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Mark Rutte lascia la politica e il futuro politico olandese è estremamente incerto

di Alessandro
Scassellati

È caduto il governo in Olanda. Mark Rutte, “Mister Teflon”, è arrivato al capolinea della sua lunga carriera politica e la crisi della coalizione di governo si è consumata su una proposta restrittiva della politica verso richiedenti asilo e rifugiati. Ora il futuro politico olandese è altamente incerto e si chiarirà solo dopo le elezioni anticipate di metà novembre con un probabile spostamento a destra del Paese.

La caduta dell’inossidabile Mark Rutte

Un’aspra spaccatura sulla politica di immigrazione, o più precisamente sulla regolazione del diritto d’asilo e della protezione per i rifugiati, ha fatto cadere il governo di coalizione guidato da Mark Rutte, il primo ministro olandese più longevo (dall’ottobre 2010), a dimostrazione del dibattito sempre più polarizzato in Europa su come gestire le migliaia di persone che rischiano la vita nella speranza di reinsediarsi sul continente. Tra le preoccupazioni per la crisi degli alloggi con prezzi e affitti alle stelle, gli alti prezzi del gas e l’inflazione, una parte delle forze politiche al governo hanno cercato di dare la colpa ai migranti stranieri, il perfetto capro espiatorio: studenti internazionali (ci sono circa 123 mila studenti internazionali nell’istruzione superiore nei Paesi Bassi – il 15% di tutti gli studenti del Paese), “espatriati” ricchi e, in particolare, richiedenti asilo. È così che, dopo tempestosi negoziati tra i quattro partiti al potere, sono emerse differenze “insormontabili“.

Sabato 8 luglio, Rutte ha rassegnato le sue dimissioni al re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro, ponendo fine al più lungo governo del primo ministro olandese (al suo quarto mandato con 13 anni di governo) e aprendo la strada a nuove elezioni generali in novembre. La fragile coalizione che sosteneva il governo era formata da quattro partiti: quello guidato da Rutte, il liberale (in Europa legato al partito di Macron) Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD), i Democratici 66 (D66) di centro-sinistra, l’Appello Cristiano Democratico (CDA) di centro-destra e il conservatore Unione Cristiana. C’erano voluti 10 mesi per concordare la formazione del governo ed è durato in carica meno di 18 mesi.

Lunedì Rutte ha anche annunciato che lascerà la vita politica (ma per lui si parla della possibile nomina alla carica di Segretario Generale della NATO o alla presidenza del Consiglio Europeo). Diversi partiti durante il fine settimana hanno escluso di entrare a far parte di una coalizione di governo con lui e un sondaggio di opinione per un programma di attualità ha fatto emergere che su 18.000 persone quasi tre su quattro hanno dichiarato che era “inaccettabile” che Rutte tornasse come primo ministro e l’83% pensava che la sua quarta amministrazione avesse fatto un pessimo lavoro. Così Rutte ha annunciato che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Comunque, supervisionerà un governo provvisorio fino alla formazione di una nuova coalizione, un processo che nel frammentato panorama politico olandese richiederà mesi. L’amministrazione ad interim non può decidere su nuove politiche, lasciando una serie di questioni importanti, dagli obiettivi climatici e all’agricoltura dall’edilizia pubblica all’immigrazione, nel limbo fino al 2024.

Rutte è stato soprannominato “Teflon Mark” per la sua capacità di sopravvivere alle controversie politiche, ma negli ultimi anni ha dovuto affrontare crescenti critiche sulla sua gestione della politica agricola e del cambiamento climatico che ha scatenato la reazione politica degli agricoltori olandesi (che avversano la politica governativa contro l’inquinamento da azoto), nonché uno scandalo sui sussidi governativi per l’assistenza all’infanzia nel 2021 (per cui 20 mila famiglie, molte appartenenti a minoranze etniche, sono state erroneamente accusate di frode sui sussidi) e una crisi per il giacimento di gas di Groningen.

Gli analisti hanno a lungo affermato che Rutte è sempre stato un operatore politico abile e esperto con un talento per costruire e mantenere alleanze improbabili, tanto che i suoi critici pensavano che fosse sempre più interessato al potere che ai principi. Non ha mai trovato difficile, ad esempio, assecondare l’estrema destra su questioni come l’immigrazione, i “valori olandesi” e l’integrazione, formando la sua prima coalizione nel 2010 con il sostegno dell’infuocato politico anti-islam Geert Wilders.

Anche in Europa, la sua leadership dei “frugali” contrari ai salvataggi dell’UE ha suscitato la furia degli Stati membri del sud, che lo hanno soprannominato “Mister No”. Ma alla fine è sempre riuscito a trovare una causa comune con Germania e Francia sulla maggior parte delle questioni. Rutte era un veterano della generazione di leader europei socialmente liberali e fiscalmente conservatori che hanno determinato la politica neoliberista dell’Unione Europea dopo il crollo finanziario del 2008. La politica di austerità che ne è derivata ha contribuito a spianare la strada all’ascesa dei partiti populisti, al capro espiatorio dei migranti e a un’impennata nazionalista in tutta Europa.

Nonostante i suoi alti e bassi in patria, Rutte è stato una presenza instancabile sulla scena politica europea. Tra gli attuali leader nazionali europei, solo l’ungherese Viktor Orban è stato più a lungo al governo. Rutte, che non è sposato, vive nella stessa casa a L’Aia che ha comprato con amici studenti decenni fa ed è stato visto camminare o andare in bicicletta alle riunioni di gabinetto o alle visite di Stato sgranocchiando una mela. Nel corso della sua carriera politica, ha continuato a insegnare un corso di studi sociali in una scuola superiore dell’Aia e aveva detto che gli sarebbe piaciuto dedicarsi a tempo pieno dopo aver lasciato la politica.

La stretta sul diritto d’asilo

Rutte ha attribuito la tempesta politica a “uno scontro di valori” nel governo di coalizione a quattro partiti sul tema dell’asilo. Apparentemente, infatti, la causa principale delle dimissioni di Rutte è riconducibile al fatto che la coalizione parlamentare non è riuscita a raggiungere un accordo su nuove misure più severe in materia di asilo. Il VVD e il CDA hanno rotto l’alleanza con gli altri due partner della coalizione, l’Unione Cristiana e il D66, che non erano d’accordo con la proposta del VVD di creare un sistema di asilo a due livelli – temporaneo per coloro che fuggono da un conflitto e permanente per le persone che fuggono da persecuzioni politiche o religiose – con restrizioni riguardo alla possibilità del ricongiungimento familiare per i primi. L’Unione Cristiana e il D66 hanno insistito sul fatto che i bambini e i genitori che chiedono asilo nei Paesi Bassi hanno il diritto di essere ricongiunti, mentre il VVD ha chiesto restrizioni, sebbene il numero di richiedenti asilo quest’anno dovrebbe essere di 45.000 (di cui 21.500 non europei), più o meno lo stesso del 2022 (in un Paese di 18 milioni di abitanti). Tra le regole del piano proposto da Rutte, la più contestata dai partiti minoritari della coalizione era l’introduzione di una soglia mensile per limitare l’ingresso nel Paese dei parenti dei rifugiati: il piano prevedeva di consentire l’ingresso soltanto a 200 persone al mese.

La questione dei richiedenti asilo è diventata una delle questioni più controverse nei Paesi Bassi dallo scorso autunno, quando si sono verificate scene disperate in un centro di accoglienza a Ter Apel, con persone che dormivano fuori per giorni e un bambino che è morto in un affollato palazzetto dello sport. Per risparmiare, il governo aveva tagliato personale e posti nei centri di accoglienza. I tempi di attesa per il trattamento delle domande di asilo sono diventati sempre più lunghi. Inoltre, le condizioni altamente speculative del mercato immobiliare fanno sì che non ci siano quasi posti liberi negli alloggi di edilizia pubblica.

La politica olandese sull’asilo è già più severa di quella di molti Paesi europei, ma un recente aumento dei richiedenti asilo da Paesi come la Tunisia e il Pakistan, e l’ascesa di partiti di destra come il Partito per la libertà (PVV) di Geert Wilders e il movimento populista contadino-cittadino (BoerBurgerBeweging – BBB), che chiedono la chiusura dei confini del Paese, ha riacceso il dibattito e le contrapposizioni politiche. Il BBB è guidato da Caroline van der Plas e ha ottenuto una vittoria a sorpresa alle elezioni regionali di marzo (mentre tutti i partiti di governo hanno registrato perdite significative) ed è ora il principale partito al Senato con 16 senatori (mentre alla camera bassa ha un solo deputato).

La questione dell’accoglienza di richiedenti asilo e profughi, e più in generale dell’immigrazione, rimane una questione politicamente controversa non solo in Olanda, ma in tutta l’UE. Sebbene la migrazione verso l’Europa non abbia raggiunto i livelli osservati nel 2015 e nel 2016 durante l’apice del califfato dello Stato Islamico e della guerra civile siriana, le ricadute economiche della pandemia di CoVid-19, il conflitto in Ucraina e parti dell’Africa e le crisi politiche, sociali e ambientali nel Sud del mondo stanno spingendo le persone dai loro Paesi d’origine, spesso attraverso rotte pericolose e irregolari soggette al traffico di esseri umani.

Rutte ha promosso gli sforzi dell’Unione Europea per rallentare la migrazione verso il blocco. Il mese scorso aveva visitato la Tunisia con Meloni e Von der Leyen per offrire più di 1 miliardo di euro in aiuti finanziari per salvare l’economia in bilico del Paese nordafricano e per arginare la migrazione dalle sue coste verso l’Europa.

L’incerto futuro politico olandese ed europeo

Le dimissioni di Rutte significano che quattro elezioni europee ad alto rischio si svolgeranno entro la fine dell’anno. In Spagna, elezioni anticipate il 23 luglio potrebbero vedere una presenza della destra radicale al governo per la prima volta dal ritorno alla democrazia. In Slovacchia, un partito amico di Putin contrario a un ulteriore sostegno militare all’Ucraina è in testa ai sondaggi. In Polonia, il partito nazionalista conservatore Legge e Giustizia spera in una terza vittoria consecutiva questo autunno.

Secondo la stampa olandese, un numero crescente di elettori si era detto stanco della leadership di Rutte, ma ora non ci sono alternative ovvie. Il principale rivale politico del VVD nelle elezioni autunnali sarà un partito di protesta dei contadini (BBB) che ha sconvolto il panorama politico e conquistato la maggioranza dei seggi al Senato olandese alle elezioni provinciali di marzo. Il VVD è stato il partito più votato alle elezioni del 2010, del 2012, del 2017 e del 2021, ma questa volta rischia di perdere voti e primazia. I sondaggi danno il BBB a 27%, mentre il VVD al 21%.

L’esito delle elezioni generali di metà novembre è imprevedibile nel frammentato sistema multipartitico olandese, dove la fiducia nel governo è ai minimi storici. Per 10 anni Rutte si è dimostrato un maestro nella ricomposizione di un sistema politico caleidoscopico che attualmente comprende 20 partiti, e ha dominato la politica olandese. Il suo ritiro lascia un vuoto che forze più estreme sperano di colmare. Dopo la pandemia, nei Paesi Bassi come altrove, le sfide del costo della vita e della crisi energetica, l’aumento della migrazione globale e la transizione verde si sono rivelate un vantaggio per la destra radicale, la cui influenza sta filtrando nel mainstream. Rutte ha avuto la capacità di creare consenso al centro, anche affrontando in modo opportunistico questioni controverse come l’immigrazione, riuscendo sostanzialmente a tenere sotto controllo una tensione xenofoba, cospirazionista e illiberale nella politica olandese. In sua assenza, questo compito potrebbe diventare più difficile da svolgere.

Dopo le dimissioni del governo Rutte, il partito PVV anti-immigrazione di estrema destra guidato da Geert Wilders ha iniziato la campagna elettorale e nei sondaggi viene dato al 14%. Wilders è probabilmente il leader politico europeo con il programma più radicale nei confronti di Islam e immigrazione, fatta eccezione per i gruppi apertamente neofascisti o neonazisti. Da tempo il suo partito chiede la chiusura di tutte le moschee olandesi e il divieto di ingresso nel Paese per i musulmani.

Anche il movimento contadino-cittadino di Caroline van der Plas (BBB), vincitore a sorpresa alle elezioni provinciali di marzo, ha dato avvio alla sua campagna elettorale. Il BBB è un movimento populista di destra e corre con una piattaforma a favore degli agricoltori in un momento in cui i Paesi Bassi devono ridurre drasticamente l’inquinamento da azoto. Il piano del governo Rutte, contro il quale si batte BBB, mira a ridurre di un terzo il numero di capi di bestiame per cercare di dimezzare le emissioni di azoto entro il 2030. I livelli di azoto nel suolo e nell’acqua superano i limiti dell’UE nei Paesi Bassi, il secondo esportatore di prodotti agricoli in valore dietro agli Stati Uniti. La questione degli agricoltori, quindi, tocca un nervo scoperto, in particolare nelle zone rurali.

Wopke Hoekstra, ministro degli Esteri e leader del CDA, il tradizionale partito contadino conservatore ormai surclassato dal BBB, ha già detto che non guiderà il CDA alle elezioni dopo il crollo del sostegno di quest’anno.

Sinistra-Verde (Groenlinks), data al 13%, e il partito Laburista (il socialdemocratico PvdA), dato all’11%, hanno detto nel fine settimana che chiederanno ai loro membri di formare una coalizione di centro-sinistra per le elezioni (si sono già presentati insieme alle elezioni provinciali di marzo dove hanno fatto eleggere 14 senatori). Nell’attuale camera bassa hanno rispettivamente 8 e 9 deputati.

Da solo si presenterà il Partito Socialista (SP) che all’ultimo congresso di giugno ha adottato un nuovo programma di principi che definisce i suoi valori fondamentali e la sua visione della società incentrata sul controllo democratico. Alle elezioni provinciali di marzo ha fatto eleggere 3 senatori, mentre ha 9 deputati e viene dato all’8%. L’SP ha operato come partito indipendente all’interno del gruppo Sinistra unitaria europea-Sinistra verde nordica fino alle elezioni europee del 2019, quando ha perso tutti i seggi al Parlamento europeo.

Da solo si presenterà anche il Partito per gli Animali (PvdD) che ha 6 deputati e viene dato al 10%. Il focus del partito è sul benessere degli animali e la protezione dell’ambiente. Il partito ha anche punti di vista distintivi su istruzione, privacy, assistenza sanitaria ed economia. Il partito fa attualmente parte del gruppo Sinistra unitaria europea-Sinistra verde nordica.

Un altro partito di sinistra è Denk attualmente rappresentato in parlamento con 3 seggi che viene dato al 2%. Il partito sostiene una politica di immigrazione di mentalità aperta, maggiori libertà civili e la ridistribuzione finanziaria dai ricchi ai poveri.

Ci sono poi almeno un’altra decina di piccoli partiti – in maggioranza di centro-destra o destra-centro – che si presenteranno alle prossime elezioni con la possibilità di ottenere da 1 a 3 seggi, alimentando la grande frammentazione del sistema politico olandese.

Alessandro Scassellati

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