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Masse e potere (a proposito di trattori)

di Roberto
Musacchio

“Se non hanno pane, che mangino brioches”. Questa frase, attribuita a Maria Antonietta di fronte alla rivolta per il pane ma in realtà già presente in un aneddoto precedente raccontato da Rousseau, mi è venuta in mente ascoltando Ursula von der Leyen comunicare che la direttiva sulla limitazione dei pesticidi veniva ritirata di fronte alla lotta dei trattori. Se hanno fame che mangino chimica.

Come mi sono venuti in mente Canetti e Ingrao, divisi da una vocale in due loro libri importanti. Massa e potere per Canetti, che indaga il rapporto tra i comportamenti di massa ed i poteri totalizzanti. Masse e potere di Ingrao che riflette su come le masse fanno democrazia reale oltre quella liberale. Mi sono venuti in realtà in mente anche i vari modi con cui ci si è rapportati al mondo agricolo, da quelli bucolici a quelli verghiani; da Lenin a Stalin; da Grieco a Sereni (pensando al dibattito nel PCI del dopoguerra) e dalla CGIL alla “bonomiana” (pensando all’Italia di quel periodo); dalla Pac (Politica agricola comunitaria) agli Ocm (Organizzazione comune di mercato) pensando alla parabola europea; dalla Sovranità alimentare di Via Campesinas a quella “usurpata” delle destre ma con le “sinistre” ormai “fuori campo” (in senso metaforico e reale).

Mentre pensavo a tutto questo ho avuto “scambi” di opinioni sui “ricchi agrari alleati della chimica” e sulle “virtù del veganesimo favorite dalla carne sintetica” che mi hanno depresso.

I ricchi agrari in trattore hanno “costretto” von der Leyen a fare una cosa che non fa mai per definizione: rispondere ad un conflitto. Il moderno ancien regime, come io chiamo la UE, non lo fa perché è un potere senza democrazia. Dare chimica è come dare le brioches di Maria Antonietta, segno di un potere morente? O è conferma del patto tra i perfidi agrari e l’alleato chimico? Un tempo sulle dinamiche sociali ci si interrogava. Era il fondamento del marxismo. La realtà è un fatto”materiale” (in senso ideologico e non economicista) frutto della dialettica di classe e va letta e organizzata. Anche il capitalismo non ancora finanziarizzato lo fa. Nel PCI si discuteva nel dopoguerra tra Grieco e Sereni su come organizzare il mondo contadino dove, diceva Grieco, i braccianti sono altro dai mezzadri. Intanto la DC scindeva la bonomiana (Coldiretti) dalla CGIL e costruiva un pezzo del suo potere. Nell’Urss di Stalin, l’alleanza pensata da Lenin diventava le “purghe” tragiche di Stalin contro i Kulaki che si opponevano alla collettivizzazione. Oggi, nel Mondo, l’agricoltura sta tra i latifondi e i Sem terra dell’America Latina, le gigantesche farmers senza lavoro degli USA, la desertificazione e la fame di interi continenti. Sta tra multinazionali chimiche, brevettazioni genetiche, land grabbing (accaparramento di terre altrui), artificializzazione per produrre senza terra e senza lavoro.

Poi c’è la UE, che nasce dall’Europa delle riforme agrarie e va verso il modello USA. Cioè procede attraverso il dogma del libero scambio (che tale non è e in agricoltura è un non senso perché il cibo ha bisogno al contrario di sovranità alimentare e cioè di rapporto ravvicinato col territorio) a ridurre costantemente la quota di lavoro agricolo, il territorio riservato alla riproduzione, impoverendo le biodiversità, aumentando le concentrazioni proprietarie e produttive. È la UE della Pac che dà i soldi favorendo i più ricchi e le cattive pratiche ma che considera questo un passato cui sostituire attraverso il libero scambio l’espropriazione di cibo e terre altrui. Con un po’ di greenwashing per chi è passato dal voler combattere il capitalismo a voler mangiare le brioches biologiche.

La lotta dei trattori per il potere UE è un inciampo. Dovuto alla guerra che, con le sanzioni alla Russia, ha fatto venir meno cose prodotte lì e non ancora sostituite e ha fatto lievitare i prezzi. Dunque, diamogli la chimica. Per le sinistre libero scambiste però quei trattori non esistono proprio o sono corporativi, protezionistici, nazionalisti. Poi ci sono quelli che stanno, per carità giustamente, con i vegani e con i braccianti immigrati ma lo fanno sui social e non frequentano i campi.

Queste ultime sono note amare di chi rimpiange la fatica, ma anche la passione, di studiare sul campo, di camminare domandando. Di chi mantiene l’idea materialista che era di Laura Conti del bisogno di una responsabilità di specie rispetto ai cicli biologici su cui è intervenuta pesantemente la mano dell’uomo. Di stare tra Marx e Darwin. Di evitare il prometeismo delle artificializzazioni per cui il capitalismo pensa di crearsi un pianeta b, quello che giustamente i movimenti dicevano che non esiste. Sì, i movimenti, quelli ormai dispersi in Europa e ancora di più in Italia. Dove più che i trattori abbiamo avuto le sardine, scomparse con le destre al governo. Dove abbiamo il PD passato da Grieco e Sereni, da Conti e Cipolla a De Castro. E “noi” ridotti all’urlo o all’eticismo. Che non stiamo in campo.

Roberto Musacchio

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