Continuiamo le note sul tema del cambiamento climatico, con l’approssimarsi dell’apertura della CO28, la Conferenza delle Parti sul Cambiamento Climatico (CC) che si sta per aprire il 30 novembre a Dubai, sino al 12 dicembre, esse hanno la funzione di evidenziare di alcuni aspetti di una tematica straordinariamente complessa, di un promemoria, di un invito a focalizzare la nostra attenzione su quanto si deciderà e presumibilmente su quanto di importante non si deciderà in quella conferenza. Molto ci sarebbe da dire sulle condizioni in cui versano i lavoratori che impiegati nella costruzione delle infrastrutture necessarie alla conferenza1. Il fatto che il paese organizzatori gli Emirati Arabi Uniti sia uno dei gradi produttori di petrolio ovviamente getta un’ombra di sospetto, ma avremo modo di verificarlo e forse, visti i precedenti, non aggiunge poi molto alle difficoltà sino ad ora riscontrate per giungere a pratiche condivise realmente efficaci nel contrasto al cambiamento climatico.
Il punto di riferimento per una analisi ed una conoscenza approfondita sulle cause ed il procedere del CC è il lavoro dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change https://www.ipcc.ch/, in particolare l’ultimo rapporto di sintesi prodotto nel marzo di quest’anno2. Il cambiamento climatico è provocato dal processo di riscaldamento globale a sua volta conseguenza dell’emissione nell’atmosfera di gas climalteranti in primo luogo l’anidride carbonica ed il metano. Le conseguenze già le oggi registriamo nella sempre maggior frequenza di fenomeni metereologici, sempre più estremi e in cambiamenti progressivi e permanenti nel profilo climatico delle diverse regioni del globo. L’integrità degli ecosistemi è aggredita, la continuità dei loro processi di riproduzione è spezzata tanto quanto la continuità della loro estensione; il cambiamento climatico interagisce ed accentua l’azione dei processi di antropizzazione in generale che operano maniera più o meno evidente; in modo evidente quando gli ecosistemi semplicemente spariscono, per insediamenti e attività estrattive, produttive, residenziali e logistiche, meno evidente quando si immettono nelle matrici ambientali, nelle catene trofiche sostanze che in natura no esistevano o si modifica radicalmente l’equilibrio di altre sostanze naturalmente presenti. Il caso più citato è quello delle materie plastiche la cui presenza per un verso è evidente ed ingombrante, sino a produrre vere e proprie isole e quasi continenti nei mari e negli oceani, per altro verso sono invisibili -con effetti micidiali per la salute umana e delle altre specie viventi- quando si frammentano e diventano micro e nano plastiche, con la capacità di penetrare negli spazi cellulari. Per quanto riguarda le materie plastiche uno dei fenomeni più paradossali è la capacità dei rotiferi una componente dello zooplancton delle acque dolci e marine, di frantumare, ridurre le dimensioni delle particelle di plastiche presenti nelle acque3, contribuendo così alla loro diffusione nelle catene alimentari, in ogni interstizio degli ecosistemi. Questo fenomeno dimostra come siano imprevedibili e complessi gli effetti dell’introduzione di sostanze contaminate negli ambienti naturali,
L’attività industriale, l’industria chimica in particolare ha prodotto una pletora di sostanze che fuoriescono dai processi produttivi e riproduttivi e vengono rilasciate negli ambienti, contaminano le matrici ambientali aria, acqua, suolo- ed interferiscono in modo profondo e pervasivo con tutti i processi vitali. L’ECHA, la European Chemicals Agency, nel suo registro REACH4 ha registrato 22.539 sostanze, alla data del 31 ottobre di quest’anno5. Nel 2019 l’ECHA ha lanciato il REACH Evaluation Joint Action Plan per rivedere i criteri di registrazione e controllo. “Il piano d’azione è in linea con il nuovo piano strategico 2019-20237 dell’ECHA, che pone la generazione di dati, l’identificazione e la regolamentazione delle sostanze che destano preoccupazione al centro del lavoro dell’ECHA nei prossimi anni. Tuttavia, offre un approccio nuovo e più ambizioso per identificare le sostanze che meritano di essere regolamentate e per ottenere la conformità entro un periodo di nove anni”6
Un fenomeno di contaminazione e rottura degli equilibri naturali di presenza di sostanze negli ambienti naturali del tutto sconosciuto ai più è quello della salinizzazione.
La salinizzazione dell’acqua dolce è il processo di variazione delle concentrazioni relativi ai livelli di fondo a causa di attività umane (ad esempio, l’agricoltura, l’applicazione di sali per sciogliere il ghiaccio sulle strade, l’estrazione di acqua e risorse, il cambiamento climatico, e l’aumento del livello del mare). Sebbene molto meno studiata rispetto ad altre questioni ambientali la salinizzazione è ampiamente accettata in quanto presenta grandi sfide per la biodiversità delle acque dolci e costiere7.
Gli effetti della salinizzazione dipendono dalla composizione ionica e dalle concentrazioni, sia in termini di salinità di fondo che di cocktail chimici di ioni creati da attività antropogeniche. La combinazione di ioni diversi (ad esempio, Na+, K+, Cl–, CO32–, SO42–)) e la mobilitazione di altri elementi o ioni (ad esempio, Cu, Mn, Zn, Sr, NH4+, PO43–) può portare a conseguenze habitat-specifiche estremamente diverse e complesse.
L’aumento della salinizzazione è un problema in quanto può aumentare lo stress o la mortalità degli organismi d’acqua dolce, portando ad una perdita di diversità e/o funzionalità degli ecosistemi d’acqua dolce, ma anche di conseguenza dei servizi e dei benefici che forniscono alle società umane.
La produzione del sale inteso come cloruro di sodio, sale da cucina, ha raggiunto nel 2022 294 milioni di tonnellate8.
Il numero delle sostanze chimiche registrate nel REACH, l’inquinamento da materie plastiche, quello misconosciuto del ‘sale’ e dei sali in generale di dicono come il processo complessivo di antropizzazione sia ormai fuori controllo, nonostante negli ultimi decenni progressivamente si sia preso coscienza del livello critico a cui si era giunti a livello dei governi e delle istituzioni internazionali, siano state introdotte norme più cogenti. Il cambiamento climatico, la devastazione degli ecosistemi, la contaminazione delle matrici ambientali, sono processi che procedono in modo intrecciato con un effetto sinergico complessivo.
Le diverse popolazioni del globo e classi sociali al loro interno sono esposte a tutto questo in modo sempre più fortemente diseguale e sino ad ora ha prevalso la logica della competizione a tutti i livelli sulla capacità di cooperare, sulla necessità di riconvertire di trasformare dalle radici i rapporti di produzione e riproduzione. La competizione tra i diversi sistemi nazionali e sovranazionali si applica a tutti i livelli ed in particolare sempre più sul piano militare, in termini di ampliamento degli apparti, di innovazione tecnologica ad essi applicata sino al dispiegamento nello scontro militare diretto, peraltro essenziale per la sperimentazione dell’efficacia delle infrastrutture, delle tattiche, delle strategie e dei sistemi d’arma.
Sul piano del contrasto al cambiamento climatico e processi correlati, lo sviluppo degli apparati militari ha un ovvio effetto negativo in quanto sottrae quote crescenti di risorse, economiche, finanziarie, tecnologiche, umane e sociali ad ogni livello. Il degrado climatico e ambientale costituisce un elemento sempre più preso in considerazione nello sviluppo delle strategie, nella definizione delle condizioni in cui le forze militari vengono ad operare, nell’effetto sulla stabilità strutturale dei contendenti reali e potenziali dello scontro. Lo scenario dei conflitti degli ultimi decenni ha mostrato come le varie forme di conflitto, simmetriche o asimmetriche, abbiano devastato le condizioni ambientali oltre che il tessuto sociale delle comunità coinvolte, rendendo di fatto inabitabili interi territori. Infine il bilancio in termini di emissioni e di consumo energetico è diventato parte, per lo meno nei paesi più avanzati tecnologicamente come gli stati Uniti, della progettazione ed organizzazione degli apparati, delle infrastrutture e dei sistemi d’arma. In atri tempi, nella guerra del Viet Nam l’uso dei defolianti, del famoso Agente Orange, ebbe conseguenze drammatiche oltre che sull’integrità degli ecosistemi sulla salute delle popolazioni9 che si sono prolungate nei decenni.
Il quadro delle conseguenze attuali del CC -ampiamente documentate- è più che allarmante dalla siccità che sta colpendo il bacino del Rio delle Amazzoni e dei suoi affluenti, quindi sul complesso della foresta fluviale, polmone del pianeta, allo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia e nelle piattaforme polari, tuttavia a rendere più drammatiche le previsioni è l’analisi su quanto il cambiamento climatico continuerà ad operare anche una volta raggiunto il Net Zero, il livello zero delle emissioni climalteranti come emerge da uno studio di Frontiers in Science10.
In queste poche note emerge da un lato la necessità di abbreviare i tempi nei quali riuscire a ridurre a zero le emissioni dei gas climalteranti e dall’altro come tutto il sistema produttivo e riproduttivo debba essere radicalmente trasformato per proteggere e garantire la salute delle popolazioni e degli ecosistemi. La complessità e l’imprevedibilità dei processi in corso rende assai problematico ogni tentativo di accomodamento al cambiamento climatico, alla contaminazione delle matrici ambientali ed al collasso degli ecosistemi. In realtà noi sappiamo sin da oggi che le conseguenze dell’attuale stato di cose si prolungheranno ben al di là nel tempo, sulle prossime generazioni. Si apre di fronte a noi una alternativa radicale che si gioca in ogni territori e regione del globo, in ogni ambito e rete sociale, tra la protezione della qualità di vita e della possibilità di sopravvivenza per tutto il genere umano o per una sua ristretta minoranza destinata a riprodursi in ambiti artificiali in cui far riprodurre la vita, protetti dal caos circostante; ma come mostrano tanti racconti di fantascienza, alla fine il caos supera ogni barriera, travolta dall’interno, da una logica di competizione mortale.
- https://www.wired.it/article/cop-28-emirati-arabi-caldo-estremo-lavoro-sfruttamento/.[↩]
- https://ipccitalia.cmcc.it/climate-change-2023-ar6-rapporto-di-sintesi/.[↩]
- https://phys.org/news/2023-11-zooplankton-ocean-freshwater-rapidly-escalating.html.[↩]
- https://environment.ec.europa.eu/topics/chemicals/reach-regulation_en.[↩]
- https://echa.europa.eu/lt/registration-statistics https://echa.europa.eu/documents/10162/2741157/registration_statistics_en.pdf/58c2d7bd-2173-4cb9-eb3b-a6bc14a6754b?t=1686750748164 [↩]
- https://echa.europa.eu/documents/10162/21877836/final_echa_com_reach_evaluation_action_plan_en/0003c9fc-652e-5f0b-90f9-dff9d5371d17.[↩]
- https://www.cell.com/trends/ecology-evolution/fulltext/S0169-5347(21)00340-2 vedi in particolare l’introduzione di questo numero monografico sul tema https://aslopubs.onlinelibrary.wiley.com/toc/23782242/2023/8/1 Special Issue:Salinization of Freshwater Ecosystem, The anthropogenic salt cycle https://doi.org/10.1038/s43017-023-00485-y, pubblicato sulla rivista ‘nature reviews earth & environment’ e gentilmente inviato dal dott. Paul Mayer.[↩]
- https://www.statista.com/statistics/237162/worldwide-salt-production/.[↩]
- https://ilmanifesto.it/leredita-dellagente-arancio https://liviosenigalliesi.com/proj/vietnam/ https://progressive.international/wire/2021-02-09-us-firms-behind-agent-orange-stand-trial-in-france/it.[↩]
- https://blog.frontiersin.org/2023/11/14/cop28-new-study-highlights-need-to-address-risk-of-continued-global-warming-after-net-zero/ https://www.frontiersin.org/journals/science/articles/10.3389/fsci.2023.1170744/full.[↩]