articoli

Polonia: una sinistra rinnovata torna in Parlamento

di Franco
Ferrari

 

di Franco Ferrari

Le elezioni polacche del 13 ottobre hanno confermato a grandi linee le previsioni della vigilia sciogliendo un solo interrogativo che era rimasto in sospeso: la conferma o meno della maggioranza assoluta per il partito nazional-conservatore Legge e Giustizia (PiS). La risposta degli elettori però non è stata univoca perché se, da un lato, al Sejm, la camera bassa del parlamento, il PiS ha confermato la forza precedente e quindi la possibilità di continuare a governare da solo, al Senato, eletto con un sistema maggioritario anziché proporzionale , è sceso a 48 seggi su 100 e questo potrebbe creargli qualche difficoltà nell’imporre la propria politica.

Va detto comunque che il consenso dell’elettorato polacco  al governo uscente si è dimostrato ancora molto forte, tanto più significativo se si pensa che c’è stato un significativo aumento della partecipazione elettorale, salita dal precedente 50,92% ad un inaspettato 61,74%, corrispondenti a 3 milioni di votanti in più. Di questi il PiS se ne è aggiudicati 2 milioni e 300mila, che gli hanno consentito di salire dal 37,58% al 43,59%.  Questo consenso è particolarmente forte nelle regioni occidentali ma soprattutto nei piccoli centri e nelle zone rurali, mentre resta nettamente al di sotto della media nazionale nelle grandi e medie città. Nelle due circoscrizioni di Varsavia raccoglie il 28% dei voti, nettamente sopravanzato dall’opposizione liberista della Coalizione Civica. 

Le ragioni del successo del PiS sono largamente condivise dagli analisti politici. Il conservatorismo culturale, con le sue polemiche contro “l’ideologia LGBT”, i tentativi di rendere ancora più restrittive le norme sul diritto delle donne ad abortire ha radicato il partito nelle zone interne e più arretrate del Paese. L’ostilità contro i migranti, denunciati come “portatori di malattie” e minaccia all’identità cattolica tradizionale della Polonia, ha trovato un ascolto favorevole soprattutto in parte dei ceti popolari. Una certa dose di nazionalismo e di propaganda anti-russa ma anche ultimamente anti-tedesca ha solleticato le corde di una concezione etnicista e non laica dello Stato nazionale. Tutti temi che gli sono valsi il sostegno militante della Chiesa cattolica che in Polonia più che in altri paesi resta un solido baluardo reazionario.

Questi temi non sarebbero però bastati ad allargare il blocco elettorale della destra nazional-conservatrice se non fossero stati accompagnati da una serie di misure sociali e redistributive che hanno alleviato effettivamente le condizioni economiche e sociali di quella parte significativa del paese che non ha tratto alcune beneficio sostanziale dal ritorno ad un capitalismo di stampo liberista. Non solo il sostegno economico dato per i figli dei 550 szloty (da cui sono escluse, in coerenza con una visione familista e moralmente punitiva della società, le donne singole) , ma anche l’aumento del salario minimo, la riduzione dell’età di pensionamento, ecc.

Certo, tutto questo è stato favorito dalla buona condizione economica della Polonia, che è passata sostanzialmente indenne dalla grande crisi, la cui situazione è però fortemente legata a quella della Germania. Con le difficoltà dell’economia tedesca che a sua volta vive soprattutto di un modello basato sulle esportazioni, potrebbero restringersi i margini di bilancio per mantenere le promesse di nuovi interventi sociali fatte dal PiS in campagna elettorale. Considerato che resta intatta una struttura fiscale assolutamente regressiva, non toccata da qualche rivendicazione demagogica sulla tassazione per le aziende in mano agli stranieri o i grandi supermercati anch’essi per lo più controllati da multinazionali. 

Gli altri due elementi strutturali, ma che possono avere effetti nel più lungo periodo, con i quali può scontrarsi l’egemonia nazional-conservatrice sono l’evoluzione demografica che resta negativa nonostante le politiche di incentivazione messe in atto dal governo per il calo delle nascite e per la consistente emigrazione che ha portato in 15 anni 2 milioni e 300 mila polacchi a cercare lavoro all’estero, e una struttura sociale in cui influisce ancora in modo rilevante il mondo collegato all’attività in agricoltura. 

Non hanno pesato invece sugli elettori del PiS lo scarso rispetto per le norme democratiche (controllo dei mezzi di informazioni, subordinazione politica della magistratura, violazione della Costituzione) espressione di una cultura politica autoritaria,  basata su un populismo reazionario. Queste hanno portato a critiche dall’Unione Europea che il partito di governo è riuscito a rappresentare come violazioni al diritto del “popolo” polacco di decidere liberamente delle proprie scelte. 

A favore della vittoria del PiS in queste elezioni ha giocato anche il fatto che il principale partito di opposizione e quindi, in questa fase, l’unica alternativa di governo disponibile, che si è presentato come Coalizione Civica, abbia un profilo più liberista che liberale. Questa del resto è stata la visione politica che lo ha guidato negli otto anni in cui è stato al governo. La Coalizione (basato sul parti Piattaforma Civica, che è stato guidato da Donald Tusk, attuale Presidente del Consiglio europeo) ha cercato di conquistare anche un elettorato più progressista integrando, in un ruolo che rimane sostanzialmente subalterno, esponenti moderati fuoriusciti dall’Alleanza della Sinistra Democratica e i Verdi. Fra le figure di spicco quella di Barbara Nowacka, militante del movimento femminista che ha fondato, dopo varie peripezie, un proprio partito, Iniziativa Polacca.

Coalizione Civica ha promesso di non rimettere in discussione le misure di politica sociale approvate dal governo precedente e si è presentata soprattutto come forza europeista in contrasto con l’euroscetticismo (per la verità più propagandistico che reale) del PiS. Tutto questo non ha convinto l’elettorato che ha punito la Coalizione facendola scendere dal 31,69% al 27,40%.

Positivo è stato invece il risultato ottenuta dalla alleanza della sinistra che ha raccolto un lusinghiero 12,56%. Un aumento percentualmente non fortissimo dato che nel 2015 con due liste separate aveva l’11,17%, ma che ha consentito di rientrare nel Sejm con una squadra corposa di 49 deputati. Vi si aggiungono due senatori, uno dei quali eletto nel collegio elettorale della città di Częstochowa. Dal punto di vista formale la lista presentata era quella dell’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD) perché il sistema elettorale polacco prevede una soglia di sbarramento per i partiti (5%) e uno per le coalizioni (8%). Nel 2015 l’SLD si era presentato come coalizione e mancò di poco la soglia dell’8% e resto fuori dal parlamento per la prima volta, per non correre rischi questa volta si ha scelto questo formula giuridica.

Al di là dell’aspetto formale, la lista Lewica (Sinistra), era una coalizione con tre attori principali (rappresentati, ahimè, da tre maschi): l’Alleanza della Sinistra Democratica, che è l’erede del Partito Operaio Unificato Polacco, comunista, al potere fino al 1989; il partito “Primavera” di Robert Biedron, politico dichiaratamente gay e impegnato da tempo contro le discriminazioni di carattere sessuale: “Lewica Razem” (Sinistra Insieme), la componente più radicale dell’alleanza, ispiratasi a Podemos e aderente all’euromovimento della “Primavera Europea” fondato da Varoufakis.

La combinazione di queste forze non è stata per nulla facile. Al momento della sua fondazione, avvenuta, nel maggio 2015, Razem aveva escluso qualsiasi alleanza con l’SLD (gli ex-comunisti), in quanto questi, quando erano stati al governo, erano stati protagonisti nell’applicazione di politiche liberiste e dell’adesione della Polonia alla NATO. Solo pochi mesi fa, alle elezioni europee, le tre formazioni si erano presentate separatamente. L’SLD era in coalizione con la Coalizione Civica e il Partito contadino con l’idea di costruire un eterogeneo fronte anti-PiS che ottenne però l’effetto contrario, di rafforzare quest’ultimo. “Primavera” di Biedron presentò una propria lista ottenendo 3 europarlamentari, che hanno aderito al gruppo socialdemocratico, come i 5 eletti di SLD. “Lewica Razem” ha presentato una propria lista ottenendo un 1,24%, insufficiente per conquistare seggi.

Nonostante le difficoltà, tra cui anche non pochi mal di pancia dentro “Lewica Razem”, e una convergenza costruita piuttosto frettolosamente, si può dire che l’unità abbia funzionato. I 49 seggi conquistati consentono di rappresentare tutte e tre le componenti maggiori, con 20 seggi all’Alleanza Democratica di Sinistra, 13 a Primavera di Biedron e 8 a Lewica Razem e gli altri indipendenti. Restano ancora problemi per costruire una proposta realmente credibile date le differenze di impostazione tra i tre i partiti, considerato che solo Razem può essere considerato di “sinistra radicale”, secondo la definizione che di essa danno i politologi.

Al Senato, dove come detto vige il maggioritario e non il proporzionale,  la coalizione di Sinistra ha deciso di stringere un patto con Coalizione Civica. L’accordo ha funzionato perché ha costretto il PiS a restare sotto la maggioranza assoluta, ma ripropone il tema del rapporto con l’opposizione liberista. Se c’è una certa convergenza sui temi dei diritti civili, restano differenze importanti sulle questioni economico-sociali, anche se queste risultano più sfumate se si considerano le componenti più moderate della coalizione. Nel 2020 si voterà per il Presidente della Repubblica e si porrà il tema della possibile convergenza delle opposizioni per scalzare Andrzej Duda, esponente di Legge e Giustizia. Per Lewica Razem la promessa è che nel nuovo Parlamento si possa vedere finalmente un’opposizione vera che rompa il limitato bipolarismo tra liberisti e conservatori.

 

 

PiS, Polonia
Articolo precedente
Rispettiamo storia e memoria
Articolo successivo
La Sinistra Irlandese e la Brexit

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.