Riprendamo con lo stesso titolo da sinistrainrete.info questo a rticolo di Carlos X. Blanco –
Recensione di: La guerra di Putin. La construcción mediática del relato otanista, di Manuel Rodríguez Illana. El Viejo Topo, Barcellona, 2024
Da tempo ormai la guerra non si combatte solo sul campo di battaglia, ma anche nelle menti. Non scopriamo nulla di nuovo se diciamo che è necessario vincere non solo con i fatti, ma anche con la storia. Di ogni guerra passata c’è una storia o, come la chiamiamo oggi, una “narrazione”, che è quella del vincitore. I vinti possono solo alimentare il risentimento per future ostilità di vendetta o, come nel caso della Spagna, comprare anche la narrazione dalla potenza vincitrice, venendo così sconfitti due volte: sul fronte e sul fronte. Sulla fronte il vinto porta poi il segno del colonizzato. Non solo si è arreso con le armi, ma ha anche accettato la narrazione e si è arreso masochisticamente alla schiavitù più opprimente.
In Spagna, quella Spagna in cui il popolo fino al 1898 mandava i propri figli a morire, nei “tritacarne” d’oltreoceano dell’epoca, abbiamo completamente dimenticato cosa sono gli Stati Uniti, qual è la loro vera natura e il loro inesorabile atteggiamento verso chi non si piega.
La stessa potenza – allora emergente, oggi decadente – che, dal “Maine” in poi, si sarebbe specializzata in “attacchi a bandiera falsa” e “guerra ibrida”, è stata la potenza che ha derubato il Regno di Spagna dei suoi gioielli caraibici e asiatici e che avrebbe annunciato al resto d’Europa il suo amaro destino: l’assoggettamento degli europei al suo pugno di ferro. Iniziarono con la Spagna, con l’umiliante furto del 1898, ma continuarono con il resto dell’Europa nella “Guerra dei 30 anni” del XXI secolo: la Guerra del 1914-1945.
Gli americani hanno costruito efficacemente la loro narrazione. La nazione “giovane”, la reincarnazione più dinamica del capitalismo britannico, il suo diretto successore dopo la caduta dell’Impero britannico dopo il 1945, veniva a colonizzare noi nazioni “vecchie”. Mentre l’intera Europa occidentale si riempiva di basi statunitensi, il subcontinente divenne una colonia de facto amministrata più o meno indirettamente da Washington. Ai francesi e ai britannici fu impedito di rinnovare efficacemente il loro precedente sistema coloniale. De Gaulle mitigò per un certo periodo la completa colonizzazione americana della Francia, ma i sistemi di spionaggio e di direzione ideologica riuscirono a impiantare in Francia e negli altri Paesi limitrofi dell’Esagono una visione altamente positiva dell'”americanità”, a dispetto di ogni evidenza. L’ingerenza, a volte dispotica, nella sovranità nazionale dei popoli dell’Europa occidentale era ampiamente giustificata nel contesto della prevenzione ideologico-militare contro il comunismo a Est e di un avvertimento poco velato agli europei: “non potete essere lasciati soli”, perché noi europei abbiamo subito mostrato il nostro DNA: siamo un popolo atavico (nazionalismo, populismo, antiliberismo). Gli yankee sono venuti qui per portare ordine e americanizzare il Vecchio Mondo. L’immagine “democratica” e “liberale” dell’americanismo si combinava con la promessa di un livello di consumo agiato paragonabile a quello del Nuovo Mondo e di un vaccino efficace contro la recrudescenza del nazifascismo da un lato e del bolscevismo dall’altro. Nacque così la “narrazione occidentale”: il tronco velenoso di quel ramo o espressione più concreta che oggi si chiama “narrazione OTAN”.
Molti intellettuali europei, ma anche yankee esiliati negli Stati Uniti, disaffezionati al loro passato, così come ebrei apolidi o “cosmopoliti”, hanno creato questa fantasia ipostatica del “Totalitarismo” (Hannah Arendt, ecc.), intelligibile solo come mera immagine negativa di ciò che loro, i salvatori americani, erano venuti a consacrare, in breve: il liberalismo capitalista e opulento. È impossibile definire un sistema totalitario, al di là delle differenze di “colore ideologico”, se non nei termini dello spaventapasseri creato di fronte a esso, il liberalismo o la “società aperta”. Così, per ogni filo-liberale, tipi come Hitler o Stalin, Fidel o Perón, Franco o Mao sono, allo stesso modo, “totalitari”. La Santa Chiesa della scienza politica ha le sue follie, ma poche come questa.
La narrazione “occidentale”, figlia bastarda dell’occupazione yankee di mezza Europa (come tanti figli bastardi frutto di stupri di massa dopo la ritirata e la resa dell’esercito sconfitto), è ora diventata una narrazione totalitaria. E così, il russo Vladimir Putin è oggi, a quanto pare, il nuovo gerarca “totalitario”, l’incarnazione fascista-comunista dell’europeo (anche se un europeo dell’estremo oriente, ma comunque russo ed europeo).
Il libro di Manuel Rodríguez Illana è un’eccellente raccolta e ricostruzione della “costruzione mediatica della narrazione NATO”, come recita il sottotitolo, e lo fa in modo piuttosto accurato. Il conflitto ucraino è stato battezzato dai media yankee e della NATO come “guerra di Putin”, sottintendendo così che si tratta di una guerra di aggressione, un capriccio violento della mente malata di un personaggio sinistro e dittatoriale, una reincarnazione del peggio del Vecchio Mondo, il nuovo volto con cui Hitler e Stalin, mescolati insieme, mettono in pericolo la “democrazia”, il “mondo libero”, la “società aperta”. Si presume, in questa storia, che Putin non abbia dietro di sé un popolo, uno Stato, un esercito, una legge…
Ma Rodríguez Illana ci insegna a scoprire, una per una, le trappole ideologiche, i trucchi mediatici, le manipolazioni e le adulterazioni che una stampa imbonita e un’intellighenzia mercenaria e venduta hanno messo in atto. La prima di queste manipolazioni consisteva, e consiste tuttora, nel sostenere che il conflitto inizia il 24 febbraio 2022, attraverso un’aggressione unilaterale, ingiustificata e ingiustificabile da parte della Federazione Russa contro uno Stato sovrano, “libero”, “democratico” e desideroso di entrare nel club dei buoni, il sacro club dell’Occidente. Questa è la prima e grande bugia. La versione mendace che ignora tutti i retroscena e tutti gli antefatti – vicini e lontani – della guerra ucraina.
Le furie del giornalismo e dell’intellighenzia occidentali, con poche onorevoli eccezioni, approvano senza riserve la storia ideata dalla NATO per giustificare una guerra evitabile e quindi moralmente insopportabile. Perché la “guerra di Putin”, visto il prologo e lo sfondo, è in realtà la “guerra della NATO”. Una carneficina cercata, pianificata, voluta, provocata da questa organizzazione creata dagli Stati Uniti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, non tanto per affrontare il comunismo, come vediamo oggi, ma per portare l’intera Europa (comunista o meno) sotto il controllo yankee.
Gli antefatti immediati, il vero inizio del conflitto armato, potrebbero essere collocati alla fine del 2013, quando i commandos occidentali della guerra ibrida, travestiti da “società civile” ucraina (una società “civile” ben nutrita dai nazisti), hanno inscenato rivolte che hanno portato, già nel febbraio 2014, a un colpo di Stato russofobo e all’inizio di una serie di atti genocidi contro i cittadini ucraini più simpatici alla Federazione Russa, sia per motivi etnici o linguistici, sia per semplici ragioni di preferenza ideologica o geopolitica. Il soggetto politico che la NATO presenta come vittima ed eroe, lo Stato ucraino, ha giocato il ruolo di carnefice, di cattivo e di genocida, perché, istigato dalla NATO o dai commando di guerra ibrida occidentali, ha giocato la carta di diventare un’avanguardia per le truppe atlantiste, un ariete che sbatte contro le porte della Russia, una piattaforma avanzata per le testate letali “a due passi”, quasi letteralmente, da Mosca e dalle altre principali città della Federazione presieduta da Putin.
L’autore di questo libro fornisce pazientemente e meticolosamente i link alle notizie, alle interviste, agli articoli di opinione, ai dibattiti e ai talk show in cui l’opinione pubblica spagnola (come quella di altri Paesi dell’Occidente collettivo) è stata alimentata in modo mendace, ingannevole e spudorato con una storia che è ampiamente contraddetta dai fatti oggettivi. Una narrazione di fantasia in cui “il mondo libero” sta vincendo la guerra ed è disposto a fare i più svariati ed estesi sacrifici (in euro, in spesa sociale, ma anche in vite umane). Questo pubblico spagnolo sarà responsabile della distruzione di quel poco di Welfare State che gli è rimasto, sarà responsabile della possibile catastrofe nucleare che si sta profilando, responsabile della perdita di vite umane e dello spreco di risorse militari per la difesa (in un Regno, come il nostro, seriamente minacciato dal Marocco, contro le cui spacconate e aggressioni di fatto non vengono prese misure),
Il popolo spagnolo, se si incaponisce dal punto di vista della critica e della razionalità, se ingoia la narrazione NATO, si avvia direttamente verso la sua distruzione. Moralmente, sarà un popolo che non avrà motivo di rimanere. I suoi sopravvissuti strisceranno come parte di una massa di pecore, cieche di fronte a fatti ineluttabili, e si saranno ingrassati con foraggio fatto di bugie, tra cadaveri e rovine. Si sentirà a suo agio come colonia di un impero decadente, gli Stati Uniti, e andrà cantando e ridendo al proprio mattatoio, chiamatelo Ucraina, chiamatelo come volete quel punto dell’Europa dell’Est dove gli spagnoli, mobilitati da élite folli o inette, avranno voluto portarli, spinti e incoraggiati sotto i rigidi ordini di quegli schifosi padroni, quei nemici oggettivi degli interessi ispanici, che sono gli USA, almeno dal 1898.
La speranza risiede in quella minoranza che è propensa a leggere libri come quello di Manuel, studi ben documentati e pieni di senso critico e di buon senso. Due sensi assenti in “NATOSTÁN. È la speranza che inizia con una buona ricerca e con l’orchestrazione di un nuovo NO della NATO.