David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, ha partecipato, il 22 agosto 2021 a Rimini, all’annuale Meeting di Comunione e Liberazione, intervenendo nel panel che ha discusso il tema “Europa, Nazioni, Regioni. La verticalizzazione del potere?”.
Sassoli ha dedicato la prima parte del suo intervento a considerazioni generali legate al tema del Meeting 2021, “Il coraggio di dire io”, parlando di sviluppo integrale della persona, nuovo umanesimo, radicalità evangelica, libertà, legame tra persona e formazioni sociali. Di fronte alle inquietudini del mondo, non dobbiamo rassegnarci a una opportunistica passività.
La pandemia è stata l’occasione per riconnettere la politica con la persona; ci ha fatto capire in cosa la democrazia europea deve migliorarsi e dove il rapporto tra UE e Stati membri deve cambiare, coscienti che, senza l’UE, il Covid avrebbe creato un inevitabile conflitto tra gli Stati membri. Per il Presidente del PE, il portato della lotta alla pandemia nell’UE può essere sintetizzato in cinque punti:
- Le regole del Fiscal Compact sono cambiate fino a tutto il 2022.
- Gli Stati membri hanno aumentato il loro rapporto debito/PIL per difendere famiglie e imprese dallo shock economico prodotto dalla pandemia.
- Paradossalmente, abbiamo avuto, in un momento di crisi, una quantità di risorse come mai era avvenuto in precedenza. Abbiamo scelto di praticare la condivisione del rischio tra Paesi membri, cosa che prima della pandemia era rigidamente esclusa, anzi proibita.
- Ruolo della BCE. Le Banche centrali hanno acquistato fino al 25% dei titoli pubblici degli Stati membri. La Banca Centrale Europea pianifica, se necessario, di arrivare sino al 33%, evitando, in questo modo, che l’aumento del debito si trasformi in crisi degli spred sui mercati finanziari. L’impegno all’acquisto dei titoli da parte della BCE ha, di fatto, reso sostenibili i debiti nazionali.
- Tutto ciò in cambio di buona condizionalità. Le risorse debbono essere spese bene e con tempi certi.
In conclusione, l’esperimento ha avuto pieno successo. Una risposta alla crisi, ben diversa da quella del 2009. Una rivoluzione macroeconomica che ha fatto sì che le risorse siano state disponibili e che il conto da pagare sarà più leggero grazie agli interventi della BCE e alla emissione comune di titoli. Contrariamente al carattere asimmetrico della crisi del 2009 – che aveva colpito soprattutto i Paesi dell’Europa del Sud – l’attuale risposta alla crisi è stata simmetrica e solidale, evitando così distruzione di risparmio.
Per questo, di fronte a questi risultati, sarebbe una follia tornare indietro, per esempio, ripristinando le vecchie regole del fiscal compact. A coloro che, all’interno dell’Unione, vorrebbero ritornare alle regole di prima, occorre controbattere che ciò che è stato fatto durante la pandemia deve diventare la nuova politica economica dell’UE. Le politiche messe in atto in occasione della pandemia non debbono avere un carattere episodico come chiedono le forze liberiste, ma trasformarsi in una nuova impalcatura di politiche pubbliche europee, e, di conseguenza, in un rinnovamento istituzionale dell’Unione Europea. Confermare queste politiche è condizione per raggiungere gli obiettivi che l’Unione si è data per combattere il cambio climatico e per il suo progetto di riconversione verde. Questo consentirà all’U.E, anche, di assumere quella personalità politica di cui oggi difetta. Nei prossimi due o tre anni ci giochiamo il destino dei prossimi venti.
A queste affermazioni, Sassoli ha legato il ruolo dell’Italia e del suo attuale Governo; sarebbe sbagliato racchiudere la sua esperienza in uno stato d’eccezione temporalmente limitato. I tempi delle politiche, ivi compresa la durata del Governo Draghi, vanno sincronizzati con quelli delle politiche europee. La sua missione non può esaurirsi con il completamento della campagna vaccinale e l’avvio del PNRR; essa deve riguardare la stabilizzazione della svolta europea.
Non poteva mancare nell’intervento un riferimento alla vicenda afgana. Non possiamo diventare spettatori impotenti. La priorità immediata è garantire sicurezza a coloro che hanno collaborato con noi, anche mettendo in atto un approccio di dialogo. Ma per questo, è necessaria un’assunzione di responsabilità comune dell’Europa. Più in generale, bisogna costruire un nuovo equilibrio euro-atlantico, mettendo in comune politica estera e politica di sicurezza, cosa che, finora, l’UE non ha fatto.
La nostra capacità di risposta alle diverse crisi dipende da quanto saremo in grado di costruire politiche europee comuni. Siamo ancora in grado di legare la nostra responsabilità individuale a uno spazio plausibile: questo spazio, oggi, è quello europeo.