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La necessità di una forza Rosso-Verde autonoma e non subalterna

di Riccardo
Rifici

Mentre ci avviciniamo velocemente alle elezioni politiche la confusione nel cosiddetto “campo largo” del centrosinistra si è trasformata in una farsa tragicomica. In un “centro sinistra” sempre meno di sinistra Letta non riesce a terminare il puzzle per mettere insieme Calenda e Fratoianni.

Ma quel che è più grave è il danno fatto alla possibilità di costruire un polo che avrebbe potuto unire temi sociali e temi ambientali nell’ambito uno schieramento alternativo a quelli che appaiono due fronti egualmente atlantisti e liberisti, uno con la faccia più pulita e disponibile (a parole) ai temi dei diritti civili e l’altra più retrograda e oscurantista. Entrambi gli schieramenti in modo diverso (uno più spregiudicato e palese, l’altro più morbido), non hanno né difeso la Costituzione né lottato per applicarla sino in fondo.

La recente alleanza Sinistra Italiana-Verdi ha già subito un duro colpo, dopo la conferenza stampa di Bonelli dei Verdi, che, senza aspettare di confrontarsi con Frantoiani, aveva già dato il proprio consenso ad accettare l’alleanza con chi, come Calenda, ha quasi sbeffeggiato gli ambientalisti, promettendo l’uso dell’esercito per imporre inceneritori e centrali nucleari. Ma forse Bonelli sapeva che Fratoianni, dopo un po’ di “melina”, avrebbe ingoiato anche lui il rospo di Calenda, in cambio di qualche seggio. Tutto si è risolto con la ritirata di Calenda, che però lascia irrisolte le contraddizioni dell’alleanza su temi come la guerra, l’atlantismo e modello di sviluppo.

Se la questione fosse tutta limitata alle vicende appena descritte sulla alleanza PD-“Cocomero”, potremmo riderci sopra, ma, purtroppo, quanto sta accadendo, ci impone di riflettere nuovamente sulla necessità di costruire in Italia, e a livello internazionale, un movimento e un’aggregazione politica, che sappia davvero caratterizzare la propria azione avendo come riferimento due temi indissolubilmente legati: la giustizia sociale e la giustizia ambientale (temi che possono e devono racchiudere in sé il tema della pace e quello di genere)

Tali temi, non solo non sono quelli che caratterizzavano l’accordo Letta-Calenda, ma non sono strutturalmente quelli che caratterizzano il programma politico e l’azione del PD che, coerentemente con la propria collocazione “liberista dal volto umano”, usa il richiamo alla transizione ecologica come una vera e propria operazione di greenwashing”, come dimostra l’adesione all’appello firmato da diversi scienziati sul clima, di diversi sindaci del centro sinistra (da Sala a Gualtieri), ciò mentre approvano provvedimenti che poco hanno a che fare con la lotta ai cambiamenti climatici, come ad, esempio, l’ulteriore aumento del costo (già alto) dei biglietti del trasporto pubblico a Milano (da 2,00 a 2,20 €) o la decisione di costruire un inceneritore da 600.000 tonnellate a Roma. Insomma ambientalisti a parole, poi pronti ad appoggiare gli interessi delle varie lobby industriali, come ad esempio il voto dato da numerosi deputati europei del PD contro la mozione che voleva bloccare l’introduzione del gas e del nucleare nel regolamento che elencava le attività considerate sostenibili per ricevere finanziamenti europei.

Ciò a dimostrazione del fatto che è errato pensare che il programma politico del PD, anche su questi temi, possa essere condizionato da alleanze più o meno strumentali come quella con Sinistra Italiana-Verdi. Mi sembra che ciò sia ampiamente provato dalle esperienze di questi ultimi anni di tutti coloro che si riferivano a “campi lunghi” (qualche anno fa) o a “campi larghi” (oggi).

Diventa, quindi, più che mai necessario che, ciò che sta nascendo con UNIONE POPOLARE, faccia della questione Ecosocialista (oggetto dell’iniziativa di confronto “RossoVerde non è un ornamento” portata avanti da transform!Italia), insieme a quelli della Pace, l’ossatura della propria azione e del proprio programma politico.

Ciò vuol dire avviare la costruzione di un programma di azione politica che affronti nel profondo i temi della transizione ecologica insieme a quelli della giustizia sociale e a quelli della guerra e della pace e a quelli ancora preoccupanti, ereditati dalle società patriarcali, che fanno delle differenze di genere o di provenienza, o di cultura, strumenti per l’oppressione, la prevaricazione e lo sfruttamento.

Ciò vuol dire capire che tali temi non possono essere affrontati separatamente perché fortemente interconnessi.

Un tale approccio, se profondamente compreso, può diventare il nuovo strumento e il nuovo programma politico adeguato ad avviare il cambiamento del modello economico e del modello produttivo. Un cambiamento che è il solo in grado di contrastare la crisi ambientale del pianeta e nel contempo lottare contro le diseguaglianze che sempre più opprimono l’intera umanità.

UNIONE POPOLARE, e le organizzazioni che la compongono, devono farsi carico di costruire tale programma, al di là della scadenza elettorale, superando le differenze (a dir il vero poco significative) che ancora sono all’interno di essa, avendo cura, prestare attenzione e aprirsi al confronto con i movimenti che cominciano a crescere su questi temi nella società e con la speranza che quelle forze che sono, ancora oggi, risucchiate in una logica di subalternità, nel campo del PD, possano nel prossimo futuro cambiare la loro impostazione politica e la loro visione delle alleanze.

Riccardo Rifici

ambientalismo, rossoverde, Unione Popolare
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