costituire una barriera interdittiva nell’area di partenza del missile. Il sistema, a quanto si ricava dalle fonti russe, è già operativo.
In conclusione lo schieramento missilistico NATO in Europa è più pericoloso per i russi di quello con base in America e sarà il primo a essere attaccato, tanto più che l’Europa non ha sistemi difensivi e si direbbe anzi che tutto è predisposto perché non ne abbia.
Se essere filo-europei vuol dire seguire questa strada suicida, non sarebbe bene che la sinistra e tutte le forze popolari la abbandonassero quanto più precipitosamente possibile? E agli amici verdi si pone una riflessione: che senso ha lottare contro gli OGM e per la foca monaca e per tanti altri degni obiettivi preziosi, in un paesaggio di totale distruzione nucleare? Non si tratta di partecipare alla lotta di classe, di cui disconoscono l’utilità, ma di scegliere tra vita e morte dell’umanità.
Luciano Beolchi
- I missili per uso militare si distinguono in due categorie fondamentali: quelli balistici, che seguono una traiettoria prefissata, e quelli da crociera (traduzione del termine inglese cruise) che invece hanno un sistema composto da un motore e da ali per indirizzare il volo come avviene per un aeroplano.[↩]
- Marco Palombi, La deterrenza nucleare russa, su MP Research del 2 marzo 2024.[↩]
- R-36 Sarmat (Satan 1 per la NATO) era operativo dal 2016 ed aveva un raggio d’azione di 10.000 km.[↩]