editoriali

La guerra sotto il tappeto

di Roberto
Musacchio

“Far finta di essere sani” cantava Giorgio Gaber.
Fate finta di non essere in guerra è ciò che i dominanti stanno orwellianamente imponendo ai dominati.
Meglio, per Putin c’è una operazione speciale; per Zelensky la lotta per la Nazione; per gli USA, la NATO, la UE e i governi atlantici di tutti i tipi l’appoggio alla eroica lotta del popolo ucraino.

Nella realtà c’è il massacro in primo luogo proprio di quel popolo ucraino, che conferma quanto avesse tragicamente ragione Brecht quando diceva che è beato quel popolo che non ha bisogno di eroi.

“Ma come fai a non stare con gli eroi ucraini…” dicono gli orwelliani più o meno consapevoli.
Come se non fosse ormai evidente, dopo tanto tempo (quasi metà di una guerra mondiale) e tanti, troppi, morti, che non stiamo di fronte alla esigenza di difendersi dal nuovo Hitler ma nel più classico conflitto inter-imperialistico con la doppia novità di essere giocato ai tempi della lotta di classe rovesciata e delle catastrofi nucleari e climatiche.

La guerra viene messa sotto il tappeto perché tutti giocano il Risiko dei dominanti. L’India non invita l’Ucraina al G20, confermando che c’è un altro modo di raccontare la Storia che viviamo. La NATO va avanti tra riarmi e sortite accordiste poi smentite. Cina e Germania hanno difficoltà per le loro economie di crescita fondate sulle esportazioni. I pacifisti sono perseguitati in Russia come in Ucraina. Noi paghiamo la benzina 2 euro, facendo fare cassa allo Stato, profitti agli speculatori e alimentando la lotta di classe rovesciata.

In questo grande tritacarne è anche possibile che nessun “progetto politico” abbia senso compiuto al di fuori della grande centrifuga del potere che si muove come prevedeva Kubrick facesse Hal in 2001 Odissea nello spazio mosso piuttosto da deficienza che da intelligenza artificiale.

Kubrick, come ci ricorda Barbie nella scena iniziale del film, parlava di un Mondo nato dalla guerra tra scimmie. Come, secondo Einstein, sarà quella dopo la prossima.
Che è in corso. E di cui non si vuole che si parli “politicamente” ma solo orwellianamente.
Non fosse così tutta la politica dovrebbe riallinearsi intorno alla scelta “guerra o pace”. Ma è precisamente ciò che i dominanti non permettono.

Se la politica accetta è morta.
Può soccombere politicamente anche un governo come quello Meloni una volta che continuerà ad assorbire tutti gli input dominanti senza neanche lo sfogatoio di “prendersi la UE”. Per farci cosa? avrebbe chiesto Togliatti che di Storia se ne intendeva e non abboccava ai falsi movimenti. Poi il voto spagnolo dice che anche per le destre “estreme” la palude UE può farle affogare, come un Prodi o un Berlusconi qualunque.

Per le sinistre il punto è ineludibile. Nel binomio lotta di classe rovesciata e conflitto orwelliano o rovescia il tavolo o, letteralmente, non esiste.
C’è una condizione, quasi inaspettata, per cui in Italia, ormai un vero caso per passività sociale e afasia politica, permane un’aspirazione costituzionale e valoriale alla Pace.
L’occasione, che poi è un dovere, non può essere mancata.
Sacrosanti i richiami al salario (magari chiedendosi perché siamo a questo disastro) o al clima. Ma è la Pace che chiede rappresentanza politica e sociale, lotta contro il pensiero orwelliano.
Se non lo fa la sinistra finisce sotto il tappeto come la guerra.
Quel tappeto va sollevato, da oggi e alle elezioni europee. Serve una lista per la Pace.

Roberto Musacchio

guerra, pace, sinistra
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