Formare un’opinione pubblica che sia puramente europea, senza influenze provenienti dai media mainstream troppo spesso influenzati dal neoliberismo imperante. È questo lo scopo di Media Alliance, il progetto di transform! Italia che ambisce a creare una rete tra testate di sinistra all’interno dell’Unione Europea. Durante il primo incontro pubblico del progetto, Media Alliance: building a leftist European public opinion for the future of Europe erano presenti giornalisti e direttori di giornali e riviste di Austria, Francia, Grecia, Italia, Spagna e Polonia.
«È necessario costruire un’interazione che sia politica. Può esistere una democrazia europea senza un servizio massmediatico europeo? È la sinistra a doversi far carico di questo gap democratico molto serio di fronte al quale ci troviamo» ha fatto notare in apertura Roberto Musacchio, che rappresentava transform! Italia. «La pandemia è un esempio concreto che ci aiuta a capire cosa dobbiamo fare e di cosa abbiamo bisogno. Noi di transform! Italia abbiamo cercato di rendere evidente come il Covid-19 sia andato a colpire un tessuto sociale già ferito. Poter apprendere dai media come gli altri Paesi europei abbiano affrontato un momento così difficile sarebbe stato molto utile per l’opinione pubblica, ma questa cosa non è successa. Soprattutto, non è stato possibile avere appieno un punto di vista di sinistra su come si affronta la pandemia», ha concluso. Un punto di vista ripreso anche da Gäel De Santis, giornalista del francese L’Humanité: «È necessario guardare agli altri Paesi per capire cosa c’è a livello di opinione pubblica, quali sono le dinamiche che esistono nei vari Stati europei e nei movimenti, come si muovono e come siamo arrivati a certe percentuali della destra, cercando di capire come fa quest’ultima a vincere la battaglia ideologica con la sinistra, vanificando i suoi sforzi», ha detto. «In Francia, ad esempio, c’è un canale televisivo di proprietà di un miliardario che spiega, secondo i paradigmi della destra, tutti i temi al centro del dibattito pubblico. È necessario che la sinistra trovi il modo di intervenire nel dibattito pubblico, anche alleandosi a livello internazionale. È importante dimostrare che non si è soli nella battaglia, ma che lo stesso tema coinvolge le persone anche in Italia e in altri Paesi d’Europa», ha dichiarato. Un’alleanza che parte anche dai temi comuni è stato il punto centrale dell’intervento di Leonardo Filippi, giornalista dell’italiano Left: «La nostra redazione crede molto in questo progetto. Left è stato fondato nel 2006 ed è un settimanale di sinistra che non è associato a nessun partito e non riceve finanziamenti pubblici. Ci occupiamo di dare voce a tutte le frange della sinistra italiana e di riunirle per cercare di costruire un fronte della sinistra unita. Tra i temi che sono alla base del nostro lavoro ci sono la laicità, i diritti dei migranti e delle donne, oltre ovviamente alla situazione dei lavoratori», ha spiegato. «Se in Italia lo stato della sinistra dal punto di vista delle percentuali elettorali non è particolarmente roseo, c’è da dire che le ragioni della sinistra sono più vive che mai. Una sinistra che è europea non solo è più vivace, ma è anche più forte e un progetto come quello di oggi senza dubbio contribuisce a realizzare questa cosa», ha concluso Filippi. Anche Małgorzata Kulbaczewska-Figat, giornalista del polacco Strjke.eu, concorda sulla centralità delle tematiche da affrontare insieme, tenendo conto della dimensione europea che riguarda tutti noi: «Dobbiamo discutere dei temi che ci riguardano tenendo conto che siamo cittadini di tanti Paesi, ma anche cittadini di un’unica comunità, quella europea. Il recupero dopo la pandemia sarà al centro del dibattito dei prossimi tempi, ma non possiamo dimenticarci di un’altra lotta fondamentale, quella contro le disuguaglianze», ha detto. «Dobbiamo anche chiederci come combattere le forze di estrema destra che avanzano in Europa, come riuscire ad affrancare Paesi come Polonia e Ungheria dai populismi di destra che stanno distruggendo tutto quello che è stato costruito grazie all’integrazione europea. Nonostante gli slogan diffusi a inizio pandemia, le nostre vite non stanno necessariamente cambiando in meglio, dobbiamo sempre tenerlo presente», ha chiuso Kulbaczewska.
Un punto di vista interessante e molto condivisibile è stato quello proposto dalla Grecia da parte di Haris Golemis, giornalista di Epochí: «Sono state le classi lavoratrici a pagare il prezzo più alto del salvataggio della nazione, anche in occasione della pandemia. Lo smart working dovrebbe essere un punto cruciale del dibattito della sinistra, in tutta Europa. Non ci si può aspettare una drastica riduzione del lavoro da casa, visto che i datori di lavoro ne sono entusiasti», ha sottolineato. «Ci troviamo di fronte a un cambiamento strutturale del sistema capitalistico, accelerato e aggravato dalla pandemia, che deve essere preso seriamente in considerazione dai sindacati e dai partiti della sinistra radicale di tutta Europa. Un sistema di lavoro simile ha avuto pesanti effetti, anche psicologici, sui lavoratori. Possiamo aspettarci che, a fine pandemia, il mercato del lavoro europeo si troverà in una situazione peggiore di quella in cui era due anni fa. Dobbiamo cooperare per trovare risposte a queste domande molto complesse», ha concluso Golemis.
Centrale anche la questione sollevata da Milena Gegios, rappresentante di transform! Europa e dei media austriaci: «Sarebbe interessante affrontare anche quali difficoltà riguardano i media alternativi al mainstream, cosa significa per una testata non essere un mass media. A sinistra, in Austria il partito verde non è riuscito ad ottenere abbastanza all’interno del governo di coalizione di centro destra. Di recente abbiamo assistito anche al ritiro del ministro della salute, rappresentante dei Verdi. C’è molta delusione tra gli elettori in merito ai recenti sviluppi», ha spiegato. Una delusione che colpisce anche gli elettori spagnoli della comunità autonoma di Madrid, dove ha trionfato nuovamente la destra del Partido Popular. Ne ha paralto Gema Delgado, giornalista madrilena di Mundo Obrero: «Ci sono tante questioni in ballo, per i media di sinistra, e molto spesso non riusciamo a coprirle tutte da soli. Bisogna rendere concrete le idee della sinistra, che purtroppo a volte tendono a restare, appunto, solo delle idee. A volte è necessario parlare con le persone in un linguaggio che sia per loro comprensibile, quello che utilizzano quando si trovano al bar con gli amici. Troppo spesso la destra se n’è avvantaggiata, basti pensare che il programma elettorale per le elezioni di Madrid del PP si componeva solo di una parola: “libertà”. Hanno usato idee basilari per conquistare le persone. Per questo è importante lavorare insieme a sinistra, per riuscire a superare questo modo di operare della destra, senza dimenticarci dei problemi del lavoro e della vita quotidiana delle persone», ha raccontato. « Creare un’opinione pubblica europea, un’opinione pubblica di sinistra europea, non è un’operazione che ha un’utilità solo politica, ma anche e soprattutto sociale. Se non lo facciamo noi dal nostro settore, non so chi lo potrebbe fare» ha affermato Argiris Panagopoulos, del giornale greco Avgi. «È necessario iniziare a collaborare a sinistra senza retorica, sfruttando molto le edizioni online dei media. C’è un patrimonio alle nostre spalle che può aiutarci in questo. Se riusciremo nell’impresa, gli effetti saranno molteplici, molto più grande del piccolo sforzo a livello nazionale», ha concluso.
Se la situazione dal punto di vista dei singoli governi nazionali attualmente al potere nei Paesi UE è diversa, simili sono le condizioni di difficoltà e di assenza di un reale pluralismo nel mondo dell’informazione. La risoluzione al parlamento europeo per “Garantire la sicurezza dei giornalisti, il pluralismo e la libertà dei media”, approvata a larghissima maggioranza il 3 maggio 2018 e presentata dalla allora europarlamentare Barbara Spinelli, non ha prodotto un reale cambiamento. La Media Alliance che è stata proposta con l’incontro organizzato da Transform Italia, si è rivolta a chi dirige alcune delle testate della sinistra che sono edite negli Stati Membri, ponendo due questioni di fondo: lo stato dell’informazione nel singolo Paese e l’elaborazione di proposte concrete per migliorare le condizioni presenti. Da Francia, Italia e Grecia, rispettivamente con i direttori de L’Humanité, (Patrick Le Hyaric), Left (Simona Maggiorelli), transform! Italia, (Roberto Morea), e con il rappresentante del collettivo di Epochí (Haris Golemis), partendo già da un comune sentire, sono giunti interessanti suggerimenti e proposte. Nei tre paesi in cui escono le testate prevalgono, come in gran parte d’Europa, enormi difficoltà a garantire una informazione libera e plurale. Tutti hanno osservato come i media mainstream siano sotto il controllo di grandi gruppi economici e finanziari che dominano nella costruzione dell’immaginario della società. In Italia, hanno convenuto Maggiorelli e Morea, il quadro politico è tale che non esiste neanche una sufficiente opposizione parlamentare di sinistra (l’estrema destra della Lega governa col Partito Democratico), i circuiti televisivi sono o lottizzati dai partiti “forti” o privati e in mano a gruppi come Mediaset e La Sette, i cui proprietari controllano anche giornali. In tal senso Left, ha rivendicato la direttrice, rappresenta un’anomalia perché non riceve alcun finanziamento ed è di proprietà di un “editore puro”. Le Hyaric ha fatto notare come il controllo quasi totale dei mezzi di informazione abbia pesato nella gestione della pandemia. In Francia solo l’Humanité critica apertamente le leggi sui brevetti per i vaccini e pochi sono coloro che denunciano come in questa fase non solo si è criminalizzato il dissenso ma non si mostrano neanche le problematiche sociali rappresentate dalle classi popolari e dei lavoratori. Golemis, nel raccontare il quadro in cui la Grecia si trova, ha subito posto il problema di come, partendo dall’incontro di Media Alliance, si possa cominciare a reagire. A suo avviso se sarà difficile, per ragioni soprattutto economiche, modificare i rapporti di forza nell’informazione televisiva e nella carta stampata, qualcosa si è fatto e si può ancora migliorare attraverso i canali telematici. Allargare ad altre testate vicine e simili, il campo dei soggetti con cui stabilire relazioni paritarie, iniziare a praticare regolarmente uno scambio di articoli che permettano di far circolare notizie nei diversi Paesi, dando vita ad un vero network e, da ultima, la proposta di svolgere altri webinar fino a pensare ad un incontro pubblico, magari alla festa del L’Humanitè. Epochí dedica il 60% dei propri spazi a questioni internazionali. E Le Hyaric, raccogliendo l’invito, ha rilanciato con l’idea di dar vita ad uno “spazio internazionale” per ognuna delle testate disponibili ad entrare nel network. Ma, raccogliendo anche le osservazioni delle testate italiane, ha insistito sulla necessità di rivolgersi alle istituzioni europee, dal parlamento, al Consiglio, alla Commissione alla Commissaria alle comunicazioni, perché il tema del pluralismo, della lotta alle fake news e alla disinformazione, riguarda l’intero continente. Morea ha, alla fine, proposto di dar vita in tempi brevi ad un inserto mensile in grado di raccogliere i suggerimenti provenienti da articoli ritenuti importanti, pensando, in prospettiva e con il sostegno europeo, di dar vita ad un portale o sito che possa fungere da cassa di risonanza per un’altra opinione in Europa, per dare voce alle voci inascoltate. Un progetto per cui occorrono risorse economiche. Un portale che non sia “vetrina” ha ripreso Maggiorelli, ma vettore di costruzione di una sinistra ampia e critica rispetto alle politiche neoliberiste. Ci sono delle date, nell’immediato, dal Global health summit, alle elezioni che si sono svolte a Madrid, che hanno ricaduta in tutto il continente e in quanto tali vanno analizzate. Significativa la proposta di una petizione per garantire il pluralismo che potrebbe essere firmata da figure intellettuali, sinceri democratici, che riprendano le proposte della Media Alliance. Quello che si va creando è un progetto collettivo che ha l’ambizioso obiettivo di creare lo spazio per una opinione pubblica europea e di sinistra.
Registrazione dell’incontro (in inglese)