di Cristian Raimo –
Walter Veltroni scrive oggi un’editorialessa omelia, in cui dà la sua diagnosi e la sua prognosi per la crisi della sinistra. Ovviamente Repubblica la accoglie come i veggenti di Medjugorje il messaggio della Madonna.
Vale la pena di leggere fino in fondo e fra le righe questo articolo, perché ci si trovano dentro, nella sostanza e nella forma, tutte le ragioni della crisi della sinistra in Italia. Non in quello che viene detto, ma proprio nell’oggetto Veltroni. Il problema della sinistra in Italia è Veltroni e questo tipo di analisi. E vedere ancora, per l’ennesima volta, il tentativo all’opera di proporsi come leader della sinistra, è come assistere a una scena di quello che ti è venuto addosso contromano ubriaco con un tir articolato che ti vuole fare una lezione sul codice stradale, mentre tu ancora sanguini sull’asfalto.
Cosa va notato in questo pezzo di Veltroni?
1 )I riferimenti. La “chiesa” del Pd, quella che andava da Che Guevara a Madre Teresa, e oggi per Veltroni va da Ian Palach a John McCain. Feticci del passato, mai elaborati veramente, e feticci della destra presente.
2) La povertà dell’analisi: lo stesso pezzo poteva essere scritto dieci anni fa da un liceale. Oggi il mondo è precario, la gente non arriva a fine mese, manca la solidarietà, mescolate alle meravigliose autocontraddizioni a cui ci ha abituato Veltroni, tipo questa:
“Non sarà inseguendo la destra o, in questo caso, il populismo che si eviterà il peggio. La sinistra non può avere paura di dire che è per una società dell’accoglienza, dire che è nella sua natura — oltre che in quella che dell’essere umano — la solidarietà, la condivisione del dolore, l’aiuto nel bisogno. La sinistra non deve aver paura di dire che non si deve mai deflettere dal rigoroso presidio della sicurezza dei cittadini imponendo a tutti il rispetto delle regole che ci siamo dati.”
Ossia la sinistra non deve inseguire la destra, ma la “rigorosa sicurezza” dei cittadini è fondamente . E quindi giustamente Casapound può dire: non ti preoccupare, con le ronde con gli ambulanti ci pensiamo noi. Il prefetto ti può dire: non ti preoccupare, le occupazioni di piazza Indipendenza che non sei stato im grado di risolvere da sindaco, sgomberiamo va’. E Salvini può rigorosamente portare a compimento il programma di Minniti.
3) L’assoluta, roboante, psichiatrica mancanza di autocritica. Veltroni parla come fosse un ragazzo quindicenne dell’associazione Anime Belle che dice la sua. Non fa nemmeno per un secondo cenno alle responsabilità politiche gigantesche, storiche, di aver creato un partito senza anima, succube di un’ideologia mortale come il blairismo, che ha portato come una profezia facilissima da avverarsi a questo disastro: non parla di privatizzazioni, di leggi sul lavoro, dell’assenza di democrazia interna, del maschilismo, del disastro urbanistico di Roma, del sistema di Mafia Capitale che azzerato la sua credibilità di amministratore. Nulla. Rivendica il suo 34 per cento alle elezioni, come Renzi di aver preso il 40 per cento al referendum. L’idea che le sconfitte, politiche e di egemonia politica e culturale, siano state delle vittorie come un sintomo davvero psichiatrico, prima che politico.
4) L’esercizio del potere, maschile, livido, inesauribile. Quando scrive: “Neanche gli avversari si “rottamano”, perché un essere umano e le sue idee non sono mai da cancellare, se espresse per e con la libertà”, chiaramente rivendica una centralità, un ruolo nel partito frankenstein che ha creato, lo rivendica come padre sedicente nobile, lo fa precisamente contro Renzi e i renziani, senza mai nominarli.
Mentre dice che la sinistra tutta va unita, l’unica cosa che si vede è il suo non riconoscere nemmeno una lenticchia al lavoro dei suoi compagni. La sinistra, il Partito Democratico è lui, nessuna nuova dirigenza, nessuna minoranza, ha fatto di meglio.
5) Il piattume argomentativo e intellettuale. In un pezzo sbrodolato Veltroni non dà al povero lettore un’idea, un’interpretazione del presente, un riferimento bibliografico.
Di più, il suo flusso argomentativo, oltre che superficiale, è sconnesso: non fonda le premesse, non rende convincenti le conseguenze, non chiarisce le conclusioni. L’impressione – dopo che lo si legge e rilegge – con Veltroni è sempre così, con l’ideologia fondativa del Partito democratico è sempre così: una confusione ideale incredibile, un sicnretismo della mediocrità.
Ed è proprio di fronte a questa confusione di analisi, ideale e di proposta, che poi si percepisce che l’unica cosa che conta ed è contata per Veltroni è l’esercizio del potere. Che fuori dal governo, il Partito Democratico e il suo fondatore mentore non sanno veramente che cazzo dire.
E le dichiarazioni di intenti – “il Pd deve apparire un luogo aperto, plurale, fondato sui valori e non sul potere. Bisogna inventare una forma originale di movimento politico del nuovo millennio” – suonano come pura tautologia, vaghezze, ma anche.
Che dice, Veltroni, di Corbyn, di Podemos, del federalismo democratico di Ocalan, di Melenchon, di Occupy, dell’accelerazionismo, dell’ambientalismo radicale, dell’intersezionalismo delle lotte? O che ne dice di Marchionne e di Benetton? O che dice di Angela Davis, di Ernesto Laclau, della lotta di classe dopo la lotta di classe (il Luciano Gallino, che Veltroni cita all’inizio dell’articolo solo per sminuirne la sua radicalità)?
Ma anche cosa dice essenzialmente di quelle strane idee marxiste che l’analisi va fatta sulla struttura e non sulla sovrastruttura (tutta la superficialità del veltronismo e la miseria culturale del Partito democratico rispetto alla sua storia e alla sua eredità deriva da qui), o che il capitalismo va messo radicalmente in discussione perché sai come il plusvalore oggi è accumulazione finanziaria, o che la politica deve pensarsi come forza emancipatrice, i suoi scioperi, le sue lotte, le sue disobbedienze civili. La sinistra oggi è il luogo del conflitto, o non è – e questo Veltroni continua non solo a non riconoscerlo, ma a contrastarlo.
“Nessuno perda tempo a strologare sulla ragione di questo scritto. È solo amore per la propria comunità e per il proprio Paese. Tutto qui”, finisce il pezzo di Veltroni.
Facciamo così: grazie dell’amore, Walter, ma anche basta, se no diventa stalking. Ci facciamo, in caso, sentire noi, molto in là.