Care amiche e cari amici,
mi permetto di rivolgermi a tutti coloro che in questi anni drammatici, cercano individualmente o in gruppo, di non essere sopraffatti dagli avvenimenti avversi, di non subire passivamente i colpi che il governo Meloni assesta alla democrazia e al welfare, che si oppongono alla propaganda bellicista dell’Unione Europea, che cercano di costruire un’alternativa di pace ai conflitti in corso e un assetto più avanzato, egalitario e solidale alla nostra società.
Una premessa.
Le classi dirigenti europee debbono oggi registrare una doppia disfatta.La prima:hanno perso la folle scommessa di sconfiggere la Russia in Ucraina.Il cambio di padrone a Washington, costretto a riconoscere la sconfitta della Nato, le ha gettate nello sconforto e nella confusione. La seconda: dopo più di 30 anni dalla nascita dell’Unione Europea escono sconfitte dalla competizione capitalistica mondiale per cui l’Unione era stata fondata.Come mostra il Rapporto Draghi, il livello di produttività e di sviluppo tecnologico dell’economia europea resta largamente indietro a quello degli USA e della Cina.Ma il fallimento non si limita a questo. Le diseguaglianze sociali sono esplose in tutti i paesi del Continente, il welfare si è ristretto, precarietà e impoverimento dei ceti popolari e medi sono crescenti, la democrazia è svuotata, milioni di cittadini disertano sempre più le urne mentre crescono le formazioni di destra estrema.Aggiungo un dato dimenticato:l’Italia, paese fondatore dell’UE, che negli anni ’80 era diventatala la “quarta potenza industriale del mondo”, è da anni in conclamato declino. E oggi, a rendere completo il quadro del fallimento storico dell’Unione, grava su tutti i governanti del Continente l’infamia incancellabile di aver concorso al genocidio del popolo palestinese.La tanta celebrata superiorità morale dell’occidente celebra qui i luminosi valori sui cui di fatto si è storicamente fondata: il massacro coloniale dei popoli del Sud del mondo.
E’ dunque per nascondere tale somma di disfatte, per mascherare la loro confusione e disperazione, la mancanza di una prospettiva da offire ai propri popoli che i governanti europei cercano la strada di un rilancio economico attraverso l’industria bellica, sperando anche di conseguire una qualche unità di condotta politica. Ma per motivare una scelta che appare come un ulteriore, drammatico errore strategico, sono costretti a mettere in piedi una gigantesca menzogna: la minaccia militare della Russia.Come sappiamo, esponenti politici e giornalisti stanno tentando e tenteranno con ogni mezzo possibile, con tutte le falsificazioni di cui sono capaci, una campagna di intimidazione e paura, di stravolgimento dello spirito pubblico, tentando di convincerci di essere in pericolo.
Dunque oggi e nei prossimi mesi un nodo centrale dello scontro politico si concentrerà sulla comunicazione. E questo pone ai gruppi, alle associazioni, ai piccoli partiti, un problema ineludibile: come raggiungere l’opinione pubblica che nel frattempo viene manipolata da TV e giornali padronali? Oggi, diversamente che sulle cause della guerra in Ucraina – dove è stato ed è difficile spiegare ai cittadini le cause storiche che l’hanno provocata – il compito di smontare la narrazione bellicista è più facile.Nessuna potenza ci minaccia, la necessità del riarmo è, con ogni evidenza, priva di fondamenti reali, il danaro speso in strumenti di morte e di distruzione è sottratto alla sanità, alla scuola, ai bisogni civili del Paese. Ma si può andare oltre. L’arma della paura che politici e stampa metteranno in campo può essere rovesciata. Siamo noi che possiamo seminare l’allarme tra i cittadini, mostrando che i governi vogliono stravolgere in senso militarista la formazione scolastica delle nuove generazioni, intendono ripristinare l’esercito di leva, trascinare i nostri figli e nipoti in una possibile e assurda guerra.La maggioranza della popolazione europea è con noi.Le classi dirigenti stanno avanzando un progetto inaccettabile di impoverimento generale e di arretramento della nostra civiltà, Azzardo troppo grave ingiustificato perché essa venga accettato dai cittadini.Perciò una tale battaglia concentra la potenzialità di una resa dei conti, tra popoli ed élites, di portata storica..Se vinta, avrà l’effetto inevitabile di una radicale delegittimazione dell’intera classe dirigente europea.Una classe dirigente moralmente impresentabile, che ha impoverito l’Europa ed è oggi corresponsabile del genocidio in Palestina. Da qui dunque può nascere l’occasione storica di mandare a casa per sempre un’élite fallimentare e sconfitta, di avviare un cammino politico che riveda protagoniste le forze progressiste. Ma bisogna essere uniti e forti se vogliamo che l’esito della disfatta del ceto politico attuale non venga raccolto dalle destre.
Quali possibili compiti?
Ebbene, di fronte a un tale prospettiva, densa di pericoli e di possibilità, come possiamo agire e come stiamo operando? Io credo che oggi siamo gravemente inadeguati alle necessità.La rete e il web – strumenti preziosi di comunicazione e lotta politica – sono diventate una droga autoconsolatoria. I nostri computer e i nostri cellulari sono affollati di chat, in cui giungono certo informazioni importanti, ma nella cui fruizione, insieme a tante chiacchiere, si esaurisce gran parte del nostro impegno politico. Nessuno si pone il problema di portare le informazioni preziose che apprendiamo, le nostre stesse elaborazioni, fuori dalle ristrette cerchie élitarie in cui siamo rinchiusi. In oltre 3 anni di guerra io non mai visto, né a Roma né in altre città, qualche attivista diffondere un volantino rivolto ai comuni cittadini. Questa sterile autoreferenzialità dovrebbe essere oggetto di una seria riflessione da parte di tutti. Ognuno dovrebbe porsi il problema di come raggiungere con una informazione semplice, breve e immediata i cittadini. Chi ci governa usa i cannoni della propaganda mediatica, noi non utilizziamo neppure i coltellini svizzeri del volantino.
Dunque è necessario pensare a forme alternative di comunicazione rispetto alla rete. Occorre uno sforzo di creatività rivolto a questo fine.Volantinaggio, manifesti murali, comizi, spettacoli, proiezioni di film, flash mobbing di quartiere, ecc.Ricordo che sono attivi molti canali TV alternativi alla fabbrica di menzogne dei media dominanti, che dovrebbero essere pubblicizzati e spinti alla creazione di un qualche polo informativo unificato. Ma oggi è urgente parlare con gli studenti di fronte alle scuole e agli ingressi della facoltà universitarie, perché sono loro i soggetti minacciati dai disegni bellici dei nostri governanti. E’ paradossale che proprio i giovani, le prossime vittime delle scelte dissennate dei governi europei, siano i grandi assenti dalle nostre mobilitazioni.Ricordo che un tempo un giovane interessato alle vicende politiche del Paese entrava in una sezione di partito e poteva cominciare un percorso.Oggi gli spazi urbani sono un deserto. Perciò occorre inventare una nostra presenza pubblica più o meno costante e sistematica. I banchetti e i tavolini ,attrezzati di volantini e materiale informativo e propagandistico, dovrebbero costituire, nelle piazze delle città, dei presidi sistematici della nostra battaglia, tanto più che si sta avviando la campagna per i referendum.Fra poco nello spazio pubblico si muoveranno anche i sindacati.
Solo cortei di protesta?
All’interno dei movimenti pare che il fine supremo da raggiungere sia organizzare qualche manifestazione di protesta.Si dimentica che esse sono solo un mezzo e non un fine. Il fine sarebbe quello di sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma le tante piccole manifestazioni che noi abbiamo realizzato e continuiamo a imbastire, rimangono spesso episodi limitati, ignorati dai media e senza percettibili risultati sul piano della comunicazione e del consenso. Ma un altro deficit di natura intellettuale limita la nostra azione: l’assenza di rivendicazioni positive, di obiettivi realisticamente perseguibili, in cui i cittadini possono cogliere vantaggi visibili, sociali e di democrazia. Questa assenza di indicazioni alternative è diventata paradigmatica in tanti movimenti ambientalisti. Si continua a ricordare urbi et orbi che i ghiacciai si stanno sciogliendo, che il pianeta va in rovina, come se la gente non lo sapesse già, ma non si è capaci di dire al cittadino frustrato e impotente che cosa lui stesso può fare di utile per contribuire a fermare la catastrofe. Noi non solo dovremmo smontare pubblicamente le menzogne dei giornali e delle TV, sbugiardare, facendo nomi e cognomi, i giornalisti, ( come fa spesso Travaglio nei suoi editoriali sul Fatto) che producono falsi e deformazioni dei fatti, ma rivendicare anche diritti legittimi.Ad esempio una riforma della TV pubblica, sottratta all’arbitrio dei partiti, affidata alla gestione di un comitato di intellettuali autorevoli di varia tendenza. Mentre si dovrebbero pretendere diritti costituzionali di libera informazione, come la richiesta di un canale autogestito dalle forze politiche e culturali minori e dei territori, private oggi di qualunque voce e cittadinanza.
I Cinque stelle
Queste ultime osservazioni rimandano a una questione ineludibile. Chi propone in Parlamento richieste come quelle cui ho fatto cenno? E’ evidente che noi non possiamo fingere che oggi non esistano forze politiche organizzate che nella sostanza perseguono – e con maggiore efficacia di risultati – i nostri stessi obiettivi, soprattutto sul terreno della pace. A meno di non immaginare di poter cambiare la società italiana dando l’assalto al Palazzo d’Inverno, è dal Parlamento, e a maggior ragione dal governo, che bisogna passare, se si vuole sconfiggere e smontare i disegni liberticidi del governo Meloni, realizzare gli elementi di socialismo presenti nella nostra Costituzione. Dunque i movimenti, di qualunque fede e ispirazione, devono tener conto delle due formazioni politiche che rappresentano un punto di forza ineludibile nell’attuale scenario italiano: i 5S e AVS, cioé Sinistra Italiana e Verdi.
Nei confronti di queste due forze politiche ci si può porre in diversi modi: si può militare al loro interno o si può dialogare (e anche polemizzare su questo o quel punto), ma considerandole come forze amiche a cui è affidato il compito e la possibilità di imprimere un mutamento profondo al corso delle cose in Italia Si può ovviamente fare politica in tanti modi, anche fuori dai partiti, badando all’utilità collettiva della propria azione .I movimenti possono svolgere analisi più libere e radicali della società attuale, potrebbero informare i comuni cittadini con propri strumenti, concorrere a rafforzare un fronte comune con la ricchezza della pluralismo, ecc Ma debbo qui esprimere un parere personalissimo, assolutamente necessario, fondato su una esperienza pluridecennale.Lo faccio per scoraggiare una tentazione disastrosa, che è sempre in agguato tra le nostre file : il tentativo di costruire in Italia un altro soggetto politico autonomo.E’ stata per vent’anni la speranza di tanti di noi, ma da cui sarebbe disastroso farsi di nuovo attrarre. Oggi non esistono né le condizioni oggettive né quelle soggettive perché un simile progetto abbia successo. Sprecare di nuovo tante energie in questo compito, dopo tante e ripetute disfatte, nell’attuale situazione di drammatico arretramento di tutto il quadro politico, nazionale e internazionale, costituirebbe una forma di velleitarismo irresponsabile.
Ci sono tuttavia delle ragioni positive per abbandonare simili tentazioni. Occorre avere l’onestà di riconoscere che i 5S oggi rappresentano una forza avanzata, culturalmente attrezzata e forse unica nel panorama della sinistra europea.A quanto mi risulta neanche France Insoumise di Melanchon, per ricordare una delle più forti formazioni della sinistra europea, ha posizioni cosi nette contro la guerra in Ucraina come quelle dei 5S in Italia. Spesso da compagne e compagni, a cui faccio osservare le posizioni coraggiose di questo movimento, ricevo commenti venati di riserve e sospetti. Conte ha fatto questo, non ha fatto quello, ecc. Costituisce, a mio avviso un modo di pensare recriminatorio e infruttuoso, dovuto spesso al desiderio di conservare la propria piccola nicchia identitaria. Ma esso nasconde una grave incomprensione storica. I 5S sono stati necessariamente un movimento carico di ambiguità e di contraddizioni: hanno votato i decreti sicurezza di Salvini, ma hanno introdotto in Italia il reddito di cittadinanza; hanno prodotto una figura come quella di Luigi di Maio, rifugiatosi sotto la protezione di Mario Draghi, e quella di Alessandro Di Battista, oggi un solitario opinion leader che ha conservato la sua onestà radicale. E questo perché i 5S di Beppe Grillo hanno costituito una rivolta della società civile, l’unica in Europa che ha assunto una configurazione politica e ha conquistato un esecutivo. E la società civile non è un partito politico, ma un guazzabuglio… Questa unicità europea dei 5S andrebbe tenuta presente anche alla luce di una considerazione storica che sfugge in genere ai commentatori. L’Unione Europea, con le sue politiche di austerità, di precarizzazione del lavoro, di riduzione del welfare, è stata realizzata e gestita da forze e governi di sinistra e centro sinistra. Dopo 30 anni di presenza a vario titolo nei governi dei paesi d’ Europa, la sinistra ex comunista, socialista, socialdemocratica appare per quello che è: una forza dell’establishment, un pilastro di un sistema consolidato di potere. Oggi lo conferma sostenendo un programma di guerra e armamenti. La forze politiche da cui molti di noi provengono, oggi si ergono a difesa dello status quo, del dominio del capitale.E’ tale dato di realtà che consente ai dirigenti della destra di presentarsi ad ampie fasce di giovani come rivoluzionari, sovvertitori dell’ordine ingiusto che li priva di ogni avvenire.La destra in Europa avanza per tale ragione storica.
In Italia dunque i 5S, che non provengono dalle tradizioni socialiste, occupano un vuoto drammatico.Vastissime realtà operaie e popolari sono rimaste senza rappresentanza. E anche per questo si autodefiniscono progressisti, piuttosto che di sinistra. Ma il movimento non è più quello di Grillo, esso è stato rifondato da Giuseppe Conte con l’Assemblea Costituente dello scorso anno.Un’operazione che gli ha ridato una piena legittimazione dal basso, ma ha anche fondato un nuovo soggetto politico, con una operazione di partecipazione democratica che non ha eguali nella nostra storia politica recente.
La manifestazione del 5 aprile.
Non è necessario qui sottolineare il rilevante successo di quella giornata che ha rinnovato i fasti di più felici stagioni della nostra storia e ha inciso sullo scenario politico nazionale. Essa ha mostrato le grandi potenzialità delle forze pacifiste quando riescono a presentarsi unite.Ma indica la straordinaria forza di collante del pluralismo che ha il tema della pace, Voglio invece rispondere a delle osservazioni critiche mosse alla posizione di Conte, relative al programma di riarmo, perché mi consentono di terminare con una osservazione di carattere generale. Alcuni rimproverano a Conte di accettare pur sempre una forma di riarmo, dunque le permanenza della Nato, oltre che di accreditare la versione dominante della guerra, vale a dire della Russia paese aggressore e dell’Ucraina paese aggredito.Il segretario dei 5S in realtà propone una ristrutturazione degli eserciti europei, con una razionalizzazione delle spese, per un esercito di difesa ammodernato ma limitando gli armamenti di attacco e di offesa.Noi certo vorremmo che proponesse una posizione di totale disarmo, di uscita dell’Italia dalla Nato, di condanna degli USA e dell’UE per aver deliberatamente provocato la guerra in Ucraina, ecc.Ma questo è quello che appartiene alla sfera del desiderabile, non, per il momento, del possibile. E la politica (risorsa scarsa) è la scienza del possibile.Perciò non posso non porre la domanda a chi avanza tali riserve: quanti manifestanti avrebbero mobilitato i 5S se Conte avesse adottato una piattaforma così radicale? Domanda che porta alla seguente considerazione: un segretario di partito non può comportarsi come un libero intellettuale, ma ( senza tradire la sua onestà personale) deve calibrare la propria posizione pubblica non solo tenendo conto degli equilibri interni, ma anche delle relazioni con le altre forze politiche, oltre che dei rapporti di forza. Non dimentichiamo quali potenze sovranazionali operano oggi al di sopra degli stati. E in l’Italia dobbiamo farcene una ragione, senza un’alleanza con il PD oggi non è possibile alcun governo alternativo. Si tratta di stabilire a quali condizioni e con quali programmi. E’ insomma un salto di realismo e di comprensione politica che i movimenti devono compiere, oltre che scendere per le strade e le piazze, se vogliono svolgere la loro funzione autonoma, anche di spregiudicatezza teorica e intellettuale, di promozione culturale, senza isolarsi ma rafforzando la lotta comune con chi ha gli strumenti per trasformare in leggi della Repubblica le nostre idee e le nostre proposte.
Dunque, in un momento di grande pericolo, ci si schiude uno scenario di grandi possibilità.Oggi il capitalismo neoliberista dell’occidente sta subendo una sconfitta storica.La sua egemonia si sta sbriciolando con una accelerazione sorprendente e inattesa. Perciò non è più possibile giocare con i nostri velleitari narcisismi, occorre un salto di maturità politica, se non vogliamo disperdere le potenzialità della situazione presente in un ennesimo e rischioso fiasco.Ricordiamo che ricercare l’unità significa lavorare per la vittoria.
Piero Bevilacqua
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APPREZZO E CODIVIDO
sì alla militanza e no al militarismo