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Nostra patria è il mondo intero: mappamondo

Nostra patria è il mondo intero

di Giovanni
Russo Spena

di Giovanni Russo Spena

“L’Italia agli Italiani”, “protezione etnica”: questi messaggi infami, come le conferenze organizzative di Bannon in Europa, che sta organizzando un processo di “trumpizzazione”, ci richiamano a un percorso classico (chi ricorda Weimar?): il cosiddetto “populismo sovranista” è una riedizione contemporanea del vecchio “nazionalismo”. In tutto il mondo si chiama “nazionalismo”.
Il “sovranismo” è, infatti, solo un ritagliarsi un’identità in contrapposizione all’appartenenza all’Unione Europea. Esso contrappone l’interesse nazionale in quanto tale (ma l’interesse dei capitalisti nazionali è identico a quello dei lavoratori, dei disoccupati ecc. di quella nazione?) non a guasti, errori, contraddizioni del progetto comunitario ma al progetto comunitario in quanto tale. Progetto, a sua volta, condizionato, ab initio, dalle sovranità nazionali in contrasto/competizione tra loro, favorendo multinazionali e mercati finanziari. I cosiddetti “europeisti” sono stati e sono aspramente antieuropeisti. In Europa assistiamo a un processo di decomposizione delle forze politiche tradizionali.
Sto solo alle ultime settimane, per brevità. Da un lato, abbiamo avuto la condanna di Orban, evento importante perché ha significato un’inedita attenzione ai temi della democrazia. Questo voto ha evidenziato la rottura del gruppo moderato conservatore, profondamente diviso tra il centrismo della Merkel e l’aggressione delle forze sovraniste reazionarie (Orban, Salvini, Paesi del patto di Visegrad ecc.) che tentano di condizionare, anche nelle elezioni primaverili, il PPE aggredendo, di fatto, l’UE stessa. In secondo luogo abbiamo letto la rilevante relazione politica di Junker sul destino dell’UE, disegnando un ruolo securitario, di polizia, ultraliberista. Ha ragione Franco Russo che scrive: “Si è nel mezzo di una lotta per l’egemonia tra un’oligarchia legata al capitalismo globalizzato e forze reazionarie che tentano di saldare istanze popolari e interessi capitalistici sotto le bandiere della xenofobia, creando un nemico su cui dirottare la rabbia sociale: i migranti. Tenere insieme retorica anti-UE e richieste di sostegno a Bruxelles per gestire i flussi migratori non sarà un compito facile.
La retorica anti-élite può coprire molte contraddizioni, ma alla lunga non può sanarle”. Chi ha creduto (e crede) al Manifesto di Ventotene e ha lottato contro i Trattati europei non può che rifuggire da questi schieramenti: liberismo capitalistico o liberismo sovranista/nazionalista, che si contendono il campo in maniera totalizzante. Siamo autonomi e contrapposti sia al patriottismo liberista sia al patriottismo nazionalistico. Il sistema politico europeo è, infatti, investito da questo terremoto perché i nodi strutturali vengono al pettine. Il capitale globalizzato ha intensificato brutali livelli di concorrenza non solo tra gli Stati, ma all’interno di ognuno di essi, devastando la formazione sociale, favorendo la costruzione di “blocchi reazionari di massa” che, in Italia, vengono organizzati dal governo stesso.

L’Italia è, in questo contesto, il ponte tra il patto di Visegrad e il gruppo dei Paesi storici fondatori dell’Unione. La costruzione sovranazionale europea, l’insieme di norme e di architettura istituzionale, ha sottratto violentemente ai popoli la sovranità democratico-costituzionale. Il “pilota automatico” di Draghi è stato il punto di riferimento del “patriottismo europeista/liberista”. Lo strangolamento della Grecia, pur nel silenzio quasi generale, ha lavorato nel profondo dell’animo dei popoli europei, generando, insieme alla repressione recessiva Paese per Paese, rancore, spaesamento, disillusione. L’Italia era il Paese più filo-europeo, oggi è quello che sente l’UE lontana e nemica. Occorre, quindi, una rottura radicale con le cornici istituzionali dell’Europa realmente esistente. Ma questo non significa illudersi di poter tornare alla sovranità nazionale.

Il progetto dell’Europa politica si rilancia a partire dai conflitti per la cittadinanza transnazionale. L’UE è pessima, ma il campo è quello. Non convince contrapporre al progetto comunitario liberista il presunto interesse nazionale in quanto tale. Il “sovranismo autoritario” parla in nome del popolo ma agisce come Stato autoritario, al servizio dei poteri forti e non può che prospettare improbabili autarchie. Non è lo Stato nazionale la struttura depositaria della democrazia. La democrazia nasce, invece, dal riemergere dei campi conflittuali per l’attuazione della Costituzione repubblicana. I valori della patria sono stati certamente parte delle costruzioni democratiche. Ma la patria del Manifesto di Ventotene rifiutava la statualità sovrana delle leggi razziali e delle guerre mondiali.

Ha ragione Marco Bascetta: “la nazione contro l’acido corrosivo della modernità industriale e urbana, promossa dal presunto complotto ebraico internazionale che tirava le fila sia del capitalismo che del socialismo: è materiale molto pericoloso da maneggiare con cura”. Soros e Marx sono i nemici del nazionalismo in versione rosso-bruna. La sinistra non può rinunziare a lottare contro i poteri economici, culturali, mediatici, politici che sono dentro lo Stato nazionale come dentro l’architettura dell’Unione Europea. La sovranità dell’art. 1 della nostra Costituzione è sovranità di popolo, non delle nazioni. In un contesto sovranazionale, euromediterraneo. Per questo penso all’Europa come campo del conflitto, non dell’adesione acritica o della fuoriuscita. Continuo a pensare che la nostra patria sia il mondo intero.