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Le nuove misure di contrasto della povertà del DL n. 48 del 2023: quale coerenza con le indicazioni sovranazionali e con le Carte dei diritti europee?

di Giuseppe
Bronzini

Sommario: 1. Premessa. 2. L’assegno di inclusione. 3. Il supporto alla formazione e al lavoro. 4. La fine del principio di “congruità” dell’offerta di lavoro. 5. L’incoerenza delle misure introdotte con le indicazioni sovranazionali.

 

1. Premessa. Lo scopo di questi brevi note è quello di esporre le principali ragioni di criticità che riguardano le due nuove prestazioni, l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro, che dovrebbero decollare dal 1.1.2024 (artt. 1-18 del Decreto legge n. 48).

I punti più delicati- a parere di chi scrive- riguardano le platee coinvolte, le offerte di lavoro che condizionano l’erogazione delle prestazioni e la coerenza complessiva delle due nuove misure, anche sotto il profilo dell’adeguatezza delle prestazioni e dei requisiti di accesso, con le indicazioni sovranazionali, da ultimo dettagliate con la Raccomandazione del Consiglio del 30.1.2023 (che avuto il voto favorevole del Governo italiano) e con la Risoluzione del Parlamento europeo del 15.3.2023 ed il rispetto delle prescrizioni della Carta dei diritti UE ( art. 34.3, ripreso, e reso più stringente, dall’art. 14 del Pilastro europeo dei diritti sociali) e con la Carta sociale europea (artt. 30 e 31).

Dalle ultime rilevazioni disponibili sul sito dell’INPS emerge che a Marzo 2023 i nuclei beneficiari del RDC erano 902.246 (90%) mentre i nuclei beneficiari della pensione di cittadinanza (PDC) erano 103.408 (10%) per un totale di 1.005. 654; nei primi tre mesi i percettori di almeno una mensilità di RDC o di PDC ammontavano a ben 1.238.019 per un totale di 2.643.516 persone, in diminuzione rispetto ai precedenti mesi, secondo alcuni studi, per molteplici fattori come la ripresa produttiva, la difficoltà nel presentare documentazione aggiornata (DSU), le restrizioni previste dai media con la Mia, un certo disorientamento di prospettive1. Si tratta comunque di un numero altissimo di soggetti protetti con le precedenti misure a fronte di indicatori più generali che attestavano nel 2019 (con peggioramento durante la pandemia) 18 milioni di cittadini a rischio di esclusione sociale e sei milioni in povertà assoluta (il 28,7% del totale), nonché tre milioni di persone che ricorrono ai pacchi alimentari2: una estensione del RDC durante la pandemia era già avvenuta con il Reddito di emergenza in via provvisoria che aveva reso meno selettivi alcuni criteri di accesso .

Nonostante l’Istat ci dica che il tasso di occupazione sarebbe aumentato di uno o due punti negli ultimi mesi rimane il fatto che l’Italia detiene ancora il triste record per cui siamo tra gli ultimissimi tra i paesi membri come numero degli occupati (ultimi per occupazione femminile) e che i nostri salari sono gli unici che – nell’ambito dell’OCSE- sono diminuiti rispetto a trent’anni fa. Sono questi elementi nella loro connessione- tasso di occupazione molto bassa e salari indecorosi- che portano a ritenere che l’Italia non possa permettersi in alcun modo di incrementare gli eserciti dei suoi poveri o dei working poor senza minacciare la stessa coesione sociale, già così fragile e precaria, facendo precipitare parte del paese e settori importanti della società nell’emarginazione e nella disperazione. Studi recentissimi dimostrano che il RDC è riuscito ad attenuare situazioni di grave deprivazione materiale (oggetto di attenzione, in particolare negli indicatori offerti dall’Unione) come l’impossibilità di riscaldare le abitazioni, non potersi premettere un pasto proteico ogni due giorni, non poter godere neppure di una settimana di ferie, non poter comprare un televisore o una lavatrice etc. da cui non può che derivare il risentimento ed anche la rabbia per il cittadino escluso.

Certamente è quindi ingiustificabile l’idea, alla base della “ controriforma” del RDC, di restringere la platea dei beneficiari e di comprimerne gli importi del sostegno: inoltre la strada perseguita appare del tutto irrazionale ( e quindi solleva dubbi di costituzionalità) ed incoerente con le indicazioni europee. A ciò si aggiunge che le cosidette misure di condizionalità al lavoro sono realizzare con modalità che offendono la dignità delle persone mortificandole e spingendole ad accettare lavoretti indecenti, in spregio a principi già fissati da Convenzioni OIL del lontano 1934, elaborati poi ulteriormente in senso garantista nell’ambito dell’Unione europea.

Secondo le prime simulazioni circa una famiglia ( e quindi centinaia di migliaia di persone in stato di acuto bisogno ) su tre perderà la protezione, peraltro in base ad una stima molto ottimistica perché- come diremo- soprattutto il supporto per la formazione e l’inclusione è straordinariamente basso (350 euro), non integrabile con aiuti all’affitto o per il numero dei componenti il nucleo familiare, incredibilmente solo a tempo, ed espone a forme di “chiamata” al lavoro saltuarie ed a distanza dall’abitazione di residenza, che possono solo incrementare il senso di esclusione e di rifiuto3.

 

2. L’assegno di inclusione. Passiamo ora al merito delle due prestazioni introdotte dal DL, le cui ragioni di necessità ed urgenza potrebbero essere problematiche in quanto causate da un atto di abrogazione della precedente misura nella legge di bilancio, senza una sostituzione immediata con altre misure nella sede più pertinente per una revisione di aspetti del welfare così importanti.

Innanzitutto tra le finalità delle due prestazioni sparisce il “contrasto alla disuguaglianza” e quella di “assicurare un livello minimo di sussistenza, incentivando la crescita personale e sociale dell’individuo” che invece erano menzionati tra gli obiettivi del RDC.

Cominciamo dalla prima misura che è quella “ base”: l’assegno di inserimento dell’importo di 500 euro mensili (più eventualmente un contributo per l’affitto di 280 euro) incrementato secondo una scala di equivalenza parametrata al numero ed alle qualità degli appartenenti al nucleo familiare ripercorre lo schema del RDC anche se, in generale, riduce piuttosto energicamente l’effetto della scala di equivalenza con qualche vantaggio per i disabili. I requisiti ( non oltre 9.360 ISEE, un reddito familiare di non oltre 6.000 complessivi annui, un patrimonio mobiliare non superiore ai 6.000 euro aumentato in relazione al numero dei componenti, un patrimonio immobiliare di valore non superiore ai 30.000 euro per le seconde case cui viene aggiunto il valore della casa di residenza ove superi i 150.000 euro) sono, salvo l’aggressione al principio, prima seguito per il RDC, della irrilevanza della casa di proprietà ove si abita, simili a quelli del RDC. Simile al RDC è la duplice strada indicata ai beneficiari della messa a disposizione dei servizi sociali per patti per l’inclusione oppure- se possono lavorare- dell’avviamento ai centri per l’impiego(per i quali non è previsto alcun rafforzamento) per la sottoscrizione di un progetto personalizzato di attivazione lavorativa o formativa4.

La novità devastante concerne, però, che questo schema di protezione non riguarda tutte le famiglie che sono in stato di povertà e che soddisfano i severi criteri selettivi prima ricordati ma solo quelle che hanno nel loro nucleo un minore o un anziano o un disabile: è questa drastica selettività che porterà ad un allarmante ridimensionamento della garanzia dei mezzi elementari di vita escludendo, da quel che dicono le prime simulazioni come già accennato, centinaia di migliaia di già beneficiari del RDC.

Ha recentemente scritto sulla rivista online lavoceinfo Cristiano Gori, ascoltato studioso delle misure contro la povertà, ispiratore del REI, che pur sembra condividere dell’istituto europeo del reddito minimo garantito una versione molto austera5: “la riforma del reddito di cittadinanza abolisce il diritto di ogni cittadino- quale che siano la sua età, la condizione lavorativa o altro- a una vita minimamente decente. Questo diritto viene assicurato da tutti i paesi europei e l’Italia diventa l’unico a non prevederlo più. Difficile sottovalutare la portata storica di una simile scelta”. Sono affermazioni che condividiamo in pieno: l’Italia non solo è stato l’ultimo paese a dotarsi, seguendo le indicazioni dell’Unione europea ( e della sua Carta dei diritti all’art. 34.3.), di un sistema nazionale di contrasto al rischio di esclusione sociale onde garantire a tutti un’esistenza libera e dignitosa. Ma è anche lo stato membro che per primo è uscito dalla legalità sovranazionale contravvenendo non solo allo spirito ed alla lettera del suo Bill of rights dell’Unione (ribaditi all’art. 14 dell’European social Pillar) ma persino ad una recente Raccomandazione del Consiglio del 30.1.2023 a favore della quale l’attuale Governo ha votato. Famiglie che potrebbero avere un reddito familiare addirittura al di sotto dei 6000 euro annui o un ISEE ben inferiore ai 9.360 sono escluse per la mancanza di persone nel loro ambito che il legislatore ha ritenuto “meritevoli” di soccorso, anche se nessuno in famiglia è in grado di lavorare: lo stesso Gori parla di un “passaggio storico”, una regressione morale, culturale e sociale del nostro paese in presenza dei persistenti dati allarmanti sul prima ricordato dilagante fenomeno del rischio di esclusione sociale che viene affrontato con mezzi che, per definizione, non riescono a coprire interamente neppure la quota di povertà estrema in base ad una classificazione dei “meritevoli” irragionevole ed eccentrica rispetto agli impegni “europei”6 di ridurre in modo consistente e progressivo la mala pianta dell’esclusione sociale dai territori dell’Unione7.

3. Il supporto alla formazione e al lavoro. Alla prestazione dell’assegno se ne aggiunge un’altra denominata supporto per la formazione ed il lavoro che spetta ai soggetti(tra i 18 ed i 59 anni) che possono lavorare ma appartenenti a nuclei familiari che hanno un ISEE al di sotto dei 6000 euro annui (nelle bozze del DL si leggeva anche “in povertà assoluta”) che godono di 350 euro, non integrabili in ragione del numero di persone che appartengono al nucleo né con contributi per l’affitto e, soprattutto, per soli 12 mesi non rinnovabili, contravvenendo così alle varie Raccomandazioni sul reddito minimo dell’UE8 che stabiliscono che tutte le prestazioni di contrasto della povertà durino sino a che permane la situazione di bisogno9. I percettori sono obbligati a seguire corsi di formazione, ad accettare le offerte di lavoro proposte ma anche a partecipare a progetti utili alla collettività (torna così lo spettro dei lavori socialmente utili che la Corte di giustizia ed anche quella di cassazione sulla scia della prima ha ritenuto in linea generale forme truffaldine di mascheramento di un lavoro routinario sottopagato). L’ISEE cosi straordinariamente basso,non integrabile a certe condizioni verso una soglia più alta, l’entità del supporto e la durata della prestazione escludono in pratica che questo sussidio possa aiutare anche i cosidetti working- poor, come faceva il RDC che consentiva di incrementare il salario percepito con un lavoro sino alla soglia minima di sussistenza.

4. La fine del principio di “congruità” dell’offerta di lavoro. Comunque è sulle persone che possono lavorare che il DL realizza un cambio di registro anche culturale, dalla protezione e considerazione delle biografie dei beneficiari al workfare più autoritario , in quanto aggredisce con determinazione il principio di “congruità” nell’offerta di lavoro (nelle sue varie componenti) che strutturava il sistema del RDC. Se effettivamente il RDC rispondeva a criteri di universalismo selettivo (rivolto solo a chi si trovava in grave difficoltà) ed era condizionato all’accettazione di proposte di lavoro va rimarcato che doveva trattarsi di un lavoro “decente” secondo criteri di equità (anche riguardo alla sua praticabilità) e di riguardo alle competenze ed all’esperienza delle persone. Nel RDC il soggetto era costretto ad accettare solo la terza proposta di lavoro (poi sono diventate due sotto il Governo Draghi) , l’occupazione doveva trovarsi ad una distanza ragionevole dal luogo di residenza, il trattamento economico era quello contrattuale ma aveva necessariamente una durata minima (almeno sei mesi a tempo determinato o a tempo indeterminato) e, soprattutto l’offerta doveva rispettare l’insieme di competenze formali ed informali del soggetto in modo da non dequalificarlo e di offrire alla persone una vera chance di valorizzazione individuale minimamente coerente con i percorsi già intrapresi. Scopriamo invece nel DL (art. 9) che l’offerta può anche essere a termine, anche in somministrazione e part-time (di almeno il 60% dell’orario pieno), ma la norma non fissa alcun limite minimo e quindi il rapporto può essere anche di un giorno con una distanza sino a 80 km dalla residenza ( se è tempo indeterminato in tutto il territorio nazionale). Per dare un’idea dell’inaudita violenza, anche morale,che si eserciterà sul soggetto che riceverà una delle due prestazioni previste possiamo fare una simulazione: questi potrebbe essere costretto a recarsi per un giorno sino ad 80 KM da casa per un contratto part-time che, considerato che in alcuni settori il salario minimo è di circa 4 euro, comporterebbe un compenso di meno di 20 euro giornaliere, a pena di perdere il sussidio (che decade al primo rifiuto). Il principio di “congruità” attua principi già introdotti dalla Convenzione OIL del 1934 (ratificata dall’Italia post-fascista nel 1952) sul legittimo rifiuto di offerte di lavoro da parte dei beneficiari dell’indennità di disoccupazione (principi certamente estensibili alla percezione di risorse essenziali per una sussistenza decorosa) che poi le fonti dell’Unione europea hanno ulteriormente elaborato ma che il Governo ha platealmente ignorato. Una violenza mortificante nei confronti dei più deboli e degli esclusi per colpa di una società che non ha trovato sufficienti occasioni di lavoro “decente” e che oggi si vendica nei confronti delle vittime giudicate colpevoli dei tragici insuccessi di un sistema produttivo. E’ difficile oggi comprendere a pieno ed in concreto i meccanismi di irreggimentazione e di costrizione ai “lavoretti” che verranno dispiegati per accompagnare le persone sussidiate perché mancano ancora decine di decreti ministeriali che dovrebbero essere adottati in pochi mesi (nonostante i difficili concerti con il Garante della privacy ed addirittura con le Regioni), a cominciare da una schedatura di massa informatica degli esclusi che ricorda quella britannica dell’Universal credit, che hanno attirato l’attenzione della Corte di Strasburgo per violazione della privacy.

Il principio di “ congruità sostanziale” dell’offerta di lavoro che vale in linea generale anche per i cassa integrati o i percettori di Naspi è attenuato (art. 5) da una previsione che riguarda beneficiari dell’assegno di inclusione relativa all’istituzione di una piattaforma digitale che “ agevola la ricerca di lavoro, l’individuazione di attività di formazione e rafforzamento delle competenze tenendo conto da una parte delle esperienze educative e formative e delle competenze pregresse del beneficiario, dall’altra della disponibilità di offerte di lavoro, di corsi di formazione di progetti utili alla collettività”. Manca una tassativa indicazione che le offerte dovrebbero rispettare in modo vincolante le competenze acquisite in quanto le dequalificazioni sono una forma di attentato alla dignità essenziale delle persone; la norma sembrerebbe solo un vago orientamento per i progettatori di questa piattaforma, non una chiara prescrizione per chi poi decide quale lavoro affidare. Questa ambigua direttiva non opera per i percettori del “supporto” che invece rimangano in balia dei decisori amministratori che gestiscono quello che devono fare. Ma, anche a voler ipotizzare che il principio di congruità sostanziale sia in qualche modo penetrato nel DL, per lavori che presuppongono un minimo di qualificazione e di addestramento l’assunzione per un giorno o pochi mesi difficilmente può avere un valore di capacitazione reale e con effetti duraturi del soggetto, mancando il tempo materiale per l’inserimento nel processo produttivo. I soggetti in carico ben difficilmente potranno rifiutare offerte di lavoro di durata così esigua perché potrebbero perdere il sussidio dovendo dimostrare (davanti a chi: il giudice del lavoro?) che non sono coerenti con il loro bagaglio professionale e le loro competenze. La proclamata attivazione delle persone si converte così in un drammatico spreco di risorse umane, di dequalificazione forzata, che impoverisce la società e mortifica le persone. Infine la perdita totale del sussidio in caso di rifiuto anche di una sola proposta ci sembra sia in rotta di collisione con la finalità anche “alimentari “ e di emergenza umanitaria di un reddito minimo10: il Tribunale costituzionale tedesco, ad esempio, ha recentemente affermato che se il soggetto assistito contravviene agli obblighi previsti non può essere annullata la quota del RMG che consente l’accesso ai beni primari e cosi comunque operano le best practises dei paesi europei più progrediti socialmente11.

Analogo discorso deve farsi per i programmi di inserimento formativo per i beneficiari del “supporto”: per costoro è previsto ( art. 12) l’adesione (forzata) a servizi di accompagnamento e orientamento al lavoro, l’inserimento in progetti di formazione erogati da soggetti privati o pubblici o da fondi paritetici interprofessionali e da enti bilaterali ed ancora partecipare a progetti utili alla collettività anche se conserva una qualche possibilità di indicare quali progetti di formazione preferisca ed ancora l’adesione ai servizi e percorsi formativi previsti dal Programma nazionale per la Garanzia occupabilità dei lavoratori (GOL). Si è generato uno stato di caos legislativo (una confusione simile regna per l’assegno) di percorsi, alcuni su proposta del beneficiario, altri disposti o richiesti da altri soggetti, in una contaminazione tra pubblico e privato nella quale scolorisce la precedente ambizione ad una regia pubblica- tra Centri per l’impiego e Anpal- ad una regia pubblica della politiche attive, di ingegneria sociale e di coordinamento razionale delle iniziative disponibili per incrementare le competenze delle persone. Come è stato notato: nel patto di servizio personalizzato (che vale sia per il supporto che per l’assegno) l’adesione ai servizi ed ai percorsi formativi della GOL12 è puramente un’ipotesi tra le tante “ attivazioni” con “ totale svalutazione dei centri per l’impiego, così come del totale esautoramento dell’Anpal nell’organizzazione, gestione e monitoraggio delle iniziative destinate ai disoccupati poveri”13. Si tratta di una confusione di competenze che in generale mira a rafforzare il peso ed il ruolo delle agenzie per il lavoro: non solo queste possono attraverso, la piattaforma, fare offerte di lavoro o servizi di orientamento, ma ancor prima nella stessa domanda per il supporto deve essere documentato che il soggetto si è rivolto ad almeno tre agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività di intermediazione. Si è intervenuti peraltro in modo distruttivo annullando le precedenti esperienze: si dovrà ricominciare da capo dando una priorità ed un ordine all’insieme di misure disposte verso gli occupabili, illimitatamente soggetti ad ogni tipologia di comandi “nel loro interesse”. La molto complessa normativa di ben 18 articoli composti da vari commi peraltro non chiarisce mai chi sia l’autorità deputata all’eventuale impugnazione di questi comandi da parte del malcapitato beneficiario che – per ragioni sistematiche- dovrebbe essere il giudice ordinario del lavoro.

Secondo le indicazioni sovranazionali, oltre all’erogazione monetaria, dunque, il beneficiario deve essere eventualmente sostenuto attraverso forme di tariffazione agevolata (luce, gas, acqua ecc.); dei trasporti pubblici; ed anche per le spese impreviste ed eccezionali che è impossibilitato ad affrontare, ma di questa integrazione non vi è alcuna traccia.

 

5. L’incoerenza delle misure introdotte con le indicazioni sovranazionali. Si ricorda conclusivamente quanto stabilito il 30 gennaio nella Raccomandazione del Consiglio del 30.1.2023 che anche l’Italia ha votato (che si aggiunge a quanto già precisato in quella del 1992 e del 2008 il cui contenuto è rimasto in vigore):

“Si raccomanda agli Stati membri di fornire e, ove necessario, rafforzare solide reti di sicurezza sociale che garantiscano una vita dignitosa in tutte le fasi della vita, combinando un adeguato sostegno al reddito, mediante prestazioni di reddito minimo e altre prestazioni di accompagnamento monetarie e in natura, e fornendo un accesso effettivo ai servizi abilitanti ed essenziali. L’erogazione di prestazioni in natura può coadiuvare un solido sostegno al reddito. … Al fine di garantire un adeguato sostegno al reddito, si raccomanda agli Stati membri di fissare il livello del reddito minimo mediante una metodologia trasparente e solida definita conformemente al diritto nazionale e coinvolgendo i pertinenti portatori di interessi. Si raccomanda che tale metodologia tenga conto delle fonti di reddito complessive, delle esigenze specifiche e delle situazioni di svantaggio delle famiglie, del reddito di un lavoratore a basso salario o di un lavoratore che percepisce il salario minimo, del tenore di vita e del potere d’acquisto, dei livelli dei prezzi e del relativo andamento, nonché di altri elementi pertinenti. …Pur salvaguardando gli incentivi alla (re)integrazione e alla permanenza nel mercato del lavoro per chi può lavorare, si raccomanda che il sostegno al reddito delle persone che non dispongono di risorse sufficienti raggiunga un livello almeno equivalente a uno degli elementi seguenti: a) la soglia nazionale di rischio di povertà; oppure b) il valore monetario dei beni e dei servizi necessari, tra cui un’alimentazione adeguata, l’alloggio, l’assistenza sanitaria e i servizi essenziali, secondo le definizioni nazionali; oppure c) altri livelli comparabili ai livelli di cui alla lettera a) o b), stabiliti dalla legge o dalla prassi nazionale.

Si raccomanda agli Stati membri di garantire che tutte le persone che non dispongono di risorse sufficienti, compresi i giovani adulti, siano coperte da un reddito minimo stabilito per legge, definendo: a) criteri di ammissibilità trasparenti e non discriminatori che salvaguardino l’accesso effettivo al reddito minimo a prescindere dalla disponibilità di un indirizzo permanente, assicurando nel contempo che la durata del soggiorno legale sia proporzionata; b) soglie per l’accertamento delle fonti di reddito stabilite in base al tenore di vita di famiglie di diverso tipo e di diverse dimensioni in un determinato Stato membro e che tengano conto in modo proporzionato degli altri tipi di redditi (e patrimoni) del nucleo familiare; c) il tempo necessario per trattare la domanda, garantendo nel contempo che la decisione sia emessa senza inutili ritardi e nella pratica non oltre 30 giorni dalla presentazione della domanda stessa; d) la continuità dell’accesso al reddito minimo fintanto che le persone che non dispongono di risorse sufficienti soddisfano i criteri e le condizioni di ammissibilità stabiliti dalla legge, prevedendo nel contempo riesami periodici dell’ammissibilità e garantendo l’accesso a misure specifiche e proporzionate di inclusione attiva per le persone in grado di lavorare; e) procedure di reclamo e di ricorso semplici, rapide, imparziali e gratuite, garantendo nel contempo che le persone che non dispongono di risorse sufficienti ne siano a conoscenza e abbiano un accesso effettivo a tali procedure; f) misure volte a garantire che le reti di sicurezza sociale rispondano a vari tipi di crisi e siano in grado di attenuare efficacemente le conseguenze socioeconomiche negative di tali crisi.

Si raccomanda agli Stati membri di incoraggiare o agevolare il pieno utilizzo del reddito minimo: a) riducendo gli oneri amministrativi, anche mediante la semplificazione delle procedure di domanda e la fornitura di indicazioni passo per passo a coloro che ne hanno bisogno, prestando nel contempo attenzione alla disponibilità di strumenti digitali e non digitali; b) garantendo l’accesso a informazioni facilmente fruibili, gratuite e aggiornate sui diritti e sugli obblighi connessi al reddito minimo; c) rivolgendosi alle persone che non dispongono di risorse sufficienti per sensibilizzarle e agevolare l’utilizzo del reddito minimo, in particolare tra le famiglie monoparentali, anche attraverso il coinvolgimento dei pertinenti portatori di interessi a livello nazionale, regionale e locale; d) adottando misure per combattere la stigmatizzazione e i pregiudizi inconsci legati alla povertà e all’esclusione sociale; e) adottando misure per migliorare o sviluppare metodologie di valutazione e valutando periodicamente il mancato utilizzo del reddito minimo in base a tali metodologie e, se del caso, le relative misure di attivazione del mercato del lavoro, individuando gli ostacoli e mettendo in atto misure correttive “.

Ci sembra, conclusivamente, che le misure introdotte che ridurranno di centinaia di migliaia (secondo le prime valutazioni) di persone la platea dei beneficiari di un sostegno contro la povertà e che introducono sistemi di avvio coercitivo al lavoro precario e dequalificato siano non rispettosi della Raccomandazione i sotto molteplici aspetti prima indicati.

Nella sua originaria proposta di Raccomandazione la Commissione aveva ricordato che

The European Semester process of economic and employment policy coordination has highlighted structural challenges related to minimum income schemes and related elements such as social inclusion and labour market activation, with a number of Member States receiving related country specific recommendations. The revised social scoreboard20 tracks performance and trends in the Member States, enabling the Commission to monitor progress in addressing the country-specific recommendations. The 2022 guidelines for the employment policies of the Member States state that social protection systems should ensure adequate minimum income benefits for everyone lacking sufficient resources and promote social inclusion by encouraging people to actively participate in the labour market and society, including through targeted provision of social services. For strengthening analytical work, a benchmarking framework was agreed in the Social Protection Committee and its results have been reflected in the Joint Employment Report, country reports and country-specific recommendations”.

La Commissione ha in sostanza avvertito gli stati che gode già di efficaci poteri di sorveglianza macro-economica nell’ambito del semestre europeo come si è visto anche negli ultimi anni nei quali le Raccomandazioni specifiche all’Italia stigmatizzavano sino al 2019 l’insufficienza delle nostre politiche di contrasto alla povertà e l’eccessivo e preoccupante numero di persone a rischio di esclusone sociale. Nella Raccomandazione del 2021 all’Italia (nel semestre europeo) la Commissione lodava l’estensione del RDC attraverso il reddito di emergenza ma si preoccupava per il fatto che fosse a tempo, chiedendo in sostanza che si migliorassero le politiche già introdotte. Sappiamo tutti che cosa significa resistere alla Commissione nel semestre europeo: studiosi ed esperti hanno già osservato che una grave inadempienza in questo settore, che l’Unione considera strategico perché cartina di tornasole della sostenibilità sociale del modello economico europeo, potrebbe anche comportare l’esclusione dai fondi sociali.

Insomma l’Italia, che già avrà un esame severo da parte della Commissione sulla sostenibilità dei suoi conti, per risparmiare risorse, certamente reperibili in altri settori non così delicati, ai danni degli ultimi rischia di essere esclusa dai fondi di coesione o si trovi in una posizione insostenibile nel fatidico semestre europeo. L’incremento dei poveri e degli esclusi, per effetto del dimagrimento di una misura di protezione sociale che già la Commissione aveva suggerito di estendere, non sarebbe di certo ignorato e potrebbe costarci cara, così come l’Italia potrebbe essere esposta a reclami collettivi promossi dalle associazioni sindacali o delle ONG autorizzate avanti il Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa per violazione degli artt. 30 e 31 della Carta sociale europea.

 

Giuseppe Bronzini, Presidente emerito della Corte di cassazione  sezione lavoro, segretario generale del Movimento europeo

  1. AAVV Misure contro la povertà: chi ne ha diritto ma non lo sa, in Lavoceinfo[]
  2. G. Sensi Povertà, l’Italia dei senza cibo, Corriere della sera 16.5.2023[]
  3. E. Marro Reddito, lo perderà una famiglia su tre, in Corriere della sera 8.5.2023 []
  4. Molto opinabile è  però l’ esclusione dall’assegno dei soggetti che hanno ricevuto una condanna ad almeno un anno di reclusione, anche convertito in una multa (mentre per il RDC erano esclusi solo coloro che si erano macchiati di gravissimi reati contro la personalità dello stato o di natura associativa) che difetta di razionalità (in genere i paesi membri dell’Unione non hanno forme di sanzione indiretta  degli illeciti  di reati non straordinariamente gravi e molto diffusi ) portando questi soggetti in una situazione di disperazione che può indurli alla recidiva e di senso di equità perché ricomprende anche ipotesi di reati di minima entità. []
  5. Cfr. anche E. Granaglia  Lavoro e sostegno ai poveri: alcune tensioni trascurate, in Etica e economia online[]
  6. Da questo punto di vista riteniamo che la restrizione introdotta sia incostituzionale per “irragionevolezza” ex art. 3.2 della Costituzione.[]
  7. Gli obiettivi strategici dell’Unione per il 2030 contemplano una riduzione di 15 milioni di poveri nei territori UE[]
  8. Del 1992, 2008 e del 2023[]
  9. La Carta dei diritti UE all’art. 34.3 e l’art. 14 del Pilastro sociale europeo evidenziano solennemente che il diritto a godere di un’assistenza sociale ed abitativa diretta a garantire il diritto ad una esistenza libera e dignitosa spetta “ a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti”. La Raccomandazione del Consiglio del 30.1.2023 è un atto adottato nel quadro dell’Action plan della Commissione per l’attuazione del Pilastro sociale. []
  10. Il DL sembra anche in tensionecon la Convenzione OIL sull’indennità di disoccupazione (ratificata dall’Italia)  in ordine al legittimo rifiuto di offerte di lavoro da parte del beneficiario (ad esempio in territori ove è difficile trovare un alloggio etc.)  che dovrebbero quanto  indirizzare anche le prescrizioni sul dovere di accettare occasioni di occupazione per soggetti esclusi incolpevolmente dal mercato del lavoro o sottopagati al punto da non raggiungere la soglia vitale. []
  11. Sentenza del 5.11.2019 ; il link alla comunicato del Tribunale costituzionale in inglese: https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Entscheidungen/EN/2019/11/ls20191105_1bvl000716en.html[]
  12. Sussistono peraltro dubbi molto diffusi  che le già effettuate “prese in carico” nell’ambito dei processi formativi di Gol non siano meramente “ cartacei” cioè che si convertano in efficaci corsi di formazione o in offerte di lavoro autentiche. Cfr. G. Puglietti Politiche attive, la sfida decisiva è la formazione, Sole24ore 12maggio   []
  13. Lucia Valente Politiche attive: Anpal ai titoli di coda, in Lavoceinfo []
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