da OtherNews riprendiamo queto articolo di Kenneth M. Stokes –
Introduzione
La Dichiarazione di Tianjin è più un sintomo di collasso che un comunicato diplomatico: un tentativo delle potenze eurasiatiche di stabilizzare un mondo in cui ogni intervento genera nuove contraddizioni.
Il 25° Consiglio dei Capi di Stato dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), tenutosi a Tianjin nel settembre 2025, rappresenta un punto di svolta cruciale nell’evoluzione dell’organizzazione. Ufficialmente, l’agenda del vertice ha attraversato l’intero spettro della politica, della sicurezza, dell’economia, della tecnologia e della cultura. Tuttavia, la Dichiarazione di Tianjin emerge meno come una mera raccolta di impegni e più come un sintomo della policrisi planetaria e un laboratorio di metamorfosi in cui ogni azione sfugge alle intenzioni dei decisori politici ed entra in un’ecologia sistemica di interazioni, generando effetti imprevisti e spesso contraddittori. L’ambizione della SCO di consolidare la multipolarità eurasiatica illustra precisamente tale ecologia: le azioni volte a stabilizzare possono generare nuove incertezze e contraddizioni.
Questa riflessione reinterpreta la Dichiarazione di Tianjin attraverso la lente del pensiero complesso, che – a differenza degli approcci convenzionali dell’economia politica – rivela come le crisi si sovrappongano, si ripercuotano a vicenda e generino risultati inaspettati che nessuna singola spiegazione causa-effetto può catturare. Lo fa esaminando otto dimensioni tematiche attraverso una prospettiva dialogica, ricorsiva e speculare in cui ogni frammento porta l’impronta del tutto . Combinando l’analisi geopolitica con le intuizioni del pensiero complesso, l’obiettivo non è quello di prescrivere soluzioni, ma di svelare le tensioni e le contraddizioni in atto, mostrando la Dichiarazione come qualcosa di più di una semplice strategia, come un atto complesso segnato dall’incertezza e aperto alla trasformazione.
Le sezioni seguenti esplorano questi temi in dettaglio, a partire dalla dimensione geopolitica, in cui la SCO si colloca sullo sfondo di una multipolarità contestata.
Riposizionamento geopolitico: dialogica della multipolarità
La Dichiarazione mette in primo piano l’impegno per un “mondo multipolare più equo e rappresentativo”, opponendosi esplicitamente al predominio unipolare occidentale. La coesistenza di logiche antagoniste contribuisce a rivelare l’ambivalenza di questo contesto. Il multipolarismo è sia un progetto di emancipazione che una fonte di frammentazione. Invocando la memoria antifascista e la fondazione delle Nazioni Unite, i membri della SCO tentano di legittimare il loro progetto come continuità delle lotte storiche. Tuttavia, i riferimenti storici sono sempre ricostruzioni selettive, che incarnano sia la memoria che l’oblio.
Dal punto di vista della complessità, la multipolarità non è un equilibrio stabile, ma una dinamica policentrica soggetta a biforcazioni. L’atteggiamento di riserva dell’India all’interno della SCO esemplifica come le logiche di sovranità al primo posto possano contemporaneamente rafforzare e destabilizzare il blocco. La prospettiva speculare ci ricorda inoltre che la politica nazionale di ciascun membro riflette le contraddizioni del tutto: le ambizioni della Cina, la lotta esistenziale della Russia per resistere all’aggressione della NATO, il confronto dell’Iran con la decapitazione politica e il cambio di regime, e gli equilibri dell’Asia centrale riflettono ciascuno il progetto multipolare in modo diverso.
Dal punto di vista finanziario, la spinta verso i regolamenti in valuta locale è un tentativo di allontanare il commercio e la finanza dalla dipendenza sempre più problematica dal dollaro statunitense. Non si tratta di un aggiustamento una tantum, ma di parte di un processo continuo volto a rimodellare i flussi globali riducendo al contempo l’esposizione al neocolonialismo finanziarizzato. Tuttavia, ogni tentativo di ridurre la dipendenza minaccia di generare nuovi rischi: carenze di liquidità, trappole di convertibilità e la possibilità di una balcanizzazione finanziaria. Le strategie di copertura dalle sanzioni potrebbero frammentare l’economia globale in modi che esulano dal controllo della SCO.
Riforma delle istituzioni globali: aspirazioni ricorsive
Le richieste della SCO di riformare l’ONU, il FMI e la Banca Mondiale esemplificano il ciclo ripetitivo di aspirazioni e frustrazioni. Richiedendo inclusione, i membri della SCO mettono in atto il paradosso per cui il discorso riformista legittima e delegittima le istituzioni che cerca di trasformare. Le istituzioni spesso si preservano assorbendo le critiche, ma proprio questo atto di integrazione può generare nuove contraddizioni e tensioni al loro interno.
Viste attraverso la lente della complessità, queste richieste di riforma assomigliano meno a richieste lineari e più a cicli ripetitivi. Se hanno successo, rimodellano le istituzioni esistenti; se falliscono, rafforzano la determinazione della SCO a creare alternative. In entrambi i casi, le dinamiche messe in moto vanno oltre l’intento originale e non possono essere pienamente controllate.
Architettura di sicurezza: l’ecologia degli antagonismi
La sicurezza è da tempo il fulcro della SCO e la Dichiarazione di Tianjin ne rafforza le preoccupazioni in merito a terrorismo, separatismo ed estremismo. Considerare ordine e disordine come dialogicamente interconnessi suggerisce che la securitizzazione abbia un effetto sia stabilizzante che destabilizzante, laddove i governi possono co-produrre la stessa resistenza che temono. Questa dinamica è evidente nella condanna della Dichiarazione della guerra del 2025 tra Stati Uniti e Israele contro l’Iran, che inquadra la sovranità come stabilità, aggravando al contempo il confronto geopolitico.
Vista da una prospettiva di complessità, la sicurezza regionale non consiste semplicemente nell’eliminare le minacce. Ogni azione intrapresa modifica il panorama generale, innescando nuove reazioni ed effetti a catena. L’aumento dei costi assicurativi, il monitoraggio intensificato dei trasferimenti illeciti da parte della Financial Action Task Force della SCO e la diffusione di corridoi di sviluppo militarizzati non sono solo effetti collaterali, ma parte del modo in cui il sistema stesso si co-evolve. In quest’ottica, il disordine non è un problema da risolvere, ma una forza che plasma in modo ambiguo ciò che verrà dopo.
Integrazione economica: verso sistemi paralleli
Le ambizioni economiche della Dichiarazione (la Banca di sviluppo SCO, la cooperazione interbancaria, la riaffermazione della Belt and Road Initiative) riflettono i tentativi di costruire un’architettura finanziaria alternativa in cui le istituzioni economiche servano sia da strumenti che da obiettivi, creando la vera e propria rete di interdipendenza su cui si basano.
Eppure, i sistemi sono intrinsecamente policentrici e dialogici. La recente imposizione di sanzioni all’India da parte dell’amministrazione Trump ha avuto l’effetto indesiderato di avvicinarla alla Cina, mentre gli sforzi per commerciare in valute locali potrebbero ancora lasciare le economie vulnerabili ad attacchi speculativi clandestini. Paradossalmente, gli esperimenti economici della SCO stanno creando una dinamica complessa che al tempo stesso li sostiene e rischia di destabilizzarli.
Contestazioni normative: la sovranità e i suoi punti ciechi
Accanto a questi esperimenti materiali e istituzionali, la SCO inquadra il suo progetto anche in termini normativi, in particolare contestando le pretese occidentali di standard universali. L’insistenza della SCO nel rifiutare i “doppi standard” in materia di diritti umani evidenzia un’etica che pone la sovranità al primo posto. Ciò illustra la cecità della conoscenza: ciò che illumina in un ambito (la protezione della sovranità) oscura in un altro (la difesa della sovranità può anche fornire copertura a pratiche indesiderate). La complessità esige che consideriamo entrambe le dimensioni insieme, rifiutando il conforto della semplificazione morale.
Questa divergenza potrebbe orientare la visione di governance globale della SCO verso due blocchi economici contrapposti: uno che sostiene forme neocoloniali di finanziarizzazione, l’altro che promuove una finanza statale allineata alla SCO, concepita come un bene pubblico. La tensione tra i due blocchi potrebbe non essere risolta, ma deve essere gestita.
Tecnologie emergenti: affrontare l’incertezza
Oltre alla geopolitica e all’etica, la Dichiarazione guarda anche alle nuove frontiere tecnologiche, dove incertezza e competizione sono particolarmente intense. L’attenzione della Dichiarazione su intelligenza artificiale, cyberspazio e spazio è in sintonia con l’invito ad adottare l’incertezza come metodo. I futuri tecnologici non possono essere previsti; sono crocevia in cui piccoli cambiamenti possono indirizzare il futuro in direzioni molto diverse. La localizzazione dei dati, la sovranità digitale e le infrastrutture satellitari esemplificano come ogni progresso tecnologico moltiplichi interdipendenze e vulnerabilità.
Politiche progettate per l’efficienza possono generare distopie di sorveglianza; la cooperazione spaziale può degenerare in militarizzazione. Il nostro paradigma della complessità riformula questi ambiti come sistemi metastabili, oscillanti tra integrazione e disgregazione.
Narrazioni di civiltà e culturali: pluralità contro universalismo
Gli sforzi di cooperazione culturale della SCO riflettono l’idea di unità attraverso la diversità. Evidenziando le tradizioni eurasiatiche, la SCO contrasta le rivendicazioni occidentali di valori universali. Ma tali messaggi di civiltà sono a doppio taglio: possono incoraggiare l’apertura e il pluralismo, ma possono anche irrigidirsi in una rigida ideologia.
Flussi turistici, scambi formativi e iniziative di soft power costituiscono circuiti ricorsivi tra identità ed economia. Ma ogni affermazione identitaria rischia di produrre esclusione. L’ecologia sistemica dell’azione culturale è sempre a doppio taglio.
Consolidamento istituzionale: verso una metamorfosi?
L’unione delle categorie di osservatore e di dialogo in un unico status di “partner” indica una struttura più chiara. Ma questo dovrebbe essere visto meno come un risultato finale e più come parte di una dinamica in corso. Come i sistemi viventi, le istituzioni si adattano e si riorganizzano durante le crisi. Il consolidamento istituzionale può portare maggiore unità, anche se intensifica le tensioni interne.
Il consolidamento istituzionale incarna quindi la policrisi dell’organizzazione: crescere significa rischiare l’incoerenza; semplificare significa rischiare la rigidità. L’evoluzione della SCO dipenderà dalla sua capacità di coltivare la varietà necessaria per far fronte alla complessità del suo ambiente.
Conclusione: la Dichiarazione come atto complesso
Nel loro insieme, questi filoni tematici indicano un’organizzazione che si trova a gestire molteplici tensioni. La valutazione conclusiva raccoglie queste intuizioni per evidenziare il significato complessivo della Dichiarazione. Vista attraverso una lente geopolitica ispirata al pensiero della complessità, la Dichiarazione è meno una tabella di marcia fissa che un atto complesso, plasmato da incertezza, circoli viziosi e tensioni contrastanti. È allo stesso tempo:
– Un manifesto della multipolarità, che sfida l’unipolarismo occidentale riproducendo al contempo nuove dipendenze.
– Un progetto di riforma ricorsiva, che mira a trasformare le istituzioni globali legittimandone al contempo l’esistenza.
– Un patto di sicurezza, che stabilizza attraverso la sovranità, contribuendo però a creare nuove insicurezze.
– Un esperimento economico, che costruisce alternative la cui dinamica può destabilizzare tanto quanto integrarsi.
– Un progetto culturale che afferma la pluralità rischiando la chiusura.
Il tentativo della SCO di rimodellare l’ordine mondiale è una scommessa ad alto rischio nell’ambito della policrisi, mirata non tanto a risolvere le contraddizioni quanto a fare dell’Eurasia un palcoscenico in cui la complessità è istituzionalizzata. La sua traiettoria è meno incentrata su risultati immediati e più sull’istituzionalizzazione della governance multipolare. I decisori politici dovrebbero prepararsi a un contesto geopolitico in cui l’Eurasia consolida costantemente architetture finanziarie, di sicurezza e tecnologiche alternative, creando sfide a lungo termine per la leadership e le risposte occidentali.
Risposte occidentali previste: accomodamento e resistenza
È probabile che le strategie occidentali oscillino tra gesti di inclusione e meccanismi di costrizione. Riforme limitate all’interno del FMI e della Banca Mondiale potrebbero segnalare una certa reattività, pur preservando al contempo gerarchie radicate. Infrastrutture finanziarie come SWIFT e gli strumenti di liquidità del FMI saranno rafforzate, mentre le soglie normative aumenteranno il costo delle alternative legate alle SCO.
In ambito normativo, gli attori occidentali cercheranno di mascherare la loro autorità in declino con il linguaggio dell’inclusività, riformulando i diritti umani e la governance, proprio mentre le loro stesse pratiche rivelano la barbarie in fase avanzata di guerre infinite, sanzioni e sorveglianza. Le campagne narrative continueranno a etichettare i membri della SCO come autoritari, una proiezione che oscura l’erosione dei diritti all’interno dell’Occidente stesso. Allo stesso tempo, potrebbero essere create coalizioni nel Sud del mondo per indebolire l’influenza della SCO, sebbene tali sforzi tradiscano sempre più il fallimento degli stessi valori che affermano di difendere.
Nei settori emergenti, gli sforzi per garantire la leadership nell’intelligenza artificiale, nella sicurezza informatica e nello spazio si svilupperanno attraverso forum multilaterali e nuove partnership con India, ASEAN e Africa. Un’estesa diplomazia culturale ed educativa completerà queste iniziative, contrastando il soft power eurasiatico.
In definitiva, è probabile che la risposta occidentale rimanga ambivalente: sufficientemente accomodante da indebolire la tesi della SCO a favore di sistemi paralleli, ma sufficientemente resistente da limitarne la diversificazione istituzionale. Il paradosso del riconoscimento senza trasferimento di potere definirà il terreno su cui la SCO dovrà destreggiarsi nella sua scommessa ad alto rischio all’interno della policrisi.
Kenneth M. Stokes, Ph. D., Presidente del World Sustainability Forum
