Un pesante vento di estrema destra pesa sull’Europa intera.
Se nei paesi dell’Est è frutto del fallimento storico del “socialismo reale” e del fatto che la caduta dei paesi sedicenti socialisti abbia prodotto l’affermazione del peggior liberismo (se ne è accorta, 35 anni dopo, Rosi Bindi che dice: “Pensavamo avesse vinto la democrazia, invece ha vinto il capitalismo”), nell’Europa occidentale è dovuto all’incapacità di fare i conti con un passato scomodo, alla accettazione, da parte delle socialdemocrazie al governo, di politiche liberiste e razionalizzanti, alla convinzione che la globalizzazione avrebbe potuto portare ad effetti positivi.
Non fa eccezione a questo quadro la Francia, nonostante una tradizione storica di grande importanza: l’illuminismo; la rivoluzione del 1789; i moti del 1848; il primo tentativo di “assalto al cielo”; il caso Dreyfus; la laicità; l’opposizione all’ascesa fascista negli anni ’30; il governo di Fronte popolare; la Resistenza (il Partito comunista fu soprannominato il partito dei fucilati); una Costituzione avanzata con forte presenza dell’intervento statale; l’opposizione alla guerra coloniale in Algeria; il maggio ’68; due presidenze socialiste, molto contraddittorie, ma non prive di conquiste democratiche e sociali (le 35 ore); un movimento sindacale combattivo.
È esponenziale la crescita di una estrema destra che riposa, qui come altrove, su un nazionalismo esacerbato, associato a una tendenza autoritaria contraria ai principi democratici, che usa una retorica populista, tinta di teoria del complotto, che oppone il popolo alle élites, opponendosi alla immigrazione e alle diversità culturali. È forte, di conseguenza, il richiamo ai valori tradizionali.
Dopo anni di emarginazione politico-elettorale, il Fronte nazionale nasce nel 1972, per iniziativa di Jean Marie Le Pen e alcune altre figure provenienti dalla repubblica di Vichy e dal collaborazionismo con i tedeschi nel corso della seconda guerra mondiale: Leon Gaultier, ex Waffen SS, membro della divisione Carlomagno, Pierre Bousquet, anch’egli ex Waffen SS e attivo nelle reti naziste del dopoguerra, Francois Brigneau ex miliziano della repubblica di Petain.
Il Fronte nazionale (FN) è un’alleanza di piccoli gruppi di estrema destra, neofascisti, collaborazionisti, nostalgici di una Francia colonialista, terrorizzata dalle modificazioni culturali di fine anni ’60. Jean Marie Le Pen partecipa ad un ballo neonazista, organizzato da una associazione vietata alle donne ed agli ebrei, rifiuta di riconoscere le responsabilità francesi nella deportazione degli ebrei, definisce le camere a gas un dettaglio della storia, racconta barzellette antisemite1, accentua le posizioni antidemocratiche e ant-iprogressite.
Dal razzismo alla violenza
Razzismo e nazionalismo. Il FN si oppone alla migrazione, all’integrazione dei/delle migranti, rimette in discussione i permessi di soggiorno, nega i ricongiungimenti familiari, nega la concessione della cittadinanza francese, limita l’assistenza medica statale. Lo slogan è quello della preferenza (poi priorità) nazionale che privilegia i francesi contro gli immigrati e ha presa in ambienti popolari colpiti dalla disoccupazione e dal peggioramento del welfare. Recentemente si è opposto al “diritto di suolo”, pietra miliare del diritto francese. In occasione delle elezioni politiche del 2024, 106 dei/delle suoi/sue candidat* hanno espresso propositi razzisti, antisemiti, complottisti, colmi di odio. 26 sono stat* elett*. Fra loro, Christopher Bentz che afferma che: “Distinguere le razze è opera di buon senso”.
Queste posizioni si estendono ai temi dei diritti delle donne e delle persone LGBTQ. Il partito è attivo contro il veleno woke, la minaccia transgender nello sport, la propaganda LGBT nelle scuole. Ancor più è assente nell’impegno contro violenze o persecuzioni sessuali e del tutto ambiguo sul tema dell’aborto. I deputati Hervé de Lepinaud e Christophe Bentz hanno paragonato l’aborto ad un genocidio, come la Shoah.
La stampa e l’informazione. Il Rassemblement national (nuovo nome del Fronte) prevede, in caso di vittoria, la privatizzazione del servizio pubblico televisivo. Molti giornalisti sono minacciati da esponenti dell’estrema destra, come denunciato dal responsabile di Reporters sans frontière che parla di liste di giornalisti da colpire: “Fino a qualche tempo fa, queste liste circolavano sulle reti sociali, un po’ nascostamente, nessuno le rivendicava… Si sente chiaramente il sentimento di potere dell’estrema destra, dopo le crescite elettorali del RN”2.
In Europa. Il RN, a livello europeo, è legato a doppio filo con l’Italia di Meloni e Salvini, con l’Ungheria di Orban, con Morawiecki in Polonia. In questi paesi i governi di destra hanno significato indebolimento dei contro poteri istituzionali, attacco alla giustizia e alla libertà di stampa, politiche antiimmigratorie, antifemministe e anti LGBTQ. Il caso del diritto all’aborto è il primo ad essere segnalato, ma in Ungheria è vietato segnalare allo stato civile il cambiamento di genere. Come segnalato da “Le Monde”, che ha analizzato i voti al parlamento europeo, il RN ha sempre sostenuto i regimi autoritari, ha taciuto sulle libertà fondamentali e su arresti o torture di oppositori politici.
La Francia non è esente da questi rischi e l’opinione pubblica non ne è vaccinata contro pericoli autoritari. Sembra svanire anche il ricordo dell’occupazione, della repubblica di Vichy, delle deportazioni di ebrei, ancor più dei crimini compiuti nel corso delle guerre coloniali, spesso, nel senso comune, rivalutate come imprese “per la civiltà” (in molti comuni amministrati dalla estrema destra si moltiplicano i monumenti ai legionari francesi).
La Costituzione non è scudo sufficiente perché può essere modificata, alterata, aggirata. Lo stesso Consiglio costituzionale può essere soppresso. Si valuta che anche il sistema giuridico abbia relative capacità di resistere ad attacchi da parte di un eventuale governo di destra. Una senatrice ecologista ha affermato che sono sufficienti 18 mesi per distruggere lo stato di diritto.
Nel suo scritto intitolato Ur-fascismo, Umberto Eco ha individuato i segni premonitori del passaggio di un regime democratico verso il fascismo:
- culto della tradizione e rifiuto della modernità
- irrazionalismo e rifiuto di ogni pensiero critico
- sfiducia verso l’intellettualismo, razzismo e paura delle differenze
- appello alle classi medie frustrate
- nazionalismo e xenofobia
- maschilismo e disprezzo per i deboli
- populismo, incarnato da un* leader forte che interpreta la volontà del popolo
- uso di una “neolingua” impoverita, per limitare il pensiero critico.
È drammatica la somiglianza tra questi temi e i propositi e i metodi dei partiti di destra (non solamente estrema) e il fatto che si siano imposti nel dibattito pubblico.
La violenza fisica
Sono crescenti i casi di attentati e massacri praticati da formazioni di estrema destra. Si ricorda l’assassinio (77 morti, 320 feriti) praticato dal nazista Breivik in Norvegia, nel 2011, modello di altri fatti gravissimi:
- sinagoga a Pittsburgh (11 morti) nello stesso anno
- attacco a due moschee in Nuova Zelanda (52 morti), nel 2019
- assassinio di massa contro la comunità ispanica a El Paso (Texas), con 23 morti.
In Francia, l’estremissima destra conta 3.000 militanti, 1.300 dei quali sono schedati come pericolosi.
L’elenco dei crimini riempirebbe pagine e pagine. Ancor più lunga sarebbe la serie di attentati impediti dalle forze dell’ordine; tra questi, il progetto di assassinio del Presidente della repubblica.
L’estremismo di destra è al secondo posto nelle priorità del Ministero dell’interno, dopo l’islamismo radicale.
Sono comprovati i legami tra il RN e gruppi violenti. Tra i consiglieri di Marine Le Pen vi sono componenti del Groupe Union Defense (GUD), sciolto nel 2024, come, per legge, è stato sciolto nel 2021 Generation Identitaire che Le Pen ha sempre difeso.
Il ricorso alla violenza non è solamente il frutto di qualche esaltat*, ma è proprio di una teoria, la culture SIEGE, nata dal neonazista statunitense James Mason che prevede attacchi e assassinii da parte delle minoranze per destabilizzare la società e propone, nei fatti, una “rivoluzione bianca”, per avere un reale dominio da parte dei bianchi. L’ipotesi è quella della sostituzione etnica (le Grand Remplacement), l’accelerazionismo, in Italia teorizzata dall’illuminato ministro Lollobrigida, per cui la maggioranza bianca viene progressivamente sostituita ed emarginata da altre componenti.
La battaglia culturale
Non si può non fare riferimento alla teoria del “gramscismo di destra”, elaborata da Alain de Benoist che sostiene come le forze nazionali e conservatrici debbano produrre una egemonia culturale, sostituendosi a quella della sinistra. Chi vuol vincere in politica, deve avere precedentemente vinto la battaglia delle idee.
“Quello che permette a una dittatura totalitaria o ad ogni altra dittatura di regnare, è che le persone non sono informate; come potete avere un’opinione, se non siete informati? Quando tutti vi mentono continuamente, il risultato non è che voi credete a queste menzogne, ma che non si crede più a nulla” (Hanna Arendt, 1994).
L’estrema destra lavora nei media per rendere pubblicamente accettabili idee che non lo erano, soprattutto dopo la crescita di opinioni progressiste nate nel dopoguerra.
Da qui gli imperi mediatici per creare condizionamenti di massa. Il caso più importante è quello di Vincent Bolloré che controlla reti televisive che trasforma da organi di informazione generalista in piattaforme di propaganda ultraconservatrice e reazionaria. Ancora, è proprietario di molte riviste di grande tiratura e di numerose case editrici. Reti e riviste giudicate tradizionalmente “indipendenti” veicolano, quindi, senso comune conservatore e reazionario. I media sono complementari, toccano fasce sociali e culturali diverse, spesso dialogano o polemizzano falsamente tra loro.
Temi ricorrenti: la migrazione, l’insicurezza, il pericolo della sinistra, la cultura woke, la “lobby trans”, il velo. Concetti complottisti (la sostituzione etnica) diventano centrali, come la xenofobia, il sessismo. Mai, nella storia francese, le tematiche dell’estrema destra erano state veicolate dai media in modo così massiccio e “complementare”.
Questi media escono anche dalle regole di deontologia professionale. C News la rete più vista, in un processo di spostamento a destra dei suoi spettatori, è stata condannata per incitamento all’odio e alla violenza, altre reti di Bolloré sono state sanzionate a più riprese.
“Tutti gli studi condotti sulla sociologia dei media dopo la seconda guerra mondiale non dicono ciò che bisogna pensare, ma a che cosa bisogna pensare”3.
È lo stesso Bolloré a confessare fieramente: “Io mi servo dei media per condurre la mia battaglia di civiltà”4.
A reti televisive, giornali, riviste e case editrici si aggiungono le reti di think tanks (la maggiore è Atlas) che veicolano difesa del neoliberismo, smantellamento dello stato sociale, riduzione del numero di funzionari pubblici, soppressione delle imposte, del diritto di sciopero, del salario minimo… La loro finalità è la formazione di élites conservatrici, veicolano studi ripresi dagli organi conservatori, appoggiano candidat* alle elezioni di ogni grado, anche finanziando le loro campagne.
La battaglia semantica
“Se il pensiero corrompe il linguaggio, il linguaggio può anche corrompere il pensiero” (George Orwell, 1946).
Molti termini, oggi divenuti comuni, nascono dalla propaganda di destra, dalle sue formazioni minoritarie: islamo- gauchisme, Wokisme, ensauvagement, racaille (feccia), bien- pensance (conformismo)… Si è affermato il vocabolario identitario, molto utilizzato da Eric Zemmour, opinionista e candidato alle presidenziali del 2022. La colonizzazione del linguaggio sembra compiuta.
Le tecniche populiste di “normalizaione” della destra sono sempre più frequenti. Dalle reti di Bolloré alle altre sparisce il termine “estrema”. I/le dirigenti e candidat* sono intervistat* nella loro vita quotidiana (Marine Le Pen5 in mezzo ai suoi gatti)6. Volti sconosciuti e privi di retroterra politico divengono noti all’intero paese.
Internet
Cresce il numero di reti ultraconservatrici, ad immagine di X (ex Twitter), di proprietà di Elon Musk, il cui ruolo politico è sempre più marcato (Trump, nazisti tedeschi, saluto nazista…).
Jordan Bardella, candidato al ruolo di primo ministro è al primo posto per visualizzazioni. Anche qui il suo staff lo presenta in atteggiamenti familiari, non ufficiali, al pari di Marion Maréchal Le Pen che viene ripresa mentre accarezza i cani, pratica il surf, il tiro con l’arco. Insomma un fascismo “cool”, fresco-elegante.
Youtube è sempre più colonizzato da video e brevi film di impronta reazionaria e virilista. Il neoconservatorismo non si esprime con proposte politiche, ma attraverso proposte di stili di vita.
Gli uomini fumano, bevono alcool, mangiano carne rossa, praticano sport violenti, apprendono l’uso di armi da fuoco.
Alle donne si propone una vita a servizio dei loro uomini, contro il femminismo (in particolare, il Me Too), di grande attenzione al proprio aspetto fisico. Non manca il movimento Le spose tradizionali che ripropone una estetica anni ’50 e soprattutto il ruolo tradizionale di moglie e madre.
Tra i maggiori utilizzatori di questi strumenti che formano la fasciosfera è Eric Zemmour, la cui candidatura alle presidenziali del 2022 ha fatto sembrare moderata quella di Le Pen.
Conseguenza di questo predominio è l’uso crescente delle fake news che l’Intelligenza Artificiale permette di veicolare con maggiore facilità e intensità. È comprovato che una menzogna si propaga sei volte più velocemente di una affermazione veritiera e tocca più persone.
Così, gli elettori di estrema destra credono al complottismo (dalle teorie sul Covid alla negazione del riscaldamento climatico). Non si discute più sulle interpretazioni dei fatti, ma sui fatti medesimi.
La battaglia delle idee dei difensori di valori democratici ed umanisti è sempre più difficile e minoritaria.
Il quadro complessivo, a livello politico, sociale, culturale si è sempre più distanziato da quello in cui le forze di sinistra si erano formate ed erano cresciute. La stessa dicotomia destra/sinistra sembra venir meno davanti alla crescita di populismi conservatori, ma anche davanti alla totale accettazione, da parte delle formazioni “democratiche” di liberismo e atlantismo.
Le difficoltà endemiche, senza eccezioni, di tutte le espressioni della sinistra alternativa derivano anche da questa situazione e da queste tendenze.
Sergio Dalmasso
- Spero abbiate ancora in mente le barzellette sessiste e di cattivo gusto di Silvio Berlusconi.[↩]
- In Salomé SAQUÈ, Resister, Parigi, ed. Payot, 2024, p. 22, utile tentativo di sintetizzare le cause della crescita esponenziale di quest’area politica, sempre più presente nell’immaginario collettivo.[↩]
- Aude Dassonville, Come i temi che favoriscono il RN hanno potuto progressivamente colonizzare i media tradizionali, in “Le Monde”, 24 giugno 2024.[↩]
- In Salomé Saqué, cit., p. 50.[↩]
- Marine Le Pen (1968), nel 2011 diviene leader del Front National, sostituendo il padre che estrometterà (quasi un parricidio) da ogni incarico, modificando parzialmente anche l’immagine del partito. È candidata alle presidenziali nel 2012, 2017, 2022, arrivando due volte al ballottaggio contro Macron. Occorre ricordare anche la nipote Marion Marechal Le Pen (1989), portatrice di una impostazione più “radicale”.[↩]
- Credo ognun* abbia in mente Salvini che alle fiere e sagre mangia a quattro ganasce, o Meloni che, la sera di capodanno, si vanta di aver preparato le lenticchie.[↩]