Mi trovo presso un banchetto di organizzazione umanitaria, intento a raccogliere fondi per delle missioni che avranno l’obiettivo di portare acqua potabile in Syria e Yemen, o meglio bustine contenenti un concentrato chimico in grado di rendere l’acqua potabile. Uno stage, fatto per una ragione ovviamente non economica, ma purtroppo uno stage.
Mi rammarico dello stage perché purtroppo o per fortuna, la nostra generazione una volta finiti gli studi, deve fronteggiare questo vortice, un vortice che ti risucchia al suo interno senza sapere quando ti lascerà andare.
Potrà suonare melodrammatico, ma c’è un disagio creato da questo vortice e lo riscontro nella stragrande maggioranza dei miei coetanei.
Si, perché quando diventi uno stagista, non si sa mai quando finirai di esserlo, quando si potrà essere lanciati fuori da questo vortice ed atterrare sul vero mercato del lavoro, una vera posizione.
Spesso capita di imbattersi su proposte di stage che richiedono comunque delle esperienze lavorative pregresse, ma gli stage non servivano proprio per introdurre nel mondo lavorativo chi di esperienza non ne ha mai avuta? Siamo evidentemente di fronte ad un paradosso.
A riguardo mi viene in mente un fatto particolare, due anni fa ebbi il piacere di ospitare a Roma un caro amico di Brno, Repubblica Ceca. Jan si era licenziato pochi giorni prima da lavoro e mentre aspettava nuove proposte decise di venirmi a trovare per 3-4 giorni. Vi starete chiedendo cosa ha a che fare con il resto dell’articolo. Dunque, io rimasi sbalordito dalle chiamate che ricevette riguardanti offerte di lavoro, 3-4 chiamate al giorno, tutte offerte di lavoro diverse. Alla fine del suo soggiorno a Roma doveva scegliere fra 3 diversi lavori che lo interessavano particolarmente. Fu lui a dirmi che la Repubblica Ceca ha il tasso di disoccupazione più basso in Europa e io un po’ incredulo, dovetti controllare per verificare la veridicità di quanto da lui affermato.
Per quanto sorprendente, Jan mi rivelò che tuttavia ci sono altri problemi riguardanti la durata delle giornate di lavoro, la paga e anche la difficoltà di crescere, cioè, in poche parole, l’assenza di posizioni da Senior .
Nonostante ciò non saprei dire quale condizione sia migliore se quella italiana o cieca, tenendo anche presente che la percentuale di giovani laureati è più alta in Repubblica Ceca (32%) che in Italia (26%).
Alcuni ragazzi, ad esempio a Bruxelles, dove il mercato del lavoro sembrerebbe saturo (forse lo è veramente in quella città), sostengono che dovremmo smettere di accettare stage sottopagati o non pagati affatto, perché fattibili solo da chi ha una famiglia alle spalle, stage senza un inserimento sicuro in azienda al suo termine, o addirittura neanche inviare la candidatura per quelle posizioni.
(Per chi volesse approfondire )
Io la vedo come una corsa al massacro, chi non ha una famiglia alle spalle credo che non possa allo stesso modo permettersi di non guadagnare nulla, e potrebbe preferire comunque un’entrata anche se sottopagata. È un problema che suppongo esista da “sempre”.
In questo panorama lavorativo paradossale il problema centrale sembra essere l’assenza di un vero modello, perché anche la virtuosa Germania ha risolto il problema solo in parte. Infatti, nonostante abbia il più basso tasso di disoccupazione giovanile in Europa, lascia fuori una parte importante dei laureati, questo perché le offerte di lavoro sono per la maggior parte in settori industriali dove a servire sono professionisti tecnici.
Uno spiraglio si vede soltanto negli ultimi mesi, in cui il Parlamento Europeo ha approvato una proposta per vietare gli stage non pagati, una proposta che sicuramente mostra un passo in avanti ma allo stesso tempo ha anche il sapore di slogan, perché di fatto non viene stabilito un minimo salariale per gli aspiranti stagisti.