articoli

Pinkwashing Meloni

di Paola
Guazzo

Lo spin doctor di Meloni, sia o non sia Penna Bianca Morgan, deve averle detto che non basta prendere più voti di Letta: serve il cuore (nero) oltre l’ostacolo, serve interpretare già il ruolo di Madrina (della patria, ma anche di Sanremo) e che per far questo qualche minima apertura di coronaria pink o rainbow bisogna pur crearla. Problema che per esempio non ha la tedesca Afd con Alice Weidel, lesbica dichiarata con prole, addirittura sposata con donna non bianca. I colori sono importanti anche in Italia; se si vuole essere capo del governo partendo da Colle Oppio e avendo una classe dirigente imbarazzante, tra un ritratto di Codreanu e un “modello Terracina”,  una pur minima “finizzazione” della propria retorica politica è necessaria. Quale miglior sponda di un movimento non connotato solo a sinistra, che brama in certi suoi aspetti un accesso istituzionale al potere, la cui forza principale sono  identità che non sempre hanno il combattere il capitalismo come prima pulsione, semmai integrarvisi meglio, mentre è sicuramente primaria la pulsione a dare pagelle con spuntine ai programmi lgbtqia+ dei partiti in modo capzioso? Non mancano nemmeno i precedenti di un rapporto di alcuni soggetti con la destra estrema, si fas est superare divos, come direbbe Catullo riprendendo Saffo (un livre de chevet che forse Meloni tiene secretamente in considerazione?): ricordiamo la straziante lettera di Cristiana Alicata al neo-eletto Alemanno, in cui la lesbica “progressista” di area PD (poi renziana, poi gli aggiornamenti si perdono) si inteneriva per la celtica che lui portava al collo, in quanto simbolo identitario e le identità in fondo sono belle solo perché esistono, e ricordiamo Paola Concia visiting professor a Casa Pound. Una prece. Che Iddio scacci il demone dalla mente lesbica.

Tornando all’oggi: il siparietto del dialogo con il militante lgbtqia+ salito sul palco a Cagliari, in cui la Nostra fa sfoggio di un tono da statista veteropatriarcale con un bonario e immondo “Avete già le unioni civili” e il commovente carteggio con Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli e padre adottivo di bimba down, sulle adozioni ai single, che si conclude addirittura con la proposta di una pizza in comune, lei, lui, Ginevra e Alba, e un messaggio analogo al primo “Meglio essere adottate da un gay che stare in una casa-famiglia”. La tolleranza repressiva in cui questo gioco si alimenta e galleggia appare chiara, meno chiara la necessità di chi partecipa come comparsa al pinkwashing di Meloni. Gioco che si sta estendendo anche al suo partito: al festival FLAG, che si terrà dall’8 settembre a Roma, sarà presente anche Chiara Colosimo, nota per la sua foto con il ritratto del fascista agrario e antisemita Codreanu alle spalle, al dibattito finale con Cirinnà et alia.

La strategia reciproca di Meloni e di una parte di soggetti del movimento appare chiara. Un “do ut des”, un bisogno di pinkwashing che sarà in qualche modo ricompensato sul piano dei singoli. In fondo il neoliberismo è anche questa riduzione dei diritti dei molti a favore dei favori a pochi.

Ci si domanda, infine, perché, consigli di Morgan a parte, questa decisionista, questa donna del fare, notoriamente eterissima, non si spinga oltre facendo coming out per prendersi TUTTI i voti del PD. Per ora ci tocca solo un blando ma pervasivo pinkwashing, tuttavia non disperiamo: lo spettacolo è appena cominciato.

Paola Guazzo

Articolo precedente
Non mollare
Articolo successivo
Il tradimento dell’Occidente di Gorbaciov come preludio alla guerra in Ucraina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.