Può un Presidente della Repubblica (in regime semipresidenziale) “fregarsene” del voto popolare? In Francia c’erano i re che facevano e disfacevano politica, guerre e corti. Si sa poi quanto la Storia Repubblicana pesi in quel Paese. È ad essa che il Fronte Popolare si è appellato in un secondo turno delle legislative chiamando ad una desistenza contro le destre che ha consentito alla ormai scompaginata maggioranza presidenziale di prendere molti più seggi di quanti il sistema elettorale gli avrebbe concesso. Desistenza che per altro Macron ha anche applicato in modi assai ridotti. È alla Storia Repubblicana che ora il Fronte Popolare si appella per impedire che a Macron riesca un vergognoso scippo della volontà popolare. Il Presidente nelle urne ha avuto il venti per cento. E questo dopo aver deciso lui di sciogliere l’Assemblea nazionale e quindi di fatto chiedendo un voto su di sé. L’ottanta per cento, da sinistra a destra, ha votato contro di lui e le sue politiche. Pretendere di costruirsi una nuova maggioranza a propria immagine e somiglianza, cosa per altro impossibile se non facendosi appoggiare da Le Pen, è fuori dalle prerogative del gioco democratico. Se arrivasse a questo saremmo di fronte ad uno scandalo storico. Le regole francesi prevedono che un governo per insediarsi non abbia bisogno della fiducia. Lo si può cacciare con la sfiducia. Macron lo sa bene perché i suoi governi sono stati sostanzialmente di minoranza. Ad esempio per portare a termine la cosa più grave, l’attacco alle pensioni, contro milioni di francesi in sciopero permanente, si è avvalso, non avendo i numeri in parlamento, della prerogativa di bypassare il voto di merito e di passare perché la sinistra non ha sommato la propria sfiducia alla destra. Anche l’ultimo ballon d’essai della pregiudiziale contro Mélenchon, usato anche per tradire la desistenza, è stato smascherato dalla mossa del leader di FI di auto escludere la propria forza dal governo. A patto di rispettare il programma su cui il Fronte Popolare ha preso i voti. Ma è quello che Macron non vuole. Non vuole che si ripristino i diritti pensionistici e si aumenti il salario. Conta in questo di avere le spalle coperte dalla stessa destra che pure fu contraria al taglio delle pensioni e dunque lavora a dividere il Fronte Popolare, che però reagisce unito. È questa la prerogativa di un Presidente? Francamente siamo ben oltre e fuori le regole democratiche. Macron conta anche sul sostegno della UE che in materia di pensioni è il mandante delle controriforma. UE che ormai è solita intervenire a gamba tesa contro la volontà popolare espressa nelle urne. Lo sa bene la Grecia di Tsipras che fu massacrata dal commissariamento e dalla austerità. Ma i commissariamenti di fatto hanno riguardato tanti Paesi, dal Portogallo all’Irlanda. E l’Italia ha conosciuto con il governo Monti, nato da una lettera della BCE allora diretta da Draghi, un commissariamento “condiviso”. Ma d’altronde è da Maastricht che l’ideologismo neoliberale detta le scelte e impedisce le alternative. La truffa peggiore è spacciare tutto ciò per “scontro tra europeisti e sovranisti” quando in realtà siamo allo scontro tra modello sociale europeo e liberismo, tra capitalismo e democrazia, tra dominanti e dominati.
Per questo chiamo spesso questa UE “Europa reale” e la paragono ad un “moderno ancien regime”. Re Macron è un’ulteriore conferma. Ma i re si possono e si debbono deporre.
P.s. chiederei a quanti si stracciano le vesti per la democrazia in Venezuela, a partire dalla UE che ha sostenuto tutti gli autoproclamati come Guaido’, di essere democratici a casa propria, con i propri cittadini che non sono sudditi.