Sergio Brenna – Olimpiadi 2026 a Milano e condanna del sindaco Sala per quanto fatto da manager a EXPO 2015: “Lacrime sopra un velo bianco al VIM: non è poi così cattivo, ma il concentrato di ogni sbaglio…”
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, l’uomo che cavalca tutti i cavalli possibili e che di sinistra ha solo i calzini (come sarcasticamente ha commentato qualcuno le foto che lo hanno rappresentato da protagonista sui media nelle vicende dal gay pride di Milano all’assegnazione a Milano-Cortina delle Olimpiadi invernali 2026 alla condanna penale come general manager di Expo 2015)nel giro di una sola settimana dalla gioia sguaiata mostrata in coppia col governatore veneto Zaia a Ginevra per l’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 alla “strana coppia” Milano-Cortina (450 Km di distanza e diverse centinaia di metri di dislivello tra le due, ma forse la stessa frenetica voglia di mostrasi all’altezza di un metrolife style modaiolo-internazionale, più che a quello delle nevi e dei ghiacci, ormai sempre più artificialmente rimpiazzabili) alla lagnosa lamentela, avendo subìto una condanna a sei mesi di reclusione, pena commutata in 45.000 € di penale, per aver retrodatato una procedura d’appalto della piastra tecnologica centrale dell’area Expo 2015, quando ne era general manager incaricatovi dall’allora sindaca di Milano di cemento destra, Letizia Moratti, sentendosi ingiustamente condannato per averlo fatto secondo lui senza fine di lucro personale e solo al fine di voler rispettare comunque tempi altrimenti incompatibili con quelli dell’inaugurazione dell’evento.
“Molte brave persone si sentiranno così disincentivate ad impegnarsi per il bene pubblico” è stato il suo sconsolato commento.
Vale comunque la pena di ricordare che diversi dei suoi sottoposti e collaboratori alle procedure d’appalto sono stati invece condannati per episodi corruttivi che quelle ripetute procedure accelerate hanno ampiamente favorito.
Subito è scattata sui social media una cintura di solidarietà sia di cittadini che dal basso tendevano a ribadirgli la propria fiducia come miglior sindaco possibile sia ora sia in prospettiva futura (“La competenza e le scelte ardite danno sempre fastidio. Che ne sarebbe stata di Milano,della Lombardia e dell’Italia senza Expo ? Sindaco vai avanti così e vinceremo anche nel 2021”) sino alla riconfermata fiducia da parte del neosegretario nazionale PD, Zingaretti. Da ultimo anche quella del vicepremier e segretario della Lega, Salvini. D’altra parte il suo “competitor” elettorale a Sindaco era il manager Mediaset prestato alla politica, Stefano Parisi, che aveva un programma di incremento dello sviluppo immobiliare della città molto simile al suo e che in Consiglio comunale ne ha quindi spesso sostenuto le scelte, contrastate invece dai ricorsi dei cittadini (per ora sempre respinti dai Tribunali amministrativi non nel merito delle critiche sollevate, ma con la motivazione che “non hanno interesse legittimo a presentarle”).
Sembra di sentire l’eco di una lontana stagione di spleen mogolian-battistiano:
Come può uno scoglio
Arginare il mare,
Anche se non voglio
Torno già a volare
E le scelte ardite e le risalite
Su nel cielo aperto
E poi giù il deserto
E poi ancora in alto
Con un grande salto.
Questo anche se entrambe le vicende di cronaca cadono in un momento in cui il mito vincente del nuovo Modello Milano, inaugurato dalle Giunte di cemento destra Albertini/Lupi (CL) e Moratti/Masseroli (CL), con ex Fiera/Citylife ed ex CD/Porta Nuova Project, ereditato e portato a compimento tal quale da quelle di cemento sinistra Pisapia/De Cesaris e Sala/Maran ed ora da quest’ultima ripresa e riprodotta su più vasta scala sugli ex scali ferroviari ed ex caserme, pur supportato ampiamente dai mezzi televisivi (sfondi di TG3, Rainwes e MeteoRai con l’immagine esteriore dall’accattivante novità di bizzarri grattacieli aguzzi, tortili o inclinati, ricoperti di terrazze verdeggianti, ecc; miti dei social media giovanili come la coppia rapper-influencer Fedez-Ferragni che vi stabilisce il proprio nido di felicità coniugale; foto di sognante meditazione di Miuccia Prada dall’alto della sua torre della Fondazione-Museo e quella di Di Maio da Palazzo Lombardia ) comincia a prestare il fianco a qualche riflessione meno servilmente encomiastica: “Negli ultimi anni la principale dinamica di crescita è stata quella di allestire e riempire scatole vuote, vuoi che siano le Poste Starbucks in Cordusio, gli appartamenti nei boschi verticali, gli infiniti spazi e luoghi di cultura dove regna la sproporzione tra fruizione/acquisizione e produzione (non è che non si crei nulla, ma l’elefantismo allestitivo di questi anni sta partorendo un po’ dei topolini culturali, diciamocelo). (…) Se modello vogliamo essere, non è di questo modello che abbiamo bisogno, non noi (a forza di inseguire week e fuorisaloni siamo sempre più esausti, depotenziati, soli, non a caso è monopattino :-), non il resto d’Italia, altrimenti non basterà nemmeno rifugiarsi nella Cerchia dei Navigli, i wildlings arriveranno, e in fondo avranno ragione loro.” commenta Giuseppe Imbrogno il 20.6.2019 sul sito di Stati Generali, di solito propenso a condividere il clima favorevole all’attività della Giunta Sala.
Il Sole 24ore in due diversi articoli dell’edizione domenicale di due settimane fa riferisce del contenzioso legale in corso tra i Tribunali di Milano e Manhattan che oppone l’attuale AD di Corsera Urbano Cairo e il fondo Blackstone che nel 2018 ne acquisì le sedi storiche di via Solferino/piazza San Marco per 120 milioni di €, grazie a un accordo con Allianz che offriva il doppio, e ritenuto da Cairo incongruamente dannoso per Corsera e un’intervista ad Annalori Ambrosoli da un terrazzo la cui vista “è una successione di tetti antichi, facciate liberty e l’eco lontana di quella laboriosità che l’architetto Gae Aulenti volle celebrare con ago e filo a piazzale Cadorna”.
Fracass e vita del mè Milan, direbbe Strehler, ma anche un bel po’ di retorica: la scultura è dell’artista pop statunitense Claes Oldenburg e non so se proprio scelta e voluta dall’Aulenti nel sistemare edificio FNM e piazzale (o non piuttosto da certi “giri” artistici vicini ai socialisti dell’epoca Pillitteri/Craxi della “Milano da bere” degli anni ‘70/’80) e Blackstone precisa che oltre a 5 miliardi in immobili ha investito anche in aziende della moda come Versace, ormai globalmente internazionalizzate.
Tutto comunque fuori da quel Modello Milano così mitologizzato (compresa la beffarda intitolazione all’Aulenti di un simil-studio televisivo open-aira Porta Nuova Project) in continuità dalla propaganda delle amministrazioni comunali da Albertini/Lupi a Moratti/Masseroli a Pisapia/De Cesaris a Sala/Maran limitatesi a fare da succube supporto a ben più vaste dinamiche
L’ultimo numero de L’Espressopubblica due ampie interviste: unadi Carmine Fotia al 95enne Emanuele Macaluso, così vera e toccante (a partire dal suo rapporto giovanile e perseguito “dall’ordine costituito” con una ragazza in fuga coi due figli da un matrimonio “combinato”) preceduta però da quella del Direttore Marco Da Milano al sindaco Sala (la cui foto campeggia in copertina), in cui l’intervistatore glissa del tutto molto elegantemente sul rapporto paraconiugale che il Sindaco di Milano ha con la figlia del “dominus” bresciano di Banca Intesa Sanpaolo.
Quel bon ton de finesse, verrebbe da dire !
Infatti, Banca Intesa Sanpaolo è la detentrice dei crediti milionari verso Arexpo, la società proprietaria delle aree acquisite per Expo 2015 (proprio a fianco della Nuova Fiera a Rho-Pero, la cui costruzione, come vedremo, è all’origine della danza di megavolumetrie sulle aree dismesse milanesi) – di cui il Comune di Milano e Fiera di Milano sono i principali azionisti – che è alla febbrile ricerca di acquirenti quali l’ospedale traumatologico Galeazzi (gruppo privato Rotelli, ora in procinto di essere diretto dall’ex ministro Alfano), il fondo immobiliar-finanziario australiano Lendlease, l’Istituto Tecnologico Italiano di Genova, le Facoltà scientifiche dell’Università Statale trapiantate a forza dal capo orientale opposto della città a Città Studi, per costituire il visionariamente propagandato MIND (Milan Innovation New District), ma soprattutto per mettere in sicurezza i conti dal fallimento.
Ciò coerentemente alla concezione libero privatistica di Formigoni e soci in Regione Lombardia (che il Comune morattian-ciellino ha pedissequamente seguito) dove il PGT introdotto con la Legge Regionale n. 9/99 in sostituzione del PRG può (con dubbia legittimità, ma nessuno ha osato ricorrervi contro) computare i servizi privati immateriali come sostitutivi degli spazi pubblici materiali (gli standard di verde e servizi pubblici di quartiere del DM n. 1444/68) e le quantitàedificatorie “virtuali” (spazi interrati a garage, sale cinematografiche o simili, ecc.) in volumi fuori suolo anche in altezza, senza alcun vincolo sui cambi di destinazione d’uso e altre “noiose e desuete” norme pubbliche urbanistico-edilizie. È il cuore del liberismo ciellin-leghista: “ciascuno padrone a casa propria” e pazienza se danneggi quella del tuo vicino. Dovrà pensarci ciascuno a difendersi a norma di codice civile (se ne ha i mezzi economici) e anche lì pazienza se ce hanno cominciato a portarcele in epoca napoleonica di Repubblica cisalpina quegli inguaribili statalisti di francesi e se ne viene fuori un panorama urbano piuttosto incivile…
Questo l’esito disastroso dell’ingenuo “buonismo alimentare” della sindacatura di Letizia Moratti 2010-2015, dietro cui – però – si sarebbe potuto sin dall’inizio chiaramente leggere la volontà della Sacra Trimurti CL Formigoni (presidente in Regione)/Roth (presidente di Fondazione Fiera, dal Celeste designatovi/Lupi (assessore all’urbanistica Comune di Milano) di avere a fine Expo un “feudo” dove dare spazio all’ingresso massivo di CL/Compagnia delle Opere nella cooperazione edilizia (e relativi servi “sociali”), settore in cui CL/CdO era meno presente che nella sanità/educazione. “Fuggito” però Formigoni in Senato per tentare di sottrarsi alle accuse corruttive in sanità, persa così Fondazione Fiera e perso poi l’assessorato comunale all’urbanistica tenuto di seguito dai CL Lupi/Masseroli (che però già avevano dato attuazione ai “mostri”delle torri da 200 metri di Citylife e Porta Nuova Project: il primo sull’area della vecchia Fiera per salvarne l’amministratore CL dal buco di bilancio di 250 Milioni di € maturato nella costruzione del Polo Esterno a Rho-Pero; il secondo sulle aree devastate dai bombardamenti del ’43 accanto alle stazioni ferroviarie Centrale/Garibaldi/Varesine e a lungo rimaste indicate come vocate a Centro Direzionale, per servile imitazione dell’esito del primo) il progetto è fallito, ma sono rimasti i debiti da coprire sia per aver espropriato (Comune di Milano) o comperato (Fiera di Milano) le aree ora vendere il più in fretta possibile ad eterogenei acquirenti quali l’ospedale traumatologico Galeazzi/Lendlease/Università Statale, ma aprendo “buchi” preoccupanti a Città Studi con l’espianto delle Facoltà scientifiche, Istituto Nazionale Tumori e Istituto Neurologico Besta: gli ultimi due anche per tamponare un analogo rischio di fallimento dell’immobiliarista Bizzi organico a CL a ex Falck di Sesto, dove pure i nuovi abitanti non avranno verde e servizi di quartiere sufficienti, ma in caso di gravi malattie gli ospedali specialistici dietro casa: auguri !!!).
Competenza delle scelte che danno fastidio ? Ma per favore !!!!
Sala replica a Di Maio che teme gli attacchi dei difensori della cementificazione dichiarando: “Cementificazione? Di Maio non sa nemmeno di cosa parla”.
Lui, invece, lo sa benissimo visto che fa le stesse cose del cementodestra da quando fu Commissario all’Expo nominato dalla Moratti poi dando tempo dal 2015 al 2023 per dare seguito immutata a Citylife (anche se i partiti della sua maggioranza l’avevano criticata quando all’opposizione) e infine mostrandosi altrettanto succube agli appetiti immobiliaristici di FS sugli ex scali e del Ministero Difesa sulle ex caserme.
Ma lui lo definisce “portare economia al territorio, far lavorare gente”.
A tutelare la qualità della vita dei suoi cittadini con adeguate dotazioni di verde e servizi ed edifici che non incombano su quelli dei quartieri vicini (che sarebbe il suo compito prioritario) non ci pensa proprio!
Esattamente come nei PII e negli Accordi di programma già attuati dalle Giunte di cemento destra Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli: prima si simula un vago “interesse pubblico” a derogare dal rispetto dei limiti dettati dalle regole urbanistiche ai privati, poi si deroga dal rispetto dell’interesse pubblico et voilàil gioco è fatto.
Basta avere il Comune/croupier dalla propria parte…
Con l’accettazione della norma regionale di rientro al minimo nazionale di 18 mq/abitante di spazi pubblici di quartiere dai 26,5 mq/ab. della “gloriosa” L.R. 51/75, il Comune di Milano del cementosinistra fa propria e di buon grado una visione di Lombardia che si pretende economicamente più ricca della Germania (anzi, della Baviera), ma non sa essere altrettanto civilmente europea.
La strada della “liquidazione” privatistica del “verde sportivo pubblico” trasformato in area edificabile iniziata con la Determina Dirigenziale del novembre 2014 sull’ex Trotto S. Siro/Snaitech, promossa dall’assessore-avvocato d’affari Ada De Cesaris (oggi nel consiglio di amministrazione di Arexpo e del Consiglio Nazionale del PD) all’insaputa del Consiglio Comunale (che quantomeno poteva optare per la trasformazione in “verde sportivo privato” anziché in “area edificatoria privata”) mette a rischio altissimio tutti i vincoli di uso pubblico inattuati .
Basti pensare che su ex scalo Farini il masterplan (privato) di Sistemi Urbani/Hines-Catella ipotizza che la quantità edificatoria oggi concessa dall’Accordo di programma possa al 2050 triplicarsi (da 400.000 mq a 1.200.000 mq commerciali vendibili e edifici che passano da 200 a 600 metri di altezza) sulla spinta di una “visione” di Milano Città Globale, disponibile a divenire “paradiso fiscale”, in competizione con gli altri nell’attrarre gli investitori globali.
Comune e Regione registrano senza fiatare.
Esattamente come nei PII e negli Accordi di programma già attuati dalle Giunte di cemento destra Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli: prima si simula un vago “interesse pubblico” a derogare dal rispetto dei limiti dettati dalle regole urbanistiche ai privati, poi si deroga dal rispetto dell’interesse pubblico et voilà il gioco è fatto.
Basta avere il Comune/croupier dalla propria parte…
Anzi si va avanti a gestir male il Moloch Fondazione Fiera e società gestionali connesse che già hanno causato il guaio del milione di metri cubi su ex Fiera/Citylife, spacciato per scelta innovativa di rigenerazione urbana, mentre è servito solo a tamponare il “buco di bilancio” di 250 Mln di €, creatosi nella costruzione del nuovo Polo di Rho/Pero per le pazzie egolatriche di Fuksas (lo so per esperienza diretta avendo visto da assessore a Rho nel 1994-’98 il progetto iniziale del D.T. di Fiera, ing. Vettese) e, avendone ottenuti da Intesa/Allianz/Generali più di 500 Mln di €, ripartire in manovre speculative attorno a Expo/dopo Expo e ora Olimpiadi invernali 2026, per la parte “di pianura” a Milano.
“Enrico Pazzali, classe 1964, sarà il nuovo presidente della Fondazione Fiera. Prenderà il posto di Giovanni Gorno Tempini alla guida di quella che è considerata da sempre uno dei “motori” dello sviluppo economico e urbanistico della città, proprietaria di Fiera Milano, di Fieramilanocity, del centro congressi Mico e del nuovo polo fieristico a Rho-Pero. A scegliere Pazzali è stato nelle ultime ore il governatore Attilio Fontana e la designazione è partita, con il gradimento del sindaco Beppe Sala, come prevede lo statuto della fondazione di largo Domodossola, in vista del Consiglio federale dell’ente già convocato per martedì 25”
Per una Milano Globale ci vuole un Sindaco Globale, elementare Watson!
No ai vincoli «calati dall’alto» che bloccano «l’approccio ambrosiano» alla rigenerazione urbana voluta dal Comune in modo attento agli interessi dei cittadini, titola suadente il Corriere della Sera.
Quella dell’approccio da ambientalismo ambrosiano bloccato dai vincoli “calati dall’alto” dal Ministero dei Beni Culturali è davvero stupefacente !
Calati dall’alto saranno stati il milione di metri cubi su Citylife, altrettanti su Porta Nuova (ereditati dalle Giunte Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli, ma fatti portare a termine senza resistenze né modifiche da quella Pisapia/De Cesaris come modelli di innovazione rigenerativa urbana, anche se li si era criticati quando all’opposizione) e ora riproposti coi 2 milioni di metri cubi sugli ex scali fs (con insufficienti e quasi nulli verde e servizi di quartiere, “mangiati” dal visionario fiume verde di boeri e da un verde ecologistico di maniera che non riesce a tamponare edifici da 200 metri di altezza) e l’ex piazza d’armi completamente recintata da una compatta cornice edificatoria (dovuta all’impossibilità di concentrare qui la maggior parte delle cessioni di verde pubblico, se ci si fa menare per il naso dall’artificioso frazionamento proprietario delle ex caserme tra INVIMT (Fondo Investimento Ministero del Tesoro) e Cassa Depositi e Prestiti.
Si nasconde così che quello del Ministero dei Beni Culturali. è un estremo tentativo di salvaguardia dall’arrendevolezza del comune agli appetiti immobiliaristici di proprietà fondiarie ed investitori finanziari !
Sala è stato un manager che – anche senza interesse personale – pur di ottenere il risultato affidatogli non ha bada ai mezzi e procedure e ad eventuali danni collaterali. Solo che Sindaci e assessori del cemento sinistra milanese hanno continuato a comportarsi così: Citylife, che aveva gravi difetti intrinseci di carenza di spazi a verde e servizi di zona, poteva essere arrestata a quanto eseguito al 2015 (data di scadenza della convenzione ereditata da Albertini/Lupi) e invece lasciata proseguire tal quale sino al 2023 dall’assessore all’urbanistica della Giunta Pisapia, l’avvocato d’affari Adfa De Cesaris (ora nel CdA di Arexpo e membro del Consiglio Nazionale PD), non andando per nulla incontro alle aspettative del ricorso dei cittadini dei quartieri attigui, che il Consiglio di Stato aveva (sorprendentemente) dichiarato “non legittimato a sollevare problemi di carenza di standard pubblici” (si badi bene: non che si dicessero cose non vere !).
Altrettanto sta accadendo – pur senza interesse personale – con l’approvazione in fretta e furia dell’Accordo di Programma con FS sugli ex scali: mancano 240.000 mq di verde e servizi di quartiere sugli ex scali Farini e Romana (i più grandi), non sufficientemente compensati (né in quantità né in fruibilità) dai 140.000 mq a verde del lontano ex scalo S. Cristoforo.
Il Sindaco e il suo assessore non se ne sono accorti ? Ebbene, i cittadini col loro ricorso al TAR che si discuterà ad ottobre glielo hanno sbattuto sotto il naso, ma il Comune, invece di dar loro retta, si è costituto “ad opponendum”: cosa accadrà se di nuovo i cittadini non verranno dichiarati legittimati a sollevare la questione ? E se invece il TAR o il Consiglio di Stato dovessero dar loro ragione, come sarà possibile impedire a FS di concentrare la stessa quantità edificatoria in spazi sempre più ristretti, con altezze e densità degne di Doha e Dubai ? (80 mc/mq e edifici che passerebbero dai 200 m. attuali a 600 m. e oltre).
Il neoliberismo urbanistico condiviso con le politiche di cementodestra è del tutto simile – anche se in versione 2.0 finanziarizzata e globalizzata e per questo ben più disastrosa – alle “convenzioni privatistiche senza o fuori PRG” del periodo anni ’50-’60 noto come “le mani sulla città” (titolo di un bel film di Rosi sulla Napoli laurin-gavianea), oggi ribattezzate con più accattivanti e apparentemente innovative denominazioni quali “rigenerazione urbana, piani di riqualificazione urbana, accordi di programma, ecc.”: il PD dovrebbe far chiarezza al proprio interno su cosa ne pensi, soprattutto da quando l’ex assessore all’urbanistica della Giunta Pisapia, l’avvocato d’affari Ada De Cesaris, è entrata nel Consiglio Nazionale PD e il Sindaco Sala si candida a ruoli di politica nazionale.
La prospettiva della kermesse olimpica rischia di oscurare dietro il “grande evento” una seria discussione su tutto ciò ?
Me lo sono chiesto anch’io (che, pur non gioendone, non mi ci strappo le vesti) il perché di tutto questo scatenamento emotivo mediatizzato: c’è ben altro che incombe sul futuro di Milano a minacciarne un tristo destino (ex scali FS, ex caserme, ex ippodromi, ecc.).
Gianni Barbacetto, giornalista esperto di questiomi milanesi per Il Fatto quotidiano, commenta così il suo post: “Procedure più snelle significa meno controlli. Questo chiede il grande manager che ha pagato tre volte gli alberi di Expo e dato affidamenti senza gara agli amici (tipo Farinetti).”
Ho replicato: “Intanto si capisce perché anche FS/Sistemi Urbani ci salta in groppa con il Villaggio olimpico a ex scalo Romana. I cittadini di cui ho promosso il ricorso al TAR che si discuterà ad ottobre cercheranno di far valere il loro diritto ad avere almeno i minimi di legge di verde e spazi di prossimità, oggi quasi del tutto assenti perché assorbiti dal visionario Fiume Verde di Boeri o dal verde ecologico e di contenimento climatico (certo che per sbarrare il vento caldo di sud-ovest con a fianco edifici da 200 m. a fianco occorrerebbero delle “piccole sequoie lombarde”), e già a Farini si raggiungono densità edificatorie di 30 mc/mq (roba da “mani sulla città” da far impallidire l’epoca laurin-gavianea a Napoli o daridiana a Roma), ma se i cittadini dovessero ottenere gli spazi pubblici di prossimità oggi carenti di 140.000 mq a Farini si arriverebbe a 80 mc/mq (come a Doha-Dubai) e a Romana con l’aggiunta di 97.000 mq pubblici mancantti addirittura si esaurisce l’intera area. Occorrerebbe quindi far scendere da 0,65 mq/mq a 0,45 mq/mq l’Iindice di edificabilità totale, se FS vuol ragionare solo con proprie aree o con 0,65 mq/mq, ma cedendo una quota dell’edificazione “in perequazione” a chi farebbe “Fiume Verde Altrove”.
Ipotesi entrambe non valutate e imposte dal Comune a FS prima della ratifica dell’Accordo di programma in Consiglio comunale e che oggi ben difficilmente FS accetterà per propria resipiscenza anche di fronte ad una sentenza favorevole ai cittadini nel senso dell’obbligo di reperimento del verde e degli spazi pubblici oggi mancanti.
Andate, andate, poveri untorelli, non è certo solo con questo che finirete di spiantare Milano: non saranno certo un paio di palasport in più (uno all’eterna incompiuta di S. Giulia/Rogoredo a sud-est, l’altro il riuso del degradato a rifugio di sbandati Palasharp di Lampugnano a nord-ovest) e il Villaggio olimpico all’ex scalo Romana (che spero non finisca venduto privatamente con altezze, densità e immagine mostruose, come il Villaggio Expo a Cascina Merlata) e a fare la differenza…
Dal fondo della mente mi si alza un altro ritornello un po’ deformato dalla memoria:
Lacrime sopra un velo di bianco VIM:
telenovelas o telefilms.
Non è poi così cattivo,
ma il concentrato di ogni sbaglio…
(dalla canzone “Lacrime” di Mia Martini, nell’ultimo suo disco prima della tragica ed ancora oscura morte solitaria – forse per overdose forse solo in fuga da una vita divenuta insensatamente vuota – nel rifugio spaesato di un’anonima villetta dell’affollato hinterland Milano/Varese, a fianco dell’aeroporto di Malpensa da cui passeranno molti dei turisti attesi per le Olimpiadi invernali 2026… )