Venerdì 11 e sabato 12 aprile, presso il centro di via dei Frentani a Roma, si è tenuto il Convegno Internazionale “Libertà per Öcalan – Una soluzione politica per la questione curda”.
Oltre che ai rappresentati dei partiti e delle organizzazioni politiche e civili che si sono più apertamente battute per la causa curda, il convegno ha proposto come centrali le partecipazioni sia di alcuni avvocati di Ocalan sia di esponenti politici che hanno fatto parte delle delegazioni che si sono recate a colloquio nel supercarcere di Imrail in cui il leader curdo è detenuto da 26 anni. I loro interventi hanno contribuito a ricostruire almeno a grandi linee una battaglia che intreccia il piano giudiziario con quello militare e con quello politico e .
Dall’arresto di Ocalan infatti non si è interrotta la battaglia tra il regime autocratico di Erdogan che tiene assieme con soluzioni reazionarie tensioni e contraddizioni interne molto gravi e la lotta dei curdi che si è andata arricchendo di importanti e originali caratteristiche rivoluzionarie che superando gli obiettivi di indipendenza, di libertà e di unità di un popolo oppresso assumono un valore per l’intera società turca e per la comunità internazionale.
Gli aspetti militari (la resistenza a Kobane, l’invasione di Afrin, gli attacchi alle minoranze etniche più deboli alleate dei curdi, gli illegali omicidi mirati perpetrati dallo stato turco anche in Francia…) si sono accompagnati a forme di lotta non cruenta. Le une e le altre hanno ampiamente superato i confini della Turchia. Certamente hanno investito la Siria e l’Iraq fino a affacciarsi all’Iran in quanto aree abitate da minoranze curde. Ma le soluzioni e le metodologie politiche/istituzionali/civili della sperimentazione che è stata possibile condurre in alcune zone amministrate in modo indipendente nel nord della Siria hanno dimostrato una validità e una carica di innovazione che supera i confini etnici e culturali.
Se l’arresto fu un caso eminemente diplomatico, anche la condanna e la detenzione di Ocalan non possono essere considerate un fatto puramente interno a partire dalla commutazione della pena di morte che per il regime turco ha significato la possibilità di non privarsi di un ostaggio prezioso e di non isolarsi, di mostrare di accogliere le raccomandazioni della comunità giuridica internazionale e gli obblighi della diplomazia.
Le condizioni di prigionia del leader curdo hanno una immediata valenza umanitaria: il limite della tortura o dell’annientamento psichico è già stato più volte superato e comprendiamo il tributo di affetto e considerazione che Ocalan si è guadagnato con la propria resistenza che si è espressa soprattutto con la riproposizione convinta e sempre più articolata del terreno della soluzione politica e della trattativa.
Nelle attuali condizioni di sotto-riconoscimento della politicità della detenzione di Ocalan, le trattative avvengono dunque indirettamente, consentendo colloqui tra il detenuto e delegazioni di partiti legali. Un ciclo di queste interlocuzioni indirette iniziato nel 2012 fu interrotto nel 2015 su iniziativa dello stato turco.
Attualmente si è riaperto un ciclo positivo e anche le condizioni di Ocalan sono leggermente migliorate (è stato trasferito in una cella più ampia di quella precedente da 12 metri quadri).
Questo è il contesto in cui il recente appello per la sospensione della lotta armata e lo scioglimento del PKK può essere letto come il risultato e il rilancio di una difficile battaglia politica. Per rendere quello che a noi è sembrata la cifra di questo appuntamento, citiamo una delle frasi di Ocalan che più spesso venivano proiettate a schermo:
“La pace è molto più difficile della guerra, non abbiamo avuto paura mentre resistevamo, non avremo paura nel costruire la pace.”
Battersi per la libertà di Ocalan in questo momento, condividere il senso e l’importanza di ogni miglioramento dellecondizioni della sua detenzione, ottenere risultati di riconoscimento giuridico, tutto questo significa ancor di più di prima spingere per dare respiro a una soluzione avanzata della questione curda, per rafforzare i partiti democratici in Turchia, per consentire che al quadro delle problematiche del Medio Oriente possano aggiungersi elementi indispensabili per ora esclusi e negati.
In questa fase in cui la presenza europea in campo internazionale sembra essersi ridotta si è ridotta a una pericolosa isteria guerresca che per fare del Baltico il fulcro della civiltò occidentale riesce a dimenticare Gaza, dobbiamo fare ancor più nostra la necessità di rappresentare con responsabilità e fermezza le istanze di pace, giustizia e liberazione che arrivano dai popoli del Medio Oriente.
transform!italia ha assistito al convegno e ha iealizzato alcune interviste che potete trovare sul canale You Tube. Vi proponiamo anche l’introduzione di Yilmaz Orkan e l’intervento di Maurizio Acerbo. Altro materiale, naturalmente, sul sito di UIKI. Da parte nostra ci ripromettiamo di pubblicare in futuro una intervista a uno degli avvocati di Ocalan.
Giancarlo Scotoni