Il precariato nella scuola è sempre stato presente e ha dato origine a mobilitazioni, a volte modeste a volte rilevanti. Tutti i governi che si sono succeduti hanno affrontato il problema con misure anche diverse, ma nella costanza di un atteggiamento di contenimento delle assunzioni, all’interno di una logica di risparmio sul pubblico, che nelle ultime politiche di austerità ha portato ad una crescita ed estrema frantumazione della condizione precaria di tutto il personale della scuola.
Per fare fronte alla necessità di aumento degli organici, a causa della pandemia, invece di provvedere finalmente ad assunzioni del personale docente e ATA necessari in questa fase e non solo, per coprire ad esempio i pensionamenti, mai del tutto reintegrati, si è arrivati al punto di istituire un “organico Covid”, che dà tutto il senso della provvisorietà di un provvedimento che ancora una volta non affronta strutturalmente il problema della riduzione del numero degli alunni per classe. È stato corretto positivamente, per ora solo alla Camera, l’aspetto più odioso del provvedimento, che prevedeva il licenziamento nel caso dell’interruzione della didattica in presenza, ma la permanenza della connotazione di “organico Covid” la dice lunga sull’intenzione di non mettere mano ad un intervento strutturale sulla formazione delle classi. Il rifiuto di molte/i precari di accettare l’incarico su quel tipo di nomina ha sicuramente dato forza all’azione sindacale e all’emendamento passato alla Camera, che ha modificato il punto che ridurrebbe il precariato della scuola a livelli mai raggiunti. Nella situazione delle scuole “fai da te”, nel progressivo aumento dei contagi, nella mancata soluzione dei problemi di fondo della Scuola preesistenti alla pandemia, che richiederebbero ben altri investimenti e ben altre idee per essere risolti, il governo e in particolare la ministra Azzolina, insistono su concorsi ingovernabili stante la situazione sanitaria. Tra l’altro la rigida interpretazione di cosa sia un concorso pubblico non solo esporrebbe al contagio, ma taglierebbe fuori coloro che si trovano in quarantena e non potrebbero partecipare. I sindacati firmatari del contratto nazionale hanno indetto una giornata di mobilitazione per il 14 ottobre che va sostenuta, come tutte le manifestazioni di dissenso sulle misure prese fin qui sul sistema di istruzione, che alle sbandierate assunzioni per 84.000 posti di lavoro ne vede assegnati solo 24.000, che ripropone contratti a termine, cioè precariato, per circa un terzo del personale impiegato nelle scuole, quando se ne potrebbe assumere gran parte con un concorso per titoli e servizio, come è già avvenuto in passato. Non si vede all’orizzonte un rilancio del sistema pubblico: Scuola, Sanità, Trasporti e servizi vari. I soldi provenienti dall’Europa rischiano di essere assorbiti a pioggia dalle divinità del nostro tempo, le imprese, che beneficerebbero invece anch’esse di un sistema pubblico solido e funzionale. La riduzione di risorse al settore pubblico, per riportarne gran parte nel mercato è alla base di tanti guai messi in evidenza dalla pandemia, invertire drasticamente la tendenza restituirebbe maggiore vivibilità ed equità collettiva e aumenterebbe persino il PIL di lor signori.
Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE