Le note che seguono fanno parte di una riflessione prodotta dal confronto, dal dibattito interno alla redazione delle relazioni di cui il lavoro della redazione vive, quindi riecheggiano e riprendono i contenuti di altri interventi e contributi a questo numero della rivista, a ridosso degli ultimi eventi.
Una inusuale scadenza elettorale di inizio autunno ha sancito l’ennesimo stravolgimento dei rapporti di forza a livello parlamentare, dopo una brevissima campagna elettorale seguita ad una repentina crisi di governo. Il livello di partecipazione al voto è il più basso mai registrato in una elezione nazionale, con un crollo -mai visto tra due consultazioni successive- della partecipazione al voto di oltre il 9% I cittadini sono stati messi di fronte ad una situazione politica determinata in gran parte dalla necessità per alcune forze politiche di reagire al progressivo sfaldamento della propria base di consenso nel contesto del governo istituzionale e di emergenza guidato da Draghi, è il caso del M5S, mentre altre prese in contropiede si sono rivelate incapaci di proporre nella nuova situazione un proprio profilo politico, ben individuabile nel nuovo contesto, sganciato dalla banale identificazione con una presunta ‘Agenda Draghi’. Viceversa chi era all’opposizione -è il caso di Fratelli d’Italia- ha potuto capitalizzare, raccogliere il consenso su tutti i motivi più classici del voto di destra, della trasformazione del disagio in rancore sociale, dentro una congiuntura specifica che prospetta un rapido aggravamento della situazione economica generale e della condizione di vita dei settori sociali più disagiati.
Questa rozza e schematica descrizione della configurazione, del panorama politico determinato dalla crisi di governo e successiva scadenza elettorale, ha il solo scopo di evidenziare la totale mancanza di soggettività politica e sociale autonoma nel contesto di questa rapida successione di eventi che ha sconvolto il panorama politico italiano. La consistenza delle parole d’ordine su cui si è giocata la raccolta del consenso, a fronte della complessità e della precarietà della situazione economica e sociale del paese, è ben poca cosa; a parte la questione del cosiddetto Reddito di Cittadinanza che ha una sua materialità e importanza per alcuni milioni di cittadini e famiglie, cosa che si è manifestata nel voto al M5S nelle regioni meridionali, in Campania in particolare. Anche la questione della guerra, che ha una sua evidente oggettiva importanza, le cui conseguenze sul piano economico generale sono rilevanti, non sembra abbia influenzato il voto in maniera significativa, nonostante il forte aumento del costo di beni e servizi essenziali che incide pesantemente sui bilanci familiari di gran parte della popolazione.
Si sono scritti tomi ponderosi sulla formazione degli orientamenti politici, sulla razionalità o meno del formarsi delle opinioni, sui livelli di conoscenza acquisiti da parte di chi è deputato a decidere col proprio voto; forse mai come in questa occasione la dimensione dei problemi che ci affliggono-i ben noti processi globali di crisi che si intrecciano tra loro ed insistono sulla condizione specifica, sulla stagnazione che caratterizza il nostro paese– non ha avuto alcuna corrispondenza processo di confronto partecipato nel nostro paese, sia pure nella articolazione della sua composizione sociale; questo non esclude il formarsi di orientamenti prevalenti in particolari ceti sociali, che vedono una possibilità di contrattare la propria condizione, una propria forza, uno spazio di trattativa con i nuovi detentori del potere politico.
Un passaggio politico ed istituzionale -di cui si attende la conclusione col formarsi del governo e la definizione delle prime scelte sul fronte della legge finanziaria- estremamente rapido a cui i diversi settori sociali arrivano quindi nella condizione in cui la speranza di uscire dall’abisso della pandemia è frustrata dalle conseguenze della guerra, dal colpo che le banche centrali hanno cominciato a dare alle economie per combattere nel modo più classico e ortodosso con gli strumenti della stretta monetaria e creditizia, con l’innalzamento dei tassi di riferimento. La stessa uscita dalla pandemia –parzialmente smentita dalle strette operate dal governo cinese su aree metropolitane, snodi fondamentali delle filiere produttive e dei flussi logistici- è stata in realtà caratterizzata da enormi difficoltà a ridare continuità ai processi produttivi, commerciali e finanziari a causa dello ‘stop and go’, dell’andamento a gradini della produzione e degli scambi che mandava in tilt un sistema globale basato sulla produzione in tempo reale, riduzione al minimo del capitale immobilizzato e finanziarizzazione estrema di tutti i mercati, pronta ad intervenire, a lucrare su ogni elemento di discontinuità.
La consultazione elettorale ha il carattere dell’episodio, dell’evento singolo in cui convergono processi di lungo periodo con tutti i loro effetti diretti ed indiretti, che le forze politiche devono essere in grado di intercettare cogliendo la collocazione e le reazioni delle diverse componenti della composizione sociale. Dal punto di vista della critica radicale al sistema sociale dominante, della rappresentanza del conflitto sociale, è banale rilevare la dispersione dei diversi conflitti e la loro scarsa rilevanza sul piano generale e comunque la quasi inesistenza di una rete di un lavoro politico ed organizzativo che leghi le diverse forme del conflitto alla costruzione di un intellettuale collettivo, capace di costruire una soggettività politica rappresentativa. Nel breve spazio di questa crisi politica da alcuni è stato messo in modo di produrre un più alto livello di cooperazione sul piano dell’analisi della situazione concreta e della elaborazione di un progetto politico; si tratta di un inizio rispetto ad una composizione sociale disgregata in cui sono stati valorizzati a destra gli elementi, le forme di reazione più regressive.
Di questo repentino processo di rottura e ricomposizione del quadro politico ed istituzionale, sul piano della rappresentanza osserviamo quindi, il precipitato, il coagulo di processi medio e lungo periodo, individuabili a tutti i livelli della formazione sociale in tutti gli strati della composizione sociale del paese, nei caratteri delle soggettività, delle organizzazioni politiche che si sono contese il voto; d’altro canto proprio la condizione di instabilità e precarietà degli assetti del paese -entro una instabilità globale, potremmo dire di fase storica oltre che congiunturale- potrebbe far si ché questo esito, frutto di questo rapido precipitare possa avere conseguenze di lungo periodo, determinare un percorso con caratteri nuovi, indirizzare il sistema politico e istituzionale, gli orientamenti sociali lungo una nuova traiettoria capace di durare.
Le previsioni, da quelle degli analisti politici ai dibattiti sui social network, infatti si dividono sull’individuare il nascere di una tendenza di almeno medio periodo contro il prevedere una fase di instabilità giocata tra i caratteri dei soggetti politici da una parte ed i vincoli della situazione globale, dei mercati finanziari, delle banche centrali e delle istituzioni europee dall’altra.
Delle possibili alternative sono di sicuro consapevoli i soggetti che hanno la responsabilità di dare un governo al paese, benché i principali vincitori si trovino in questo ruolo da protagonisti per la prima volta dal dopoguerra e comunque, al di là dei riferimenti al passato, con una loro composizione che loro stessi devono scoprire, compenetrandosi nel nuovo ruolo con le diverse componenti delle classi dirigenti oltre che nel tener conto di bisogni ed interessi della propria base elettorale e più in generale della composizione sociale del paese che vanno a governare.
Sul piano simbolico e concreto il rapporto tra Meloni e Draghi va oltre il passaggio di consegne, assai delicato viste le scadenze di fine anno, ma investe il rapporto che il nuovo governo stabilirà con le istituzioni sovranazionali che hanno voce in capitolo sulla situazione italiana e con le diverse componenti e aggregazioni del mondo economico del paese; c’è un passaggio di consegne nella direzione di un cantiere, di lavori in corso che tutti identificano nel PNRR che non ammette interruzioni, tuttavia si aprono trattative giochi su diversi livelli stanti ad esempio il processo inflazionistico che falsa conti precedentemente fatti e soprattutto il grado di conflitto o cooperazione con le istituzioni europee verso una diversa definizione della natura del progetto europeo, delle sue istituzioni. L’Italia non è la Polonia o l’Ungheria e nemmeno la Svezia, mentre in Spagna Vox come organizzazione politica sembra avviata ad una fase di crisi interna e disgregazione.
Il rapido passaggio tra la raccolta del consenso che ha portato al governo e la necessità di fare scelte, condurre il paese lungo sentieri che si svolgono sull’orlo di vari precipizi, la necessità quindi di mantenere questo consenso operando quelle scelte impone decisioni strategiche assieme a una tattica politica, un tipo di comunicazione politica che contemperi le due macro esigenze. Da questo punto di vista per mantenere il consenso dei sentimenti più retrivi, espressione di un rancore sociale alla ricerca di un capro espiatorio assieme a correnti profonde e radicate nel nostro paese, frutto sia della cristallizzazione recente del rancore sociale, ma anche di una composizione culturale con radici antiche. Potremmo dire che il governo dovrà attuare la tattica del ‘facite ammuina’ riscaldare gli animi determinando un clima adatto nell’opinione pubblica, favorire determinati comportamenti sociali, penalizzarne altri, senza il bisogno di particolari interventi; esemplare è il caso della gestione del diritto all’aborto, già ampiamente penalizzato, sui senza cambiare la legge si possono peggiorare ulteriormente le condizioni di attuazione. Giustamente si dice che sulla questione migranti poco si può fare per peggiorarne la condizione, si può favorire un clima che rende più difficile il loro rapporto come le istituzioni a leggi vigenti e comunque alimentare l’odio e la diffidenza nei loro confronti. Il comportamento dei corpi amministrativi e delle forze di polizia hanno ampi spazi di discrezionalità a leggi vigenti e comunque l’obiettivo sarà confermare e approfondire quel clima sociale e culturale che ha portato al trionfo della destra, alla sua ulteriore radicalizzazione.
La determinazione di un certo clima nel paese, che si concretizza in comportamenti conseguenti di soggetti sociali e corpi istituzionali, è possibile ed un asso nella manica a partire dalla inconsistenza da questo punto di vista delle politiche e degli orientamenti manifestati dalle forze che possiamo definire di centro-sinistra, di cui abbiamo una certificazione sulla questione migranti; quanto alle politiche sociali ed economiche possiamo calare un pietoso velo, dobbiamo tornare paradossalmente al governo Conte uno per vedere provvedimenti come il Salario di cittadinanza o la quota cento.
In sintesi massima libertà ed iniziativa nel determinare un clima che possiamo definire reazionario ed estrema prudenza nella gestione delle politiche di bilancio e degli aiuti internazionali, nel costruire l’immagine del nuovo governo -come si usa dire- nei confronti dei mercati. Nel mezzo ci sta come per qualsiasi governo l’attenzione alle richieste di determinati ceti sociali, corpi amministrativi o professionali importanti per il loro ruolo nella produzione del consenso e nel funzionamento della macchina economica ed amministrativa.
Quanto alle questioni della crisi climatica e della rivoluzione tecnologica e digitale permanente entro cui ci troviamo nel contesto globale, le prime dichiarazioni relative alla transizione ecologica fanno pensare ad un orientamento che solletica gli interessi particolari dei settori economici e produttivi meno innovativi, contro la necessità di svolte radicali, di orizzonti temporali ravvicinati per la transizione energetica, ma staremo a vedere. In campagna elettorale FdI, la Meloni in particolare ha corteggiato con le sue dichiarazioni gli orientamenti no-vax la cui consistenza peraltro non è estranea a parte del successo elettorale e su cui ha avuto successo lasciando Paragone fuori del parlamento. Sulle problematiche quindi cruciale del ruolo della scienza e della tecnologia, sulla alfabetizzazione scientifica, sulla interdisciplinarietà, sui processi di condivisione della conoscenza non possiamo aspettarci molto; forse nel dualismo di cui sopra un orientamento che favorisca da un lato un clima reazionario e sostenga alcune filiere produttive e tecnologiche. Resta una incognita se su questo secondo aspetto ci sarà la capacità di reclutare competenze, di avvalersi della collaborazione di agenzie capaci di consigliare l’azione di governo per realizzare orientamenti strategici, per ora abbiamo le dichiarazioni sulla cultura Gender, come viene definita. Stante lo stato del nostro paese c’è da dubitarne, stante la tendenza a prostrarsi nei confronti del padrone di turno, nel ricercare la soddisfazione di interessi particolari; avremo modo di analizzare gli avvenimenti e le scelte dei prossimi mesi.
Una cosa è certa, un cardine della prospettiva politica della forza egemone della destra, che fa parte del suo DNA, è la proposta della svolta presidenzialista della nostra costituzione e del nostro ordinamento politico, peraltro tutta da definire; un dispositivo politico in grado di dare prospettiva ad un passaggio politico congiunturale, ad una progressiva conquista di consenso politico, in grado condensare la costruzione di una egemonia conservatrice reazionaria su tutti i piani con la navigazione entro la crisi globale; in grado di riproporre il mito aggiornato di una guida sicura in un mare in tempesta al di là degli esiti immediati della azione di governo. Siamo agli inizi di un percorso che allo stato è tutt’altro che garantito, tuttavia non è da sottovalutare il vantaggio di chi ha una strategia precisa entro un contesto di disgregazione politica e assenza di conflitto sociale capace di egemonizzare gli orientamenti sociali e politici; un vantaggio questo che si può cumulare un passaggio dopo l’altro, staremo a vedere.
Non una parola in queste poche note sulla costruzione, la trasformazione, la crescita a seconda dei punti di vista e delle situazioni di una alternativa sociale e politica, di una capacità di unire conflitto sociale diffuso ed organizzato con progettualità politiche che costituisce l’obiettivo a cui si vuole concorrere con lo sforzo di analisi che conduciamo settimana dopo settimana.
Oggi è la giornata mondiale per l’aborto sicuro, oggi le donne -e non solo- che scendono in piazza sono la prima risposta alla canea reazionaria che questo governo vuole costruire. Non si tratta in questo caso di una mobilitazione parziale settoriale, di una separazione tra diritti civili e diritti sociali, poiché non c’ è nulla di più socialmente radicato della lotta per una riproduzione libera e consapevole, in cui le condizioni di discriminazione sono strettamente legate alla condizione sociale, alla crescita delle diseguaglianze, alla discriminazione di genere come architrave di un regime di sfruttamento. C’ è un rimando necessario alla lotta che in questi giorni si sta sviluppando in Iran contro l’oppressione patriarcale che si sta esprimendo come movimento di liberazione da un regime di oppressione con alla testa donne e giovani.
Roberto Rosso