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Istigazione a delinquere

di Marcello
Pesarini

Vorrei accusare, come cittadino, la classe politica italiana per istigazione a delinquere nel campo della pubblica istruzione.
Spiegherò perché: la scuola pubblica italiana corre lungo una china pericolosa più o meno dai primi anni 90, quando si era esaurita la spinta degli anni 60, dell’unità di lotta fra classe operaia e studenti, tesa a trasformare la società italiana verso sinistra, in parallelo con la Francia, anche se le diverse storie recenti (Governo di Vichy e fascismo, colonialismo imperiale sciovinista sconfitto in Indocina e Algeria, colonialismo straccione sul quale, come sul fascismo, non c’è mai stata riflessione che smentisse la favola degli “Italiani brava gente”) non possono essere confrontate, nonostante il maggio francese e l’autunno caldo italiano.
Che si parta da Luigi Berlinguer, dal movimento della Pantera, le contestazioni hanno da combattere contro le trasformazioni di una scuola e un’università che si attorcigliano su loro stesse, le classi-pollaio, l’allontanamento del personale docente dal non docente(grande conquista del ’68 fatta passare nel dimenticatoio), l’autonomia scolastica, ossia le scuole che si promuovono e cercano alunni per la società produttiva del futuro.
>Un piccolo grande spartiacque è stato poi costituito dalla pandemia, con l’insegnamento non in presenza; in quel biennio fra i buoni propositi assunti anche dai più insospettabili modernizzatori si sentì parlare della necessità di tornare a una sanità pubblica centralizzata, dopo gli sfracelli causati dalla logica del profitto e della privatizzazione in regioni come la Lombardia e non solo.
Era tornata forte la coscienza degli studenti, dei genitori e degli insegnanti a favore del contatto diretto, facilitato dalla promessa della diminuzione del numero di alunni per classe, dall’attuazione del tempo pieno, non come parcheggio degli studenti ma come maggiore opportunità di aggregazione e facilitazione nell’ affrontare l’istruzione in maniera collettiva e non competitiva.
Mi è capitato di poter discutere di questi argomenti, con molto piacere, all’interno dei mercoledì mensili organizzati nella Facoltà di Economia e Commercio dell’UNIVPM di Ancona, nella discussione sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile. Ho ascoltato da parte dei docenti frasi come ”Sta a noi dare loro qualcosa di più, non prepararli solo per le industrie di programmazione o di allevamento di polli in batteria, metafore dello stesso fenomeno”.
Come descrivere invece le proposte del ministro Valditara, il cui ultimo colpo di genio è stata la proibizione dell’uso degli smartphone, attraverso una circolare che fornisce alle scuole indicazioni per introdurre il divieto dell’uso dello smartphone a scopo didattico per gli alunni dalla scuola d’infanzia fino alla secondaria di primo grado.
La motivazione dietro questa scelta è la preoccupazione per l’impatto negativo che l’uso eccessivo dei cellulari può avere sul naturale sviluppo cognitivo dei ragazzi.
Studi internazionali hanno infatti dimostrato che l’uso del cellulare in classe, anche a scopo educativo e didattico, può incidere negativamente sul livello degli apprendimenti degli alunni. In particolare, il Rapporto Unesco 2023 ha evidenziato che i dati delle valutazioni internazionali su larga scala, come quelli forniti dall’Ocse-Pisa 2022 mettono in luce un legame negativo tra l’uso eccessivo delle TIC e il rendimento degli studenti.
Tuttavia, altri dispositivi digitali, quali PC e tablet, potranno essere utilizzati per fini didattici, sotto la guida dei docenti. Il Ministero dell’Istruzione sottolinea che il ricorso alla didattica digitale e la sua valorizzazione restano fermi, così come l’impegno a rendere edotti gli studenti sul corretto ed equilibrato uso delle nuove tecnologie, dei telefoni cellulari e dei social e sui relativi rischi.
Siamo in molti a non assegnare ai dispositivi smartphone e tablet una funzione di accrescimento delle capacità intellettive e speculative degli studenti, prima ancora di affrontare l’Intelligenza Artificiale, che non sarà trattata in questa occasione. Sosteniamo, con gradazioni diverse, che le ricerche fatte su internet e non in biblioteca portino conoscenze più superficiali e mirate alla necessità del momento. Combattiamo tutte le forme di analfabetismo di ritorno, ma non ci nascondiamo la realtà, vale a dire che le nuove generazioni hanno genitori e quindi insegnanti altrettanto abituati a un super uso degli smartphone, negli stessi loro campi.
Le opposizioni hanno depositato proposte di legge sulla scuola a tempo pieno1 e sull’insegnamento dell’affettività a scuola2.

Una società che basa sul consumismo sempre più “usa e getta”, come pensa di superare senza rimbalzi all’indietro a decisioni come questa di Valditara, se e come verrà applicata?
A quale scopo si è parlato di tornare indietro, di evitare gli errori del passato, nel costruire l’istruzione formativa, se poi le classi vengono ridotte di numero e di conseguenza riempite di frequentatori? Solo per riempire le sale-convegni?
Le nuove generazioni hanno subito più delle precedenti l’arretramento formativo, avallato certo anche dalla tecnologia, ma anche dallo scoraggiamento delle forme di aggregazione. Quando riescono a bucare l’isolamento che già esiste attorno loro, e protestano per il loro futuro segnato dall’emergenza climatica, dalla globalizzazione che sfocia nelle guerre, o si riescono a identificare come i loro genitori e nonni nella guerra di liberazione palestinese contro l’oppressione dello stato d’Israele, allora vengono repressi e improvvisamente si scopre che quelle forze politiche che, minoritarie e spesso insufficienti ai loro scopi, sono invece capaci di istigarli alla sommossa.
Gli elementi cosi accumulati non costituiscono prova di reato, né di induzione. Di quest’ultima si parla spesso per i suicidi, dramma che nella nostra societa’ colpisce in primis gli isolati, giovani, detenuti, lavoratori senza futuro. Forzare tante persone verso panorami bui, senza speranza, ed in parallelo costruire una società basata sul successo, aumenta la colpa di chi detiene il potere. Non ci sono sufficienti forze per costruire una controtendenza ideologica nelle tante associazioni umanitarie che soccorrono il disagio, e non ci saranno fino a che non verrà costruita da più parti la sponda politica, ma la responsabilità di chi spinge resta come una responsabilità strutturale.
Limitiamoci a elencare fra le istigazioni a delinquere i decreti anti Rave, il decreto Cutro, quello Caivano, quello Sicurezza, con le loro articolazioni che si applicano anche all’interno delle carceri, tutto in un disegno che con una mano toglie e con l’altra offre solo soluzioni disperate, ed arriviamo ad un piccolo grande sintomo in cui mi sento di riconoscere il cammino di quella che purtroppo non è più la “maggioranza silenziosa”, ma è sempre più arrogante e coatta, come i vestiti della ministra Santanchè, altro che Ilaria Salis e Carola Rackete.
Tre studentesse di buona famiglia veneta, per ribellarsi contro il giudizio insufficiente o comunque inadatto alla loro prova di greco alla maturità, hanno scelto di fare scena muta all’orale come forma di protesta e pubblicizzarla.
La commissione d’inchiesta ministeriale non ha rilevato irregolarità nel comportamento della commissione d’esame, ma noi rileviamo nella mente delle studentesse un corto circuito per cui l’impegno da loro profuso negli anni sarebbe condizione necessaria e sufficiente al risultato eclatante, purtroppo non raggiunto, ma soprattutto la scuola vale per il risultato ottenuto in quell’occasione determinata, cioè nell’esame di stato, come se esso descrivesse in toto la persona.

Marcello Pesarini

  1. Pdl 807 di Piccolotti, Zanella, Disposizioni concernenti l’organizzazione del sistema nazionale pubblico di istruzione e l’elevazione dell’obbligo scolastico.[]
  2. Pdl 1568 di Ghirra, Zanella, Evi, Piccolotti, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Grimaldi, Mari, Zaratti su Introduzione dell’insegnamento dell’educazione sessuale e affettiva nei corsi scolastici del primo e del secondo ciclo di istruzione.[]
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