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Il sabotaggio della rigenerazione urbana

di Paola
Nugnes

“Dal cambio della maggioranza che sostiene il governo Draghi è in atto una precisa azione di sabotaggio della legge sulla “rigenerazione urbana” in discussione in Commissione Ambiente al Senato da mesi. Questo ddl di iniziativa parlamentare è il sequel della più illustre e attesa legge sul consumo del suolo, che ha subito le tribolazioni dei governi Conte I e Conte II finendo arenata nelle sabbie mobili degli interessi contrapposti a fine 2019.

La proposta di un disegno di legge sulla rigenerazione nasce quindi già come proposta monca di un proponimento più ampio e più ambizioso, ma con l’intento comunque di regolamentare e coordinare le variopinte leggi regionali e territoriali che confusamente e autonomamente hanno legiferato e legiferano già da tempo sul nostro territorio, con l’intento solo dichiarato di non voler consumare più suolo, e di voler rispondere alle esigenze di sviluppo tramite il riuso e la ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente e la rigenerazione del nostro tessuto urbano ed edilizio, oggi in cattivissime condizioni, anche e soprattutto per attrezzare le nostre aree urbane alla resilienza agli eventi climatici estremi del cambiamento climatico in corso, che saranno sempre più frequenti e sempre più estremi (vedi sesto rapporto IPCC)

Ma le leggi regionali evidentemente non hanno funzionato, il loro fallimento clamoroso è sancito nel rapporto Ispra sul consumo di suolo, anche in pandemia, nel 2020, abbiamo continuato a consumare suolo al ritmo di 2 mq al secondo, ogni secondo.

Urge quindi uno strumento di riordino di tutte queste leggi, che detti principi chiari ed obiettivi certi su di una materia concorrente, il governo del territorio, che si intreccia con la tutela dell’ambiente e dell’agricoltura, di squisita pertinenza esclusiva Statale.

Per giungere all’obiettivo naturalmente, nel nostro sistema, vanno introdotte leve fiscali, facilitazioni procedurali ma anche condizioni certe, al fine di agevolare anche l’investimento privato in questo controverso settore, salvaguardando gli obiettivi ambientali, sociali, ma anche quelli architettonici e del paesaggio e culturali. Per questo in questa operazione di alleggerimento burocratico e procedurale va posta particolare attenzione alla salvaguardia dei nostri centri storici affinché nella pur necessaria rigenerazione sia sempre tutelata la identità e peculiarità artistica, culturale e identitaria dei luoghi, e sia evitata qualunque operazione speculativa che possa generare gentrificazione.

In fine ma non per ultimo per realizzare tutto questo c’è bisogno di un fondo pubblico ministeriale che rilanci queste operazioni di rigenerazione urbana pubblica e privata urgenti, necessarie e non più derogabili.

Eppure, le regioni ed Ance sembrano avere un grosso problema con questa legge che vogliono relegare a ventunesima inutile dichiarazione di soli intenti, disancorata dalle azioni concrete di governo del territorio, rendendola ininfluente sulle leggi di rigenerazione territoriale preesistenti che dovrebbero poter continuare, nei loro intenti, a legiferare autonomamente, mantenendo di questa operazione solo le maggiori liberalizzazioni e incentivi concessi e la creazione del fondo statale per le regioni e gli enti territoriali. Facendo saltare ogni controllo pubblico e degli enti preposti anche per i centri storici. Hanno, sembra, un duplice fine, da un lato creare questo nuovo fondo pubblico per agevolare progetti privati, sempre in nome dei vecchi interessi predatori del liberismo, dall’altro entrare a gamba tesa, con un articolo “cavallo di Troia”, nella legge con una delega in bianco al governo per la riscrittura di tutta la legislazione esistente in materia urbanistica, in un testo unico che possa presentare tutte le liberalizzazioni che il settore chiede da anni per dar sfogo alle mire predatorie e speculative sui territori già ampiamente distrutti da condoni e abusi edilizi, tra cui certamente far saltare la clausola della doppia conformità per le concessioni in sanatoria, che metterebbe la pianificazione definitivamente nelle mani di portatori di interessi locali con pochi scrupoli e molti interessi, domani più ieri e di oggi, dando loro maggiori strumenti per condizionare il consenso politico fino alla elezioni del sindaco.

Faccio presente che stiamo parlando di un testo parlamentare, già votato all’unanimità in commissione mesi fa, che non dovrebbe essere condizionato da cambi di maggioranze governative, ma che la maggioranza attuale vuole interamente sostituire con altro testo completamente sostitutivo, sebbene la proposta elaborata dall’altro relatore, il senatore Mirabelli,  e da me, sia stato redatto in perfetta coerenza con le “parole” che leggiamo in questi giorni nella proposta di piano per la transizione ecologica e nelle parole del ministro Cingolani in audizione sulla proposta, che anticipano al 2030 l’azzeramento del consumo di suolo netto, e con gli intenti condivisi usciti dal tavolo del G20 appena conclusosi a Roma in questi giorni.

Le leggi regionali non hanno prodotto i risultati auspicati, queste leggi vanno coordinate da legge nazionale cui si dovranno adeguare, necessariamente.

Abbiamo partecipato alla assemblea internazionale pre-Cop 26 alla Camera e parteciperemo a Glasgow alla Cop 26, le parole spese devono trasformarsi in azioni, lo ha detto lo stesso Draghi. Non è più tempo di assecondare posizioni negazioniste o continuare con i bla bla che le nuove generazioni giustamente ci rinfacciano.

A causa dello smog muoiono prematuramente 60mila persone ogni anno, e molte morti e disastri anche economici si registrano ad ogni evento metereologico avverso estremo a cui la nostra penisola, così fragile, sarà sempre più esposta negli anni a venire (sette volte di più di oggi nel giro di dieci anni), non ultima Catania.

Per COVID 19 sono morte 89mila persone nel 2020, dovremo deciderci a trattare la questione dei cambiamenti climatici nello stesso modo scientifico ed emergenziale, con

decisione e determinazione, con cui abbiamo trattato l’emergenza sanitaria, altrimenti non ne usciremo. Il tempo è scaduto

Azzerare il consumo di suolo per preservare i servizi ecosistemici indispensabili alla vita. Attrezzare alla resilienza ai cambiamenti in atto i nostri territori che necessitano di piani urbanistici pubblici rigorosi. Salvaguardare i centri storici da speculazione ulteriore che vuole solo generare nuova rendita e gentrificazione. Sono questi i nostri obiettivi irrinunciabili. Ma questi obiettivi sono perseguibili solo ridando all’urbanistica la sua funzione pubblica e sociale a tutela del bene pubblico, scippatale dagli scellerati accordi di programma degli ultimi decenni.

Questa deve essere una missione comune, fuori da ogni posizione di parte ed interesse particolare

 

Paola Nugnes

architetto pianificatore – senatore

 

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