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La storia che ci cammina al fianco

di Elena
Coniglio

L’Italia è attraversata da un razzismo sistemico ancor prima che istituzionale. Una diffusa indifferenza ci ha condotti sin qui, senza troppi scossoni né indignazioni. Si sono però susseguite nel nostro Paese leggi sull’immigrazione che non solo non hanno guardato al futuro, nonostante di migrazioni umane si parli da molto tempo, ma che hanno cagionato e cagionano grandi sofferenze e violazioni dei diritti umani come ci dimostrano i recentissimi gravi casi che si sono verificati all’interno dei CPR (Centri permanenti per il rimpatrio). In alcuni dei CPR, è capitato lo scorso anno in quello di Ponte Galeria a Roma, non è stato neppure possibile entrare per una visita ispettiva dei parlamentari. A una delegazione guidata dall’on. De Falco è stato limitato l’accesso, in quanto due accompagnatori non avevano, secondo quanto asserito dalla Questura, i titoli per entrare con i deputati, anche se questo è previsto quale diritto, oltreché dovere, dal nostro sistema giuridico, persino nei penitenziari di massima sicurezza.
I parlamentari allora in carica, della precedente legislatura (con De Falco, Nugnes e Sarli) non hanno accettato di entrare da soli senza gli esperti in materia. Nonostante nel Mediterraneo si continui a morire – il primo trimestre del 2023 ha registrato il più alto numero di morti dal 2017 nel solo Mediterraneo centrale, con un bilancio di 441 morti documentate1 – non si fa luce sull’ambigua posizione dell’Italia e dell’Unione Europea rispetto alla governance dei flussi migratori. Nonostante la condotta di Frontex2, l’agenzia di controllo delle frontiere, oggetto di scandali e inchieste che ne hanno rivelato la natura e il coinvolgimento in respingimenti illegali, è cambiato il direttore dell’Agenzia ma permangono le stesse assurde modalità di intervento o di non soccorso.

E poi ancora, nonostante siano stati portati all’attenzione dell’opinione pubblica i fatti del cd. Libyagate, che ora si ripete anche in Sudan, per i quali l’Italia avrebbe armato il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF)3 allo scopo di controllare ed estendere i controlli sulle frontiere invisibili tra Sudan e Libia e del quale siamo a conoscenza grazie ad un importante scoop giornalistico di Nello Scavo, ma la politica tace 4.

Dopo la strage di Cutro

Le questioni legate alle migrazioni umane evidentemente non smuovono ancora profondamente la nostra società. Non così a fondo. Una rassegnata inerzia ci lascia attoniti e inermi di fronte al pugno di ferro calato dopo la tragedia costata la vita a quasi cento persone. Che mancheranno per sempre all’appello. Se non possiamo e non sappiamo ora interrogarci in profondità come comunità, sociale, umana, politica sul fenomeno migratorio, ecco che forse dovremmo sapere di essere mutilati e manchevoli.

Nel caos del mondo meglio che ciascuno pensi al proprio giardino come disse Voltaire nel suo Candide? La violenza che ci circonda nella contemporaneità comporta che ciascuno, o ciascun gruppo, voglia un rifugio. Magari anche politico. Un voler vivere difendendo dei privilegi, grandi e piccoli, conquistati dopo tutto con fatica. Ma che essi vengano difesi con delle politiche mortifere come quella dell’esternalizzazione delle frontiere e il finanziamento a reti criminali per la sua attuazione, non può non generare uno sdegno diffuso. Nel caos di indistinto cinismo e sfruttamento, governi come quello attuale possono muoversi agevolmemente, venire dapprima eletti in un clima tra la becera propaganda da talk show e l’astensionismo generalizzato, per poi usare la strategia della normalizzazione di ogni posizione anche quando essa si dimostri inaccettabile.

Il “decreto Cutro” è certamente tra queste. Erroneamente denominato qua e là dalla stampa “decreto migranti”, toccherà infatti anche i cittadini stranieri già presenti in Italia che hanno da tempo un progetto migratorio e non solo le persone “migranti”, categoria del linguaggio in realtà d’invenzione e satura del razzismo istituzionale che andrebbe estirpata dall’uso corrente.
La nuova legge varata, con il via libera della Camera alla fiducia posta dal governo con 213 voti a favore, 133 contrari e 5 astenuti, causerà uno sgretolamento dei diritti dei richiedenti asilo e dei cittadini stranieri che emigrano nel nostro Paese.

Le opposizioni, per parte loro, non conducono battaglie radicali e alternative su un tema di così grande portata. Non si sente ancora parlare di riforme strutturali anche se necessarie. Tra le strategie e le concorrenze in vista delle elezioni europee del 2024 non sembra vi siano convergenze per riformare leggi, quelle sull’immigrazione, sulla cittadinanza, che anche il Presidente della Repubblica nel 2021 non si preoccupò di definire “preistoriche”.

Eppure il 28 aprile scorso la storia camminava al fianco delle migliaia di cittadini giunti da tutta Italia per manifestare a Roma. Questo è certo. Erano almeno 5.000 le persone in corteo. Cittadini stranieri, riuniti in associazioni consolidate e attive da anni, hanno sfilato insieme a tutti gli aderenti fino a Piazza Venezia. Da Napoli sono arrivati in centinaia con i gruppi dei promotori di “Non sulla nostra pelle”, la mobilitazione lanciata dal Movimento migranti e rifugiati di Napoli (MMRN)5. Erano numerosi nonostante abbiano dovuto saltare un ennesimo ostacolo, messo sulla strada dal razzismo, anche per giungere alla manifestazione nella capitale.

Il giorno precedente la protesta, la ditta di un autotrasportatore che doveva condurre i manifestanti con due autobus ormai già prenotati si è infatti rifiutata di effettuare il trasporto quando è venuta a sapere di dover portare “dei migranti”. L’episodio è stato documentato attraverso una registrazione telefonica6 che fa ben comprendere il clima reale che si tocca e respira in questo Paese e che fa riecheggiare nella memoria il non lontano segregazionismo razziale, che proprio sui mezzi di trasporto acquisiva oscenamente una delle sue numerose forme.

Ci si dimentica ormai facilmente  che l’Italia è un paese di emigrazione e che gli italiani non furono sempre ben visti e che sì, si trattava proprio di un massiscio espatrio di “migranti economici”, e che lo fu sin dall’Unità. “Tra 1870-1880 l’emigrazione manteneva una media annua di 100-120.000 espatri per arrivare a una media di 300.000 partenze all’anno fra il ’96 e il ’900, con un forte aumento della quota di emigrazione permanente (…) Fra il 1881 e il 1901, abbandonarono definitivamente l’Italia più di due milioni di persone.”7. Questo ci dicono i dati che si avvicendano poi nel secolo successivo. Il più grande esodo della storia moderna fu proprio quello degli italiani. In cent’anni, dal 1861, si sono registrate oltre venti milioni di partenze.

Dentro il conflitto

Gli avvenimenti dei giorni precedenti la manifestazione hanno dipinto un quadro poco rassicurante. Mentre si disquisiva di armocromia e abbigliamento, il 27 aprile la Presidente Meloni si complimentava con il suo omologo inglese Sunak in occasione della firma dell’accordo bilaterale di cooperazione8, trovandosi perfettamente d’accordo con il lavoro da lui svolto per “contrastare i trafficanti e l’immigrazione clandestina”, dichiarando alla stampa di non ritenere vi sia nulla di male nei provvedimenti presi dal collega inglese rispetto al trasferimento forzato in Ruanda di coloro che sono ritenuti illegali in suolo britannico, solo un piccolo gruppo di manifestanti protestava contro la visita del primo ministro di estrema destra al n. 10 di Downing Street.

Un quadro  che avrebbe dovuto destare una mobilitazione delle forze politiche dell’opposizione per la giornata romana successiva. Alla manifestazione del 28 aprile scorso, invece il grande assente era proprio “la politica”, eccezion fatta per pochi esponenti della sinistra extraparlamentare, che neppure era voluta come accade ultimamente nelle piazze e nelle manifestazioni di movimento dove ormai spesso si chiede, con fermezza, di non intervenire ai rappresentanti dei partiti. Come non comprenderlo? I movimenti sono spesso diffidenti e guardano ad essi come a istituzioni incapaci di rappresentare le istanze del “paese reale” o comunque come ad entità lontane dalla comprensione dei problemi, a volte in piazza solo per un selfie.

E forse è così. La perdita di una certa emotività oggi spesso impedisce di agganciarsi sentimentalmente ai problemi delle persone, alla dimensione umana che ci accomuna e che ci rende eguali sostanzialmente e non solo per diritto. Tale distanza allontana i cittadini da quelli che appaiono ormai come meri giochi politicisti. Ma la realtà della giornata di questo 28 aprile dice altro, ovvero che al contrario è la politica che irrompe nella storia. Con tutta la forza delle persone, di coloro che manifestando in questa giornata, stanno camminando con essa, portando con sé e diffondendo alla sola vista un bagaglio esperienziale che è scritto nei loro corpi.

Si chiedevano diritti fondamentali, il diritto alla regolarizzazione dopo anni di lavoro, al permesso di soggiorno, il diritto alla formazione linguistica ritenuto basilare per un’integrazione che con tutta evidenza, dopo lo smantellamento della protezione speciale, appare indesiderata per persone che lavorano e soggiornano magari già da anni in Italia e che hanno forti relazioni affettive, sociali, ed economiche.

Anche se importanti, non sono i soli numeri a far assumere valore alla lotta. Con queste poche migliaia di persone, la punta di un iceberg di una componente fondamentale della nostra società, emergevano alcune voci di grande forza e valore. Sono le voci delle seconde generazioni di cittadini stranieri, di lavoratori, di donne e uomini in cammino. Persone libere. Le persone necessarie affinché il Paese si possa definire quale “terra di libertà”. Come è stato dichiarato in un intervento da una giovane portavoce del Coordinamento Antirazzista Italia9 in sostegno di MMRN, non esiste una terra libera se non è fatta da movimenti liberi, di persone libere… da quando esiste la storia dell’occidente, da quando l’occidente ha preso forma e ha iniziato a costruire la sua identità sulla violenza, sulla schiavitù e sulla repressione, non può dirsi un popolo libero un popolo che schiavizza, che opprime e che crea gerarchie. Non esistono persone bianche e libere perché si costruiscono delle gabbie intorno a sé. Non esistono delle persone libere perché vivono aria assuefatta di privilegio. Non esistono persone libere… perché la libertà passa attraverso il sudore e passa attraverso la lotta… attraverso la rabbia quotidiana, e passa soprattutto attraverso il conflitto. E il conflitto è affrontare le leggi ingiuste e vedere le leggi come ingiuste! E non soltanto come regole da rispettare! Non sempre le leggi sono regole da rispettare! Le leggi molto spesso sono proprio manifestazione della schiavitù e del razzismo istituzionale! E quindi ecco che l’Italia può dirsi libera qui e ora! In questo momento, perché la libertà si dimostra giorno per giorno e si dimostra sapendo che si ha tutto da perdere e nulla da rischiare!”.

Stare dentro le situazioni. Da queste persone in lotta, oggi, si impara. Senza stare nel conflitto non si può dare la speranza che un bene comune possa ancora esistere, una delle poche ragioni fondamentali per le quali ci si discosta dall’individualismo per dedicarsi alle condizioni dell’Altro.

Elena Coniglio

  1. https://italy.iom.int/it/news/mediterraneo-centrale-il-numero-di-morti-registrato-nei-primi-3-mesi-dellanno-e-il-piu-alto-dal-2017.[]
  2. https://www.lighthousereports.com/investigation/frontex-the-eu-pushback-agency/.[]
  3. https://www.aljazeera.com/news/2023/4/16/sudan-unrest-what-is-the-rapid-support-forces.[]
  4. https://www.avvenire.it/mondo/pagine/i-migranti-usati-per-ottenere-fondi-europei-il-lavoro-sporco-dei-paramili.[]
  5. https://sites.google.com/view/movimentomigrantinapoli/home-page?fbclid=IwAR1W7H9VvHoEbFR0y7_CQKKvpHwUmEQJdtilZJVRrRgunY741UIk2B5Z5s0.[]
  6. https://www.instagram.com/reel/Cri7iRdsPaO/?utm_source=ig_web_copy_link.[]
  7. G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo dal 1848 a oggi, Laterza.[]
  8. https://www.ft.com/content/195c00f6-affa-4c2c-8595-70f1f1a6c9cb.[]
  9. https://www.facebook.com/profile.php?id=100089571195978.[]
conflitto sociale, immigrazione, razzismo
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1 Commento. Nuovo commento

  • Emanuela Petrolati
    11/05/2023 18:25

    Puntuali e lucidi come sempre l’analisi di Elena Coniglio e il suo reportage del 28 aprile. Grazie!

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