Riprendiamo con lo stesso titolo l’articolo di Alessandra Mecozzi già pubblicato da comune.it –
Arriveranno a Bruxelles, quartier generale politico dell’Allenza Atlantica, dal 6 al 9 luglio, a ridosso del vertice di Vilnius, donne da tutti i continenti. In prima fila quelle finlandesi. Verranno a dire che sono impegnate nella ricerca di un nuovo ordine mondiale che abolisca la guerra. L’esatto contrario di quel che significa l’esistenza stessa della Nato e, a maggior ragione, la sua crescente e insaziabile ansia di espansione. Che sta producendo non solo la più concreta minaccia di Apocalisse nucleare che si sia mai vista, quella ce l’ha sotto gli occhi chiunque abbia voglia di sapere e capire, ma anche una sfrenata militarizzazione di territori che produce devastazioni ambientali e sociali, nel disinteresse quasi generale, a velocità impressionante. In Toscana, Sardegna e soprattutto in Sicilia ne abbiamo dimostrazioni ogni giorno più lampanti, per fare solo gli esempi a noi più vicini. Alessandra Mecozzi ci segnala però anche un aspetto assai meno noto dell’influenza perniciosa di un’Alleanza lanciata dal “caso” ucraino verso sfide inedite: il tentativo di “integrare” le donne ai vertici nella Nato stessa (se ne parlerà anche a Vilnius), strumentalizandole in modo abietto per uno strategico ed essenziale restyling di immagine e una nuova narrazione utile a rafforzare quell’eterna facezia, tanto bene condensata dal detto latino “Si vis pacem, para bellum”, cui mezzo mondo sembra oggi disposto ad abboccare senza porsi neanche più domande, come invece accadde ai tempi di Kabul e Baghdad. Il tentativo di proporre la Nato come leader globale anche sul tema della “violenza di genere”, utilizzando figure di grande impatto mediatico, è illuminante di per sé. Se è vero, com’è vero, che quello delle donne è nel nuovo millennio il solo movimento di respiro planetario e di orizzonte assai lungo, c’è da scommettere che il cammino di una strategia tanto insidiosa quanto subdola non sarà una passeggiata.
Forte e argomentato, sarà il NO alla NATO che risuonerà dal 6 al 9 luglio a Bruxelles, suo quartier generale, prima del Vertice di Vilnius, 11 e 12 luglio. Lo pronunceranno voci da tutti i continenti nel corso delle iniziative “Donne globali per la Pace unite contro la NATO“, promosse da singole e associazioni tra cui la Women league for peace and Freedom (WILPF) la più antica organizzazione internazionale di donne (nata nel 1915), antimilitarista e pacifista. E volute in particolare dalle donne finlandesi di Women for Peace, coraggiose e controcorrente, mentre la adesione alla Nato della Finlandia, paese neutralista e pacifista, appare come il simbolo della fine dello spirito di Helsinki, nato nel 1975 dalla dichiarazione comune e l’impegno al dialogo dei Capi di Stato di 35 Paesi: i Paesi della NATO e del Patto di Varsavia, gli Stati neutrali e non allineati.
La Dichiarazione di pace verrà presentata il 6 luglio nel Parlamento Europeo: “Da decenni siamo impegnate nella ricerca della pace globale, di un nuovo ordine mondiale che abolisca la guerra. Riteniamo che il capitalismo sia un fattore generante sia del militarismo che della guerra e lottiamo per affermare una nuova sicurezza non militarizzata, che garantisca la vita e la salute delle generazioni presenti e future su questo pianeta, oltre che del pianeta stesso.”
Nei giorni successivi, nella Pianofabriek, antica fabbrica di pianoforti oggi Centro sociale e culturale, si sentiranno dai vari continenti le analisi, le critiche, le proposte sui diversi terreni dove si sperimentano i disastri del militarismo: dal clima alla scuola, dalla salute alla cultura, dal Mediterraneo all’Atlantico e al Pacifico. La protesta si sposterà in piazza il pomeriggio del 7 per chiedere di “Investire nella pace”: contro il riarmo e l’aumento della spesa militare, per investimenti in asili nido, trasporti pubblici, istruzione, accoglienza dei migranti e richiedenti asilo, assistenza sanitaria, ambiente e cambiamento climatico.
Sarà una netta risposta al militarismo e alle politiche belliciste del Trattato nord atlantico e alla ambizione del progetto di “Nato globale”, con l’ espansione ben oltre l’Europa e gli Stati uniti (31 paesi aderenti) e gli obblighi sottoscritti. L’Europa, insieme a 31 Stati membri della NATO (22 membri dell’UE), designata come proprio nemico numero uno la Russia, alimenta la guerra inviando armi all’Ucraina, mentre le armi nucleari statunitensi sono dislocate in tutto il continente e continue esercitazioni militari inquinano l’aria e il suolo. L’uso di armi con uranio impoverito della Nato produce effetti letali dalla guerra dei Balcani degli anni ’90 e alcuni Stati della Nato forniscono questo tipo di armi all’esercito dell’Ucraina. La spesa militare in tutta Europa sta aumentando a un ritmo allarmante.
Anche l’America latina e i Caraibi sono all’attenzione della Nato e gli Stati Uniti stanno avviando un piano di espansione aggressivo a tutte le latitudini e longitudini della regione con istallazioni di numerose basi militari. L’occhio della Nato si rivolge sempre più anche all’Asia-Pacifico, dalla guerra e poi un’occupazione ventennale dell’ Afghanistan! La rivalità strategica tra Cina e USA potrebbe scatenare prima o poi una guerra tra le prime due economie del pianeta, entrambe potenze nucleari…Sebbene con la maggior cautela di molti paesi dell’ Africa, che ricordano i bombardamenti sulla Libia nel 2011 che distrussero il Paese, nel 2016 i leader della NATO, al vertice di Varsavia, hanno deciso di intensificare la loro cooperazione con l’Unione Africana, accogliendo favorevolmente il significativo impegno militare degli alleati nella regione del Sahel-Sahara” e iniziando il processo di addestramento degli ufficiali nelle forze militari africane (Fonti: Pagine Esteri, Pressenza, Nigrizia 2022/23).
Dalle donne nel mondo verrà anche un deciso NO ai tentativi – con qualche successo – non solo di “integrare” le donne anche ai vertici nella Nato stessa (se ne parlerà anche a Vilnius), ma anche di rafforzare, attraverso le donne, il cambiamento di narrativa e di immagine pubblica: da alleanza bellica ad alleanza di pace! Ne fa parte fa parte lo sforzo di proporsi come leader globale anche sul tema della “violenza di genere”, utilizzando figure di grande impatto mediatico, come Angelina Jolie, bella, intelligente, famosa per le sue missioni umanitarie (20 anni nell’UNHCR). L’attrice infatti nel 2018 visitò la Nato nel suo quartier generale e ne incontrò il Segretario Stoltenberg con cui tenne una conferenza stampa, dopo aver scritto con lui un articolo su The Guardian “Perché la NATO deve difendere i diritti delle donne”. Chi meglio di lei, con 6 figli, di cui tre adottati in diversi paesi del sud del mondo, potrebbe rappresentare la “madre globale”, immagine ideale per attrarre un ampio pubblico che poco sa della Nato?
Osserva la giornalista Lily Lynch nel suo articolo, “Come la Nato ha sedotto la sinistra europea” (Unherd 16 maggio 2023), che non poteva esserci momento migliore per questa partnership: “Al culmine del movimento #MeToo, la più potente alleanza militare del mondo era diventata un’alleata femminista.“La fine della violenza di genere è una questione vitale per la pace e la sicurezza, nonché per la giustizia sociale”, hanno scritto l’attrice e il Segretario Generale,“La NATO può essere leader in questo sforzo”.
Dalla trasformazione, già avvenuta nel 1999 con la guerra “umanitaria” sulla Serbia e il passaggio da Alleanza difensiva a patto militare per difendere e diffondere diritti umani, democrazia, libertà..seguita nel 2001 dalla guerra in Afghanistan che includeva la propaganda sulla difesa dei diritti delle donne…all’attuale tentativo di assumere un volto femminile, la NATO cambia, anche così, la sua auto-narrazione, puntando ad essere protagonista dell’agenda ONU Women, peace and Security e leader militare contro la violenza sessuale. Questa viene definita esclusivamente “una tattica di guerra”, passando sotto silenzio che le stesse truppe NATO possano essere autori, anziché “giusti relatori’, della violenza sessuale.
Invece ben miseri risultati registra, ancora nel 2021 secondo un rapporto delle Nazioni Unite UN Women, uno dei punti più autentici e coerenti della agenda Women Peace Security dell’ONU, la risoluzione 1325 (donne nella prevenzione dei conflitti e processi di pace). Infatti le donne sono state in media “il 13% dei negoziatori, il 6% dei mediatori e il 6% dei firmatari nei principali processi di pace” tra il 1992 e il 2019.
Da Bruxelles le donne globali per la pace apriranno dunque la strada ad una campagna contro la Nato globale, certo irta di ostacoli e difficoltà, ma lastricata dalla determinazione e dalle alleanze con tutt* coloro che diranno Sì alla Dichiarazione di Pace.
Per firmare la Dichiarazione di pace, programma completo e informazioni www.womenagainstnato.org